L’inimmaginabile è arrivato
Sarà, come dice Giovanni Colombo in una delle riflessioni a seguire, che «l’inimmaginabile è arrivato». È un inimmaginabile di cui avremmo fatto volentieri a meno, che ha sovvertito fastidiosamente una condizione e che soprattutto ha alimentato una confusione che era già di per sé stessa conclamata.
Questo non è un tempo semplice; è una fase storica dove la frantumazione delle relazioni, che aveva trovato un suo giusto paradossale disordine, è stata disordinatamente di nuovo sconvolta dentro un groviglio d’incertezze oltremodo disordinate. Non c’è più nulla di certo né di ordinato.
C’è un paradosso che non può sfuggirci e che si vede a occhio nudo: il senso di smarrimento generale, la somma di interrogativi senza risposte immediate, la propensione alla previsione pessimistica sul futuro sia nei termini epidemiologici che in quelli economico-sociali e infine l’inasprimento di qualsiasi forma di microconflittualità hanno evidenziato il problema dei problemi o, per meglio dire, il cuore della dimensione esistenziale personale e collettiva, che si chiama relazione.
Mi piace pensare a ogni realtà a partire dalla sua verità etimologica, che è la pietra angolare di ogni definizione veritiera. Se le parole hanno sempre un senso, allora la relazione, che affonda il suo significato nel verbo latino ‘refero’, è rapporto dinamico, là dove è proprio il dinamismo dell’uomo, che porta sé stesso avanti o indietro, che fa la differenza.
Le relazioni non sono mai tutte positive. Non a caso, in alcuni testi latini, ‘referre’ significa anche indietreggiare, smentendo chi pensa alla relazione solo come avanzamento di sé e, altrettanto non a caso, quest’epidemia ha attivato in moltissimi tra noi un movimento di arretramento davanti all’altro. Vuoi per paura, ma vuoi anche perché da tempo stavamo già indietreggiando. Portarsi avanti è sempre un rischio e un atto di coraggio che non tutti sanno compiere.
Questo ‘lockdown’ sociale era in atto da parecchio tempo all’interno di una psicologia di massa che ci vedeva ricurvi, inesorabilmente, dentro noi stessi. Avevamo già tanta paura dell’altro e questo insidioso virus ci ha dato soltanto una spinta verso il basso e verso la dimensione più inquietante di noi stessi.
Da insegnante, mi sono ritrovato pienamente nell’osservazione di Massimo Recalcati, quando egli ha sostenuto che «non c’è didattica senza relazione». Confido, andando contro ogni opinione ‘politically correct’ di molti miei colleghi, che detesto la didattica a distanza, la considero un’infezione batterica della relazione che genera e accompagna il sapere e soprattutto la vedo drammaticamente destabilizzante per bimbi, ragazzi e giovani, i quali hanno un bisogno profondo di avanzare verso l’altro per sapere, per capire, per gustare il senso della vita e per scoprire, attraverso la relazione educativa diretta e non virtuale, l’attenzione di chi «promette la vita buona e giusta», per dirla come Ivo Lizzola.
Mi mancano gli studenti veri, perché anch’io in questa relazione educativa finisco per essere educato da chi mi «promette la vita buona e giusta».
E non possono esserci palliativi o sostituzioni.
Il paradosso più grande, davanti alla rivoluzione interiore provocata dal virus, per molti non risiede tanto nella paura di morire, ma in quella di ricostruire le relazioni, pur dentro la convivenza con una minaccia sanitaria che domani se ne andrà e che provvidenzialmente ci lascerà ancora da soli con l’enigma e con la sfida dell’altro.
Sono già sufficientemente stanco di muovermi in un mondo ritorto dentro un pessimismo che svela la paura di ritrovare la bellezza della vita.
Sento la nostalgia profonda della relazione come avanzamento e non più come indietreggiamento. Leggerò insieme a voi le parole meravigliose che seguiranno in questo monografico di madrugada sulle relazioni, ma poi alla fine non vedo l’ora di recuperare, poeticamente e non solo, la vita che verrà dopo il virus e che altro non è che l’espressione equivalente di un bacio. Vivremo per quello, riassaporando l’esistenza come relazione che fa avanzare dolcemente l’essere umano verso gli altri esseri umani.
Egidio Cardini
insegnante al liceo scientifico di Castano Primo (MI), componente la redazione di madrugada