Un mite lottatore, insegnante per vocazione
In base agli studi giuridici avrebbe potuto fare l’avvocato, e non è mancato qualche tentativo.
Mentre insegna a Bolzano, la polizia arresta un suo alunno, che davanti a una fabbrica distribuisce volantini non autorizzati. Nel processo che ne segue, Langer difende il suo alunno. Lo poteva fare in quanto all’epoca svolgeva praticantato nello studio legale del suo compagno politico Gianni Lanzinger. Sarà l’unico processo in cui ha fatto da avvocato difensore.
L’insegnamento è per lui una vocazione. Gli studi di diritto lo qualificano anche per l’insegnamento della filosofia e della storia nel liceo. Ha insegnato per due periodi abbastanza lunghi: nei licei di lingua tedesca di Bolzano e Merano dal 1969 al 1972 e nel liceo scientifico di un quartiere periferico di Roma dal 1975 al 1978. Aveva insegnato anche in precedenza, come all’epoca ogni sudtirolese che avesse superato l’esame di maturità, come supplente con incarico temporaneo al liceo scientifico italiano Torricelli di Bolzano.
Ma a quell’epoca non aveva ancora concluso i suoi studi universitari, tutto preso com’era dal lavoro politico a Bolzano. Una supplenza di insegnamento era la «copertura» classica dell’attivista politico: garantiva uno stipendio, lo stato di «lavoratore occupato» e, cosa più importante, lasciava tempo a disposizione per il lavoro politico.
Il professor Langer assurse negli anni successivi a mito, quasi non meno del Langer politico.
Averlo avuto come insegnante fu per alcune classi di studenti un’esperienza da ricordare per tutta la vita. Nei loro racconti rivive l’inizio dell’insegnamento antiautoritario nelle scuole sudtirolesi, le discussioni politiche in classe, il voto comune, Marcuse invece di Spinosa, dimostrazioni culminate nello sciopero della fame di una classe alle soglie della maturità contro la non ammissione all’esame di due compagne. Naturalmente la protesta ebbe successo. E naturalmente tutti, ragazzi e ragazzi, vi parteciparono attivamente. Altrettanto naturale e certo, agli occhi delle autorità scolastiche, il fatto che dietro a ogni infrazione della disciplina costituita vi fosse direttamente o indirettamente il professor Langer.
Il modo migliore per capire di che tipo fosse l’insegnamento di Alexander Langer, è quello di vederlo all’opera sui suoi alunni. Era il fenomeno della scuola sudtirolese di allora, sia per gli allievi che per i colleghi e le autorità scolastiche.
Sempre perfettamente preparato e impegnato al cento per cento. La sua didattica non corrisponderebbe forse ai moderni criteri pedagogici. Era un parlatore instancabile. Il suo era il metodo dell’insegnamento frontale, oggi criticato. Come più tardi il politico, anche l’insegnante Langer aveva sempre «molto da dire».
Si era all’inizio della trasformazione della scuola sudtirolese: discussioni, non più la pressione del voto, attualizzazione della materia insegnata.
Ma nonostante tutto l’entusiasmo e la preparazione dell’insegnante, anche i suoi allievi sono spesso distratti e si occupano di altre cose.
Non tollera di essere disturbato. Chi non è interessato alla sua lezione, può lasciare la classe.
Ci sono dei momenti in cui sono più gli studenti sul corridoio che quelli al loro banco. I poco egualitari studenti tirolesi accolgono con disuguale consenso il voto unico. Chi ha lavorato si sente preso in giro dal mucchio degli sfaticati.
Uno di questi sfaticato sistematici, che Langer più tardi porterà al successo nella politica comunale, si dichiara assolutamente d’accordo con il voto unico, propone soltanto che sia un 8 invece del 7 previsto da Langer. Con la libertà aumenta anche la spudoratezza. Più tardi Langer riconoscerà di essersi sentito molto frustrato dallo scarso interesse dimostrato dagli alunni per il suo impegno.
