Dopo che Giuseppe ci ha lasciati, abbiamo mantenuto aperte le due pagine Facebook che gestiva con intensità.
Quando la malattia aveva iniziato ad avanzare lenta ma imperterrita, Giuseppe aveva capito che la missione della sua vita, andare incontro alla gente, diventare voce di chi voce non ha, di essere pungolo per una società che si sta annichilendo adagiandosi sugli averi e sui luoghi comuni, stavano venendo meno: le gambe lo stavano abbandonando. Addio Brasile, addio Sud America, addio qualsiasi parte del mondo dove un vinto stava rialzando la testa per gridare la propria dignità. Non gli sarebbe stato concesso raggiungere, conoscere, condividere facce, odori, espressioni, carezze di popoli diversi.
Era la peggior punizione che un montanaro potesse subire: non camminare più. Aveva speso bene la sua vita negli incontri, non si capacitava a dover rinunciarvi. Poi ha scoperto la tecnologia, quella diavoleria che ti permette di allacciare contatti, annullando le distanze, lasciando a un testo scritto o a una foto pubblicata, il tramite per un rapporto che per nulla al mondo Giuseppe avrebbe reciso, aveva un pensiero e una parola buona per tutti.
Così aveva cominciato a scrivere delle pillole, piccole considerazioni che gli ispiravano la situazione politica e sociale. Era un modo per continuare la sua opera, quel suo faticoso intento di creare sempre e comunque una comunità di pari.
Non è così agevole cercare tutta la produzione scorrendo le pagine facebook, così mi sono sobbarcato l’onere di raccoglierle tutte e riproporle nel nostro sito. Non è stato un lavoro semplice. Avevo ordinato tutti gli scritti a partire dal 2016, e con questi ho scritto la prefazione alla raccolta, poi ho scoperto che c’erano altri due anni da trascrivere: il 2014 e il 2015.
Qui troverete tutta la sua produzione.