Diario di guerra nel quotidiano
1° giorno – Lo sguardo dei ragazzi mi colpisce, c’è silenzio a tavola: è strano perché è quello il luogo in cui, tra un boccone e un altro, c’è un vociare continuo, si ride, ci si racconta, appassionatamente si comincia a prendere posizione su eventi che capitano nel quotidiano, a volte leggeri, a volte meno. Emerge la polemica per un voto a scuola non esaltante, ci si infiamma, a volte si litiga e capita che io debba intervenire: «Ragazzi mangiate su…». La tavola, che è lo spazio condiviso in cui insieme ci si nutre, è anche luogo di confronti accesi (ma sì, poi passa!) che, comunque, danno corpo alla relazione, smussano spigolosità… c’è relazione, c’è scambio, c’è vita a tavola.
Quel giorno no. Il silenzio era denso. Cristiano ha il coraggio di rompere quella cortina di assenza di suono: «Avete visto? Hanno cominciato. Io non ci sto, non mi piace questa cosa, per niente.
Le bombe ti cadono addosso… ma può essere che ci si svegli al mattino e tutto cambia?».
Ci guardiamo, attoniti. Io accolgo la loro emozione. Timidamente ci diciamo qualche parola, con viso preoccupato io cerco di mediare, racconto un po’ di storia e di geografia (quanto poCorteo ultra ortodosso – Hebron, Palestina co a scuola si ragiona di storia contemporanea e quanto ancora meno di geopolitica…), ma la fame ci passa, non è un giorno normale.
3° giorno – «Ma la diplomazia non doveva intervenire subito? Cosa si sta facendo?». Sono passati tre giorni, Ester mi chiede ma io aspetto a rispondere… ragazzi vedrete, qualcosa accadrà… cerchiamo di raccontarci, di aggiornarci, di sperare che sia finita lì, che sia stata una prova di forza e che poi ci sarà il ritiro, serviranno pure a qualcosa gli organismi internazionali, l’Europa, siamo nel cuore dell’Europa, no?!? «Mamma tu hai studiato Scienze Politiche, giusto? La politica che fa?».
10° giorno – No, non è un attacco lampo, non è una prova di forza. È proprio come accadeva secoli fa. Come se ci fossero ancora Giulio Cesare, Napoleone o i diversi caudillos del secolo scorso disseminati qui e là. Non posso negarlo figli miei, no, non posso, non è possibile a questo punto; come essere umano, come cittadina d’Europa, come figlia del pensiero costituzionale che aborrisce la guerra e ogni tipo di violenza, come cristiana che ha creduto in movimenti internazionali del MIR o ha frequentato le marce della pace con Pax Christi e i convegni di Alexander Langer, antieroe del nostro tempo, lui che non ha retto il fallimento per la presenza di guerre senza confini.
15° giorno – Stefano mi dice: «Vieni mamma, guarda». Abbiamo una carta del mondo, planimetria meravigliosa regalata dallo zio Andrea.
«Guarda mamma, guarda quanto è grande la Russia, guarda quanto è piccola l’Ucraina… ma perché Putin cerca proprio quel pezzettino di terra lì?». – «È assurdo, lo so… La Russia, culturalmente, è nata lì e quindi…». – Al mio tentativo goffo di risposta insulsa e non convincente lui, giustamente, mi interrompe: «E vabbè… ma i Romani avevano mezzo mondo; che facciamo, lanciamo bombe per riprenderci quello che avevamo un tempo?».
20° giorno – «Mamma, ma che tipo è Zelensky?».
Non lo so, non lo so… so solo che io mi sarei fermata al secondo giorno, avrei consegnato le armi e chiesto delle condizioni, perché qualunque uomo o donna vale più di un pezzo di terra.
«E ora, comunque, Putin conquisterà un luogo distrutto mamma, senza più ospedali, teatri o biblioteche, negozi, scuole, …mamma è stata bombardata l’Università, la tua facoltà…».
30° giorno – Ragazzi, no, per piacere, non abituiamoci alla morte, alla distruzione voluta dall’uomo, non lasciate scoperta la curiosità pietosa verso chi da un giorno all’altro ha dovuto abbandonare tutto, per piacere, teniamo alta l’attenzione. Chiedetemi ancora cose, non molliamo la presa, cosa fate a scuola? Se ne parla? Raccogliete fondi per la popolazione che scappa? Ci sono le marce della Pace, ci sono iniziative per il popolo ucraino; le Donne in Nero, mi dice la zia Marilé, continuano a manifestare ogni settimana contro la guerra.
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Arriva la primavera, si allenta la pandemia, cominciano concerti, attività scout, biciclette e incontri amorosi…
Si tratta per la pace e contemporaneamente vengono lanciate bombe sui civili, una sorta di ossimoro; e all’improvviso ci si rende conto delle altre guerre presenti nel mondo, ci svegliamo e facciamo la conta, una più, una meno. Poi riprendiamo le attività comuni. E il giorno dopo un’altra conta. Altre notizie prevedibili, altre stragi.
Un rituale macabro infilato tra le notizie sportive e quelle del PNRR.
La pandemia sembra avere un colpo di coda («Mamma, ma in Ucraina non si usano le mascherine?»), speriamo nella pioggia, c’è secco ovunque, sono nate le pervinche e i fiori dell’albero di limone. Sono giorni di quaresima inoltrata, il silenzio è propizio, le statue di Leopoli coperte e protette, il Cristo è nel bunker, come nella seconda guerra mondiale. Quasi un sepolcro per viventi. La Bellezza va custodita, ovunque.
Paola Stradi orientatrice e formatrice, università degli studi di Padova, scuola di scienze umane, sociali e del patrimonio culturale
Paola Stradi
componente della redazione di Madrugada
orientatrice e formatrice, università degli studi di Padova, scuola di scienze umane, sociali e del patrimonio culturale