Agli atti si trovano ancora oggi i documenti delle difficoltà che Langer ebbe con i suoi superiori: misure disciplinari, valutazioni di servizio vessatorie, minacce di trasferimenti, che saranno poi effettivamente attuate, scambio di lettere di denuncia e di difesa che avrebbero fatto onore a qualsiasi tribunale. Era necessario opporsi a un grave pericolo: i presidi, fedeli alla scala di valori appresi nella scuola all’epoca del nazismo, di cui risentivano ancora il forte influsso, perdono la testa: gli rinfacciano di «indottrinare» gli studenti, ma non sono in grado di indicare nessun oggettivo errore nell’insegnamento del professore.
Langer infatti fa «solo lezione» nelle sue materie, non parla di politica. Solo nella testa e nel cuore degli studenti la sua lezione assume un valore politico. Il preside scrive continue lettere di denuncia al provveditorato e al ministero, convoca assemblee di genitori preoccupati, ma non può eccepire nulla per quanto riguarda la cultura e la preparazione, l’impegno e il comportamento dello sgradito insegnante. L’ordinamento disciplinare scolastico non prevede sanzioni contro l’impegno politico e contro una forte personalità.
Nel caso di Langer le valutazioni di servizio, fondamentali per lo sviluppo della carriera, ripetono sistematicamente uno scarno «sufficiente», di rado un «buono» (mentre la regola è «molto buono» e «ottimo»). Tutto è lasciato alla valutazione del preside che può prendere iniziative per liberarsi del «corruttore dei giovani».
Le classi che hanno avuto Langer come insegnante hanno una loro precisa collocazione della storia della scuola sudtirolese. Avervi fatto parte sarà motivo di vanto ancora dopo decenni.
Soprattutto da coloro non soggiacquero affatto all’indottrinamento, come nominalmente si può constatare in alunni che hanno fatto poi una carriera, anche politica, del tutto convenzionale.
Più tardi, insegnante in un liceo romano, Langer soffrirà la frustrazione di un docente che nonostante tutto il suo impegno, si trova dinanzi una scolaresca assolutamente apatica. «Se almeno fossero coerenti come i brigatisti rossi, che rifiutano ogni processo e ogni difesa. Questi invece non fanno niente e tuttavia esigono il diploma di maturità!». Non è direttamente sua questa denuncia, la mette in bocca a un presidente di commissione per l’esame di maturità. Ma è chiaro: Langer è deluso dall’insegnamento. Non può negare a sé stesso che il suo insegnamento politico incontra solo disinteresse. Gli studenti non vogliono più sentire parlare di «movimento». «Un anno di frustrazione» tira le somme nell’estate del 1978.
«Devo rassegnarmi?». E più in generale: «Ha ancora senso lavorare nella scuola?».
Queste rassegnate considerazioni sono dell’estate del 1978. Ed effettivamente decide di lasciare la scuola. Nell’autunno dello stesso anno si presenta come candidato al consiglio provinciale, viene eletto e da allora sarà un politico di professione. Vi è tuttavia un altro breve episodio scolastico: nel 1982-83, dopo aver lasciato il consiglio provinciale, accetta un incarico di docente all’università di Trento e a quella di Klagenfurt.
Il passato di insegnante presso il liceo classico di Bolzano lo perseguita ancora solo per il fatto che le autorità scolastiche locali si oppongono tenacemente al suo trasferimento da Roma a Bolzano. Le vessatorie modalità mediante le quali si cerca di mantenere «libera da Langer» la scuola sudtirolese, costituiscono un capitolo tutt’altro che glorioso dell’autorità scolastica di quegli anni.
Estratto da: Alexander Langer il mite lottatore.
Vita e idee di un profeta verde, un abc, Il Margine, 2016.
Florian Kronbichler giornalista, autore di libri sul mondo sudtirolese, deputato dal 2013 al 2018 come indipendente dei Verdi eletto con Sinistra Ecologia Libertà