Tempi moderni e tute blu

di Breda Augustin

Lavoro all’Electrolux. Azienda metalmeccanica. Multinazionale tra i principali produttori di elettrodomestici da casa e professionali. A Susegana lavorano circa 1100 lavoratori, di cui 900 operai, poco meno di 200 di origine migrante. Si producono frigoriferi da incasso. Lo stabilimento ospita il centro ricerche mondiale del freddo, una struttura slegata dal resto della fabbrica.

I colori delle maglie

Nella fabbrica destinata alla produzione, l’organizzazione è di tipo neofordista. Linee di montaggio – catene – lunghe circa 200 metri, in ognuna lavorano circa con un centinaio di operai. Una struttura gerarchica classica di produzione: due capi area – camicia bianca, settimi livelli – sotto di loro si trovano i capi linea – divisa color nero, quinto livello impiegatizio – aiutati a loro volta nella gestione da aiuti capo – maglia arancione, quarto livello operaio – con ruoli di facilitazione e coordinamento di parti di linea, con relativa gestione anche dei rapporti con gli altri lavoratori, i quali riconoscono un’autorità a tale figure chiamate team leader. Di team leader ce ne sono 3 o 4 per ogni linea. Poi ci sono una dozzina di operai di supporto al funzionamento delle linee: carrellisti, riparatori, attrezzisti, conduttori con maglie di vari colori, generalmente con il 4° livello operaio. Infine, in fondo, ci siamo noi, gli operai – con maglia blu – in catena di montaggio, tutti di 3° livello.

I salari e i premi

Le fasi di lavoro sono altamente parcellizzate. Le retribuzioni variano, ma non di molto: tra gli operai si aggirano tra i 1400 e i 1700 euro, in relazione ai livelli e alle dinamiche premiali aziendali. Diverso il discorso per i capi e le figure apicali, che godono di un sistema retributivo aggiuntivo a quello contrattuale, che distribuisce dai 7.000 euro anno in su, per raggiungere cifre ben più consistenti tra i dirigenti. Si tratta di una premialità definita e strutturata dalla multinazionale, che coinvolge una cerchia definita e selezionata, secondo criteri dai quali il sindacato è totalmente escluso e tenuto all’oscuro.

Com’è fatta una catena

Ogni operaio di linea deve fare, in 45 secondi, una serie di micro operazioni che si ripetono costantemente. Le saturazioni del tempo sono alte, in genere attorno al 90%. L’orario prevalente è su due turni da 8 ore. Altri operai lavorano a giornata.

Nelle catene di montaggio si trovano prevalentemente donne e la larga maggioranza dei migranti, anche le team leader sono prevalentemente donne. Ma sopra questo livello ci sono quasi esclusivamente uomini. Anche tutti i lavori di manutenzione, di conduzione impianti, di attrezzaggio macchine e stampi, riparatori, sono ruoli a netta prevalenza maschile. L’età media degli operai è superiore ai 50 anni. Da oltre un decennio non ci sono più assunzioni tra gli operai.

Gli effetti della crisi

La fabbrica è passata in 15 anni circa da 2200 dipendenti agli attuali 1100. Un tempo si producevano oltre 1.300.000 frigoriferi, oggi poco più di 800.000. Dopo la crisi del 2012/13 dove si sono toccati i 650.000 frigoriferi venduti, il mercato pare in ripresa. L’azienda ha investito su innovazione tecnologica sia di processo che di prodotto, rinnovando profondamente le gamme, anche con interventi innovativi sul funzionamento dei frigoriferi. Allo stesso tempo ha intrapreso un’innovazione tecnologica spinta, sostitutiva del lavoro manuale, in particolare nelle posizioni meno sature utilizzate per i lavoratori con disabilità acquisite dal lavoro (malattie professionali, arti superiori in prevalenza). Uno dei principali problemi è come e dove collocare, nel processo lavorativo, i lavoratori con patologie: circa 1/3 degli operai delle linee.

Altro frutto della crisi sono stati gli accordi sindacali per evitare la possibile delocalizzazione, che hanno sancito un aumento della velocità delle linee e un taglio netto – ai livelli di legge – delle agibilità sindacali. Il risultato è stato un netto peggioramento delle condizioni di lavoro e una ridotta possibilità di controllo e di intervento dei delegati sindacali nel valutare, contrastare e discutere i processi decisionali aziendali.

Per favorire il superamento della crisi si sono utilizzati vari ammortizzatori sociali, in particolare contratti di solidarietà, con orari a 6 ore che hanno attutito, nei periodi di loro applicazione, gli effetti dell’aumento dei ritmi di lavoro sulle maglie blu delle catene. Il governo ha statuito sgravi ad hoc, aiuti di stato mascherati, e la stessa Banca Europea degli Investimenti ha concesso prestiti all’Electrolux per oltre 150 milioni di euro a condizioni particolarmente vantaggiose.

Resistenza operaia e neo paternalismo

La fabbrica operaia mantiene ancora una sua capacità di reazione e protesta, e l’adesione agli scioperi è tutt’ora elevata. Una certa unità della RSU, non sempre apprezzata nel sindacato, ha permesso di evitare di disperdere le forze in scontri intestini. Ma la condizione di debolezza esterna del movimento sindacale e la riduzione degli spazi interni di azione, accompagnata da una legislazione sempre più aggressiva verso la condizione generale dei lavoratori – pensioni, precarietà, disoccupazione, bassi salari, costi alti della vita e riduzione dello stato sociale (diritto alla salute e allo studio…) – hanno sfiduciato non poco i lavoratori verso i cosiddetti corpi intermedi, oltre che verso la politica in generale.

Sfruttando questa debolezza, l’azienda cerca di costruire anche un sistema di coinvolgimento attivo dei lavoratori con riunioni esplicative della situazione aziendale, coinvolgimento in gruppi di lavoro, forme di premialità con prodotti Electrolux o bonus spesa. Si tratta di una strategia precisa, con lo scopo di creare un consenso di «comunità aziendale» legata al marchio e a ciò che esso rappresenta. Forme che tendono a distrarre il lavoratore dalla sua condizione di difficoltà lavorativa e di resistenza psicofisica prima ancora che economica. Ma basta poco perché la realtà della condizione concreta riaffiori e prenda il sopravvento sul neo paternalismo.

Ma dov’è il sindacato?

Non di meno la percezione, se pur rudimentale, di ciò che servirebbe per governare i cambiamenti che le nuove tecnologie producono sulla struttura sociale e lavorativa (distribuzione del lavoro che c’è, acquisizione di conoscenze per stare al passo con la digitalizzazione della società e del lavoro presente nelle nuove tecnologie applicate) affiora nelle discussioni tra gli operai, senza però trovare quella rappresentazione che permetterebbe loro di riconoscersi e rappresentarla, anche quale forma di rivendicazione di un cambiamento di paradigma sociale e del lavoro in particolare. Tutti temi sui quali il dibattito nazionale, sia la politica, sia il sindacato appaiono in drammatico ritardo. O peggio, la dirigenza politica e sindacale sembra lontana da una reale presa di coscienza della situazione e dello scontro in atto, mentre viviamo ogni giorno l’assenza di un’azione utile a offrire una credibile prospettiva a cui aggrapparsi per non sentirsi obsoleti anche quale residuo di classe.

Augustin Breda – maglia blu
operaio a catena alla Electrolux di Susegana (TV)