L’ora della democrazia e della dignità umana
Un errore da evitare
Il modo peggiore per rendere un servizio fondamentale alla pace e alla giustizia è rappresentato dal pacifismo rigato con i colori delle bandiere arcobaleno di questi giorni.
Lo dico con dispiacere profondo, perché anch’io in passato ho esibito, seppure con pudore, questo vessillo, opponendomi alla logica di guerre assurde, se mai si possa ancora parlare di guerre che seguano una logica. Men che meno la segue quest’ultima guerra che, pur evidenziando barbarie e follia a piene mani, corrisponde a un disegno semplice, chiaro, netto e radicale: il contrasto ai princìpi della dignità umana e alla loro declinazione storica per il tramite della democrazia.
Oggi questo “pacifismo rigato” commette l’errore madornale e imperdonabile di equiparare l’imperialismo violento del modello autoritario russo, incarnato dalla dittatura di Vladimir Putin, con l’esistenza e l’azione della NATO, senza comprendere che il problema non risiede certo nell’equivalenza di responsabilità in un conflitto, ma in una posta in gioco ben più alta. L’odio antioccidentale di questo pacifismo, ancorché sottile e timido, cade ancora una volta nell’errore di confondere le debolezze del sistema democratico con le atrocità dei totalitarismi. È già accaduto e stavolta accade in forma apocalittica, vale a dire rivelatrice di una verità definitiva e irrevocabile. Terribile è stata la sensazione nell’ascolto di Mimmo Lucano, già sindaco valoroso di Riace, proprio sull’equivalenza presunta di queste responsabilità. Errore drammatico.
Democrazia sotto attacco
Dunque, ormai siamo ben oltre e ci stiamo addentrando in una battaglia epocale tra due modelli di società e tra due visioni antropologiche dei rapporti individuali e sociali. È l’ora del confronto definitivo tra la democrazia e la dignità umana da un lato e dell’autoritarismo totalitario da un altro lato. Il resto è finzione dialettica, balletto verbale, retorica vana.
L’attacco militare all’Ucraina è ragionevolmente da considerare come nelle cose. Esso giunge in un momento che non sappiamo se propizio o meno per chi lo ha mosso. Certamente giunge perché era inevitabile che giungesse.
L’Occidente ha avuto davanti a sé un uomo come Putin per ventidue anni e lo conosceva bene.
Conosceva la sua storia, la sua vicenda umana, la sua impostazione culturale, le sue caratteristiche psicologiche, la sua visione politica, economica e sociale. Per noi Putin non è stata una sorpresa.
In questa guerra astorica c’è tutto il senso dell’estraneazione dalla progressione degli stessi eventi umani, con il tentativo violento di saltare all’indietro e di riproporre antichi rapporti di forza a soprattutto modelli e interpretazioni del passato, come se gli anni dopo la seconda guerra mondiale, con i loro processi di crescita collettiva, fossero passati invano.
Oggi la democrazia è “under attack” e, con essa, lo è un’interpretazione dei rapporti individuali e sociali secondo i modelli dei diritti fondamentali della persona umana.
Due modelli a confronto: Russia e Occidente
Non sono mai stato un ideologo dell’Occidente, al quale ho attribuito e attribuisco contraddizioni colpevoli in materia di giustizia socio-economica e di relazioni internazionali sovente dominate da modelli di sfruttamento e di occupazione culturale di spazi di un’originalità unica. Ricordo ancora la mia partecipazione convinta, nel gennaio 2002, al II Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, sul tema di un altro mondo possibile.
Tuttavia difendo e sostengo il modello della democrazia rappresentativa, quella che porta in grembo princìpi affermati universalmente in una simbiosi virtuosa tra socialdemocrazia, liberaldemocrazia e ambientalismo, quella che afferma e tutela i diritti umani, quella che garantisce il godimento di un profilo di libertà, di giustizia e di pace senza pari al mondo.
Questa democrazia oggi è al centro di un’offensiva da parte di un avversario che non ha i connotati aberranti del nazionalsocialismo di metà secolo XX, ma che si propone con metodi nuovi, passando dall’uso subdolo delle nuove tecnologie alla riproposizione di presunti valori tradizionali fino all’assunzione delle forme esteriori della stessa democrazia parlamentare. Osserviamo la Russia di oggi: ha una Costituzione, un parlamento bicamerale, un sistema federale, una tripartizione classica dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario e finanche forme elettive di quasi tutte le cariche pubbliche. Eppure il sistema si è attrezzato per produrre un controllo ferreo su tutte le dinamiche di partecipazione e di responsabilità collettiva, così da soffocare ogni voce che possa contrastare un feroce e spietato sistema di potere.
Globalizzare la democrazia
Questo conflitto giunge in un momento importantissimo per l’Europa. Il processo d’integrazione politica non ha seguito gli stessi tempi di quello d’integrazione economico-sociale. L’azione destabilizzante della Russia, che ha finanziato generosamente tutti i movimenti nazionalisti di destra (chissà perché questo falso pudore nel chiamarli sovranisti…), ha fatto il resto.
Paradossalmente questa guerra potrebbe rappresentare, se l’esito non fosse così devastante, un’accelerazione verso la costituzione degli Stati Uniti d’Europa o comunque verso un soggetto politico europeo, federale, unitario, indipendente e sovrano (di una sovranità autenticamente democratica). Nel processo diffuso della globalizzazione va globalizzata anche la democrazia e sicuramente una frammentazione istituzionale può fare soltanto danni enormi.
La posta in gioco: scelta tra democrazia e modello totalitario
Nessuno di noi sa come finirà questa guerra, ma sappiamo anche che ogni tentativo di violentare la storia è destinato a naufragare e quindi Putin, che è un uomo vecchio, finito e soprattutto vinto, non ha certamente futuro. Altra questione sono i costi che potremmo pagare e che saranno senz’altro molto alti. Però ormai questo è il conto che ci è stato presentato.
Partiamo dal presupposto inattaccabile che, là dove esiste un conflitto tra il modello della democrazia con l’affermazione della dignità umana e ogni altro modello totalitario o autocratico, non c’è alternativa alla difesa della democrazia e che soprattutto questa nuova fase culturale richiede l’abbattimento di ogni vincolo ideologico. Il nemico, cioè Putin, lo ha fatto in modo perfetto.
Nato in un contesto fortemente permeato dall’ideologia marxista-leninista e dal sistema del socialismo reale, lo ha abbandonato per sposare abilmente il totalitarismo nazionalista, trattenendo per sé soltanto le metodologie. Non a caso tutti coloro i quali sono irresistibilmente attratti da questo “male intrinseco”, sono dalla sua parte.
Oggi la democrazia ha nomi bellissimi e prospettive ancora più incantevoli: il godimento dei beni primari senza ristrettezze o povertà, l’assimilazione completa dei valori della libertà, della giustizia sociale e della pace, i diritti alla salute, all’istruzione, alla formazione, alla famiglia, al lavoro, alla sicurezza e soprattutto al pensiero libero e inattaccabile.
L’Ucraina di oggi è soprattutto un simbolo insanguinato che servirà ad aprire il futuro alla democrazia come valore umano potenzialmente eterno. Questa è l’ora.
Egidio Cardini
nsegnante nell’istruzione secondaria di secondo grado statale, risiede a Castano Primo (Mi)
redazione di Madrugada