Ricomporre i frammenti
L’impatto, il mondo in cocci e come (provare a) ricomporne i frammenti.
L’otre della Terra si è fessurato.
Come terreno argilloso che si spacca nella siccità.
Oggi sono dolente nelle mie ferite. Le enumero. Le metto in fila.
Riemergono. Da sole. In un film fatto solo di queste immagini.
Come se un regista malefico, il mio carceriere, avesse tagliato tutto
il resto. Io voglio invece il film di tutti i baci. Come Tornatore.
Il minuscolo virus ha crepato la trama dello spazio e del tempo.
Rimangono cocci aperti, cunei di disuguaglianze profonde, tra le
persone, all’interno delle famiglie e delle città, a dividere popoli
interi; fra il Nord e il Sud globale; tra l’umanità e gli altri esseri
viventi.
Si sono chiusi i confini, serrati i cancelli, ristretti gli orizzonti,
come sa bene chi è in carcere.
Non ci sono solo baci,
non ci sono solo ferite.
Tutto stramaledettamente
mescolato.
I maestri soltanto evidenziano i
confini con la bellezza.
Io non lo so fare.
La Terra si è disfatta in mille frammenti. Si può forse lavorare per ricomporre, senza però cercare di occultare il trauma, di rimuoverlo.
Non sarebbe buona cosa. Lasciamo ai cocci la loro identità. Sulle fratture invece si può operare, come i maestri giapponesi dell’arte del kintsugi, che prendono le ceramiche rotte, ne accettano le fratture, le valorizzano esaltandole con quanto c’è di più prezioso, l’oro, l’argento, la lacca. Rendono così una ciotola o una teiera, cadute a terra e ormai a pezzi, capolavori unici. Irripetibili, come le spaccature che le hanno spezzate.
Posso imparare?
La vita insegna?
Un prato verde e luminoso è la nostra meta o un ricordo?
O un sogno?
Un’illusione o una speranza?
Non si possono nascondere le cicatrici inferte dall’impatto del virus sulla terracotta del pianeta, il colpo dato al cuore stesso della globalizzazione. Possiamo piuttosto, da pazienti artigiani, colmare le fessure con quanto abbiamo di più prezioso: la creatività, la curiosità, il desiderio dell’inedito, la forza di osare, l’umiltà di farlo con gli altri. Creando così nuova bellezza.
Intanto siamo arrivati alla fase 2, anzi alla fase 3. Si impone la retorica della riapertura, della ripresa, del rilancio: business as usual. Archiviata la parentesi, si riparte, come prima, anzi più di prima. Bisogna riconquistare il tempo perduto.
Forse, però, c’è un altro ri.
Ritorna l’estate.
Riaffiora, rispunta
rinfranca, rincuora
ridesta, rifiorisce.
La vita, la nostra. Tutta.
Rinasce.