Chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori
Quando ho incominciato a occuparmi della curatela di questo monografico – che abbiamo voluto intitolare Porte aperte, per alludere alla speranza di un carcere finalmente indirizzato sulla strada dell’umanità e della rieducazione e riabilitazione del reo – non mi aspettavo di incontrare un mondo così ricco di attività e di esperienze, così tante persone (dentro e fuori gli istituti di pena) che lavorano quotidianamente per dar corpo a questa speranza. Se dovessimo dar conto di tutte le iniziative e le buone pratiche messe in campo da educatori, cooperative, volontari nelle 190 carceri italiane non basterebbero dieci numeri di madrugada. Sono stato quindi dolorosamente costretto a escluderne tante; in fondo a questa pagina troverete alcuni riferimenti per approfondire il tema, confrontare dati, leggere le parole degli stessi carcerati.
La seconda scoperta – ma purtroppo non è una vera sorpresa – è che quando si parla di carcere, della situazione in cui versano decine di migliaia di carcerati, del difficile e tormentato cammino per attuare l’obiettivo costituzionale della rieducazione del reo, sembra che il tempo non passi. Siamo più o meno al punto in cui eravamo cinque, dieci, o vent’anni fa. Così, abbiamo deciso di ripubblicare il bell’intervento di Ziad Elayyan, apparso su madrugada n. 50: correva l’anno 2003 e le considerazioni in esso contenute appaiono perfettamente attuali.
Oggi in Italia i carcerati sono quasi 60.000 sparsi in 190 istituti di pena. Almeno 9.000 di loro sono in sovrannumero; quindi molte carceri sono sovraffollate e si ripetono episodi di rivolta e suicidi. Una positiva riforma carceraria, promessa nella scorsa legislatura, ancora una volta non è andata in porto, mentre l’attuale maggioranza propone di tornare indietro: costruire nuove carceri, inasprire le pene, ridurre gli spazi per le pene alternative al carcere e per le forme di semilibertà.
Nonostante tutto questo, sono davvero tanti i carcerati, gli educatori, i volontari, le associazioni, le cooperative che continuano a lavorare – dentro e attorno al carcere – per la rieducazione, la riabilitazione, il reinserimento lavorativo dei carcerati.
Se è vero che il permanere delle «istituzioni totali» suona come la più grande offesa alla civiltà e alla democrazia di un Paese, l’Italia deve ancora fare ancora molta strada. Anche l’istituzione carcere, come Franco Basaglia fece per il manicomio esattamente cinquant’anni fa, deve aprire le sue porte.
effe emme
Per approfondire il tema:
www.antigone.it/quattordicesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione
www.ristretti.it ^ www.ristretti.org/Rassegna-giornali-dal-carcere
Salvatore Ricciardi, Cos’è il carcere: vademecum di resistenza, prefazione di Erri de Luca, Derive e approdi, 2015
Luigi Manconi e altri, Abolire il carcere, postfazione di Gustavo Zagrebelsky, Chiarelettere, 2015
Elvio Fassone, Fine pena: ora, Sellerio, 2015
Gherardo Colombo, Il perdono responsabile. Perché il carcere non serve a nulla, Ponte alle grazie, 2013
Rifarsi una vita: storie oltre il carcere, a cura di Paolo Beccegato e Renato Marinaro, EDB, 2018
www.carmelomusumeci.com