La pedagogia della parola
La biografia di Alex Langer è disseminata di tracce che conducono, per vie diverse, attraversando ponti, nelle due direzioni dello studio e dell’insegnamento, verso l’idea di scuola. È una vocazione educativa la sua, dall’inizio alla fine.
A quindici anni, nel 1961, entra di propria volontà (la famiglia, di origine ebraica, era però laica) nella Congregazione Mariana, un’associazione cattolica che si occupa dei giovani con campeggi estivi, giochi e attività sportive. Langer propone al prefetto della congregazione un piano di riforma in diciannove punti fra cui opere di carità, lezioni di sostegno per studenti in difficoltà; spazi per la mediazione tra studenti e professori: un piano troppo ardito che non trova ascolto. Ma quando lui stesso diverrà prefetto della Congregazione darà vita sia all’assistenza ai poveri che alle lezioni di supporto per studenti disagiati.
A quarantanove anni, nel 1995, prima di attuare le sue estreme dimissioni, cerca altre forme di congedo: un completo cambiamento di vita, una scelta di povertà, il ritiro in un monastero, la ripresa di quell’insegnamento che aveva sempre amato. Ma le ritenne impercorribili, o non ne trovò la forza, e scrisse i biglietti di addio.
Non so se si può individuare una pedagogia langeriana, ma certamente lui ha assorbito dagli insegnamenti e dagli incontri diretti con le scuole, diversissime tra di loro, di don Lorenzo Milani (gli consigliò di abbandonare l’università) e di Ivan Illich (lo sollecitò a dedicarsi con lui a un periodo di studio). Non seguì né l’uno né l’altro, ma si chiese «come farò a non diventare «maestro» anch’io?». Inserisce entrambi tra gli incontri fondamentali della sua vita, ma trova un modo tutto suo per fare l’insegnante, dentro e fuori dalla scuola. Rifiuta l’idea della mera trasmissione di contenuti, cerca il valore delle differenze e della pluralità, e lo trova nella vicinanza agli studenti che stimola al dialogo, alla riflessione critica, al sapere interdisciplinare e complesso, amplia il più possibile i tempi dello studio e dell’approfondimento, promuovendo interventi di sostegno didattico e seminari pomeridiani su temi di attualità aperti a tutti; concepisce una scuola aperta in senso politico, come servizio pubblico e luogo di incontro di tutti, come spazio di partecipazione attiva e di sviluppo del pensiero individuale, come liberazione.
La «pedagogia della parola» come forma di riscatto degli ultimi dal giogo di un sistema culturale elitario, è l’eredità di Barbiana che ritroviamo in Langer tradotta come plurilinguismo: il possesso della parola che «fa eguali», intesa come padronanza di più codici linguistici per gettare ponti di convivenza interetnica e interculturale, è la specificità langeriana.
Illich voleva togliere il monopolio della formazione dei giovani all’ideologia del potere e ricondurre i processi educativi dentro la collettività. Langer ce lo descrive così: «Preferisce in genere una forma seminariale, cerca un dialogo che sarà tanto più ricco quanto più i diversi partecipanti interverranno con domande o proprie osservazioni, basate però su precise conoscenze (indagini, letture, riferimenti), non su opinioni e idee. Insomma: un maestro che svolge con gusto una funzione didascalica, ma che pretende che si intervenga in maniera fondata e documentata».
Sta parlando del suo maestro, ma sembra quasi che Langer stia facendo l’autoritratto di sé stesso come insegnante.
Milani e Illich erano due sacerdoti, quindi avevano a che fare con il sacro, come i personaggi religiosi che hanno ispirato Alex: Giona, Davide, Giuseppe, Cristoforo, tutti in qualche modo votati a una grande causa da compiere, a un messaggio da portare. La sua «vocazione educativa» era plasmata dall’esperienza politica e religiosa personale.
Chi ancor oggi va a scuola da Alex Langer, trova una molteplicità di messaggi e di testimonianze che ne fanno una specie di missionario educatore: la nonviolenza, la conversione ecologica, la convivenza interetnica, sono le materie che il professor Langer ha studiato e insegnato.
Mao Valpiana presidente del Movimento Nonviolento, membro del Comitato scientifico della Fondazione Alexander Langer Stiftung