Un’Europa sempre più lontana

di Stoppiglia Giuseppe

La diffidenza avvelena le diversità

Ricordo che una volta chiesi a uno psichiatra:
«Qual è il segno della maturità umana?
Cos’è per te il segno che un uomo o una donna
sono maturi?».
Mi rispose: «La tenerezza».
«Sostenere, non sopportare».
Scrisse Alcide, un giorno, che i suoi fratelli
erano insopportabili come lui.
Madeleine Delbrêl

Da Bolzano a Roma a piedi

Sulla via da Trento a Padova, lungo il rettilineo dopo il ponte sul Cismon, sotto un sole infuocato, che fa crepitare sul greto del fiume Brenta i sassi, sotto i quali i serpi si sono messi a cantare, al tocco di mezzogiorno che la campana di Rivalta ha lanciato di qua e di là con grande pena, come se ci fosse ancora il campanaro buonanima a dar di corda, c’è un viandante che va a piedi da Bolzano a Roma.

Ha gli occhi vivi. Vivissimi. Ti guarda con un sorriso beffardo che sa di essere accogliente, simpatico, penetrante. Ha occhi vivi, che chiude e tu non capisci se dorme, se pensa, o se un po’ ti prende in giro. Ha la parlata lenta e la testa veloce, nel suo corpo da burattinaio, e nelle sue parole raccoglie mille storie.

Sta camminando sotto un tradizionale cappello, usato nelle risaie, e incede sopra un paio di scarpe con la suola di corda, dentro una tuta accortamente a maniche lunghe, tirandosi dietro un modesto carretto, di quelli che si portano appresso le vecchiette per la spesa, ma modificato, per farci stare più roba.

Cammina con il passo spedito e ritmato del viandante. Mi metterei a zufolargli una marcietta sull’aria della canzone Bella ciao, se solo avessi ancora un po’ di fiato e non fossi già mezzo schiattato dal calore e dalla soverchiante imponenza di questa visione.

Creatura vivente della strada, il viandante. Sciolto e libero da tutto, va carico del proprio nulla. Ha abbandonato le sicurezze, offerte dalla casa, dalla città, dall’osservanza puntuale di orari e di luoghi, per attraversare i campi, per immettersi su di un sentiero che non esiste, prima che il suo passo, percorrendolo, lo segni.

Il senso del viandante è la strada

Da sempre tra stanziali e viandanti, tra cittadini e nomadi, vi è diffidenza, spesso ostilità: troppa la differenza di abitudini, mentalità, aspirazioni. I viandanti, andando per un cammino che è quasi sempre più importante della meta, cercano il senso: il senso di sé, della vita, del nostro essere qui. Ciascuno di noi, anche colui che tristemente nega ogni senso alla vita, pure lui il problema della vita se lo pone, magari nel segreto ripostiglio della propria inconsapevolezza.

La domanda di senso, oggi, è sommersa dai rumori del mondo, dalla velocità, dall’angoscia. Quando però la fretta lascia la presa, quando la morsa del denaro e del consumo allenta, vi sono momenti i cui la voce flebile che ci interroga sul senso, si fa sentire. Questa domanda di senso che scorgiamo nell’occhio dei viandanti, ci lascia smarriti e turbati.

Il viandante della Valsugana pensa già al silenzio canicolare della pianura padana, al Passo del Verghereto sull’Appennino e a Roma. Di lì in poi sale fino al settimo cielo.

Eretta, spunta da una crepa dell’asfalto, una malva rosa. Monumentale, lascivamente fiorita, sboccia impudente, meravigliosa, allunga il suo fiore più grande e più rosa e si insinua sotto l’ombra del suo cappello. Il viandante ora è li, fermo, sulla crepa a lato della strada, e parla alla malva rosa.

Le parole di don Milani

Sta nascendo dal basso l’Europa unita dei viandanti? I fatti di questi giorni mi hanno richiamato alla mente un brevissimo testo di don Milani (Lettera ai cappellani militari) che aprì la via a una discussione sull’obiezione di coscienza.

Don Milani scriveva: «L’Europa è alle porte. La Costituzione è pronta a riceverla: «L’Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie…». I nostri figli rideranno del vostro concetto di Patria, così come tutti i nostri nipoti rideranno dell’Europa».

Bastano queste tre righe per cogliere subito l’abisso che ci separa da quelle aspettative. Gli atteggiamenti odierni coltivano regressioni potenti e attive, a cui l’assuefazione degli ultimi anni impedisce di prestare attenzione.

Le appartenenze nazionali tornano in primo piano, non solo nei paesi dell’Europa orientale, ma anche nel cuore dell’Occidente più sviluppato. Le analisi di questi giorni spiegano con abbondanza le cause di tutto questo, ma lo sconcerto e la paura, per il riemergere di remote ragioni di conflitti, percorrono e attraversano le nostre società, entrano nelle nostre case, nei nostri pensieri. Raramente ascolti e raccogli un’analisi storica e una prospettiva politica che possano abbattere le nuove barriere e mostrare le nuove vie praticabili.

Domande

Cos’è l’attuale crisi della politica e la dissoluzione del concetto di persona?

La vita umana è sempre più affidata al dominio delle tecnoscienze. Un’espressione che non indica affatto l’auspicabile assoggettamento delle tecniche alle ragioni della scienza. Al contrario, è la scienza a mettersi al servizio dei meccanismi della tecnica.

Si va affermando, perciò, un senso di onnipotenza che impedisce di riconoscere e rispettare il limite, esaltando un individualismo parossistico. Viviamo con la convinzione che, in presenza di un’adeguata strumentazione, nulla sia impossibile e tutto diventi lecito.

L’individualismo ha invaso il campo di quanti dovrebbero opporsi a ogni forma di sfruttamento, a ogni imposizione del mercato, all’artificializzazione della vita, fino a soffocare il rapporto intergenerazionale. Sembra che in questo ambito un rumore di fondo, proveniente dall’esterno, abbia prevalso e messo fortemente in discussione il ruolo della famiglia e della scuola.

In un panorama dove l’unica regola rimasta in piedi sembra quella del mercato, e dove ai bambini si insegna che camminare significa correre, che lavorare significa produrre (magari in fretta e su larga scala), che i compagni sono in realtà dei competitori, occorre che ogni ragazzo impari i respiri profondi e i tempi lunghi dell’arte (intesa anche e soprattutto come arte artigiana), del saper essere, dello stare nelle relazioni, delle intuizioni e delle illuminazioni, del genio che non sa programmare solo gli obiettivi produttivi, ma sa intravvedere luoghi educativi e processi di umanizzazione.

La parola oltre la scrittura

È arrivato il tempo in cui i maestri e le guide educative costringeranno gli interlocutori a farsi protagonisti di persona di quanto essi insegnano?

In una società che non conosce la scrittura, la parola, oltre che un suono che segnala la presenza propria del maestro, è un atto che esige ricezione e risposta per il presente e per l’immediato futuro.

Gesù ha fatto la scelta della oralità della sapienza poetica e profetica non per conservare l’antico, ma per affrontare il presente con diretto e incisivo spirito di innovazione.

Infine, apprendere l’arte umoristica, dove l’umorismo è quella «sospensione dell’immediatezza» (Kierkegaard lo diceva dell’ironia) che ci consente di allungare lo sguardo oltre l’oggi (il «guardare più lontano» di Lord Baden-Powell).

Il sale della diversità

I bambini certe cose le capiscono al volo, mentre ai grandi bisogna spiegarle. I bambini sono artisti, o almeno sono artigiani. Fanno soprattutto quello che li appassiona, con gioia, nel gioco. Dovremmo educare i bambini per renderli adulti consapevoli, in grado di avere un pensiero critico e gli adulti renderli dei bambini capaci di meravigliarsi e di gioire?

Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te, perché gli altri potrebbero avere gusti diversi. Per questo occorre prendersi il tempo di ascoltare, e all’occorrenza capire, i gusti degli altri.

Le differenze non vanno semplicemente tollerate, sopportate. Vanno assaporate, gustate, godute, perché sono il gioioso sale della terra. Non bisogna avere fretta, bisogna prendersi tempo, per incontrare davvero l’altro, nella sua irripetibile particolarità.

Noi – dicono i viandanti – siamo figli del vento, non dell’orologio. Si cammina, consapevolmente o meno, con un desiderio. Per quanto ci si possa sforzare, il desiderio non sarà cancellato, perché è il senso più profondo di ogni istante, di ogni azione e di ogni pensiero.

Il desiderio è il cammino e il cammino riempie il desiderio che conduce al di là, alle sorgenti dell’amore.