Burkina Faso
Il paese degli uomini integri
Il Burkina Faso è un paese saheliano abitato da circa 18.500.000 abitanti, l’80% dei quali sono giovani. Senza sbocchi marittimi, è situato nel cuore dell’Africa dell’ovest e confina con il Mali a nord e a ovest, con il Niger a est, con il Benin, il Togo e il Ghana a sud, e con la Costa d’Avorio a sud-ovest. Il paese conta una sessantina di etnie. La più grande è quella dei Mossé, che rappresenta circa il 50% della popolazione. Nel Burkina Faso si parlano circa 120 dialetti. Il mooré (la lingua dei Mossé), il dioula e il fulfuldé sono dichiarate lingue nazionali; il francese è la lingua ufficiale. Indipendente dal 5 agosto 1960 con il nome di Alto Volta, viene ribattezzato Burkina Faso il 4 agosto 1984 durante la Rivoluzione del capitano Thomas Sankara. La parola Burkina Faso deriva dal mooré «burkindi» che significa integrità e «faso» che indica il termine Patria in lingua dioula. Burkina Faso significa quindi «Patria degli uomini integri». Gli abitanti del Burkina Faso vengono chiamati burkinabè (parola invariabile). Il suffisso «bè» significa abitanti in fulfuldé. La capitale del Burkina Faso è Ouagadougou, che conta circa 1.500.000 abitanti. La seconda città è Bobo-Dioulasso. I burkinabè sono principalmente musulmani o animisti (religioni ancestrali) o cristiani (cattolici e protestanti). Tutte queste confessioni coabitano in buona armonia, rispettandosi reciprocamente e spesso hanno dei luoghi per il dialogo interreligioso. Tra questi diversi gruppi non sono mai scoppiati dei conflitti aperti, e addirittura delle crisi sociopolitiche irrisolte da parte delle istituzioni repubblicane spesso vengono risolte dai leader religiosi e tradizionali.
«La parentela per scherzo», l’altro cemento della coesione sociale nel Burkina Faso
Nel Burkina Faso una pratica ancestrale trascende tutte le considerazioni religiose e sociali: la parentela per scherzo o «rakiré» in mooré e «sinankunya» in dioula. È una relazione amichevole tra etnie in forma scherzosa. Esiste anche nelle famiglie, tra cugini, nipoti e nonni. Le sue origini risalgono allo statuto di Kurukanfuga del 1235, cioè alla fondazione dell’impero del Mali. Secondo Marcel Griaule, «queste relazioni sono senza dubbio uno strumento per smorzare le tensioni tra etnie vicine o tra clan familiari». Il «sinankunya» non ha frontiere. Non lo fermano neanche le faccende serie o il lutto: al momento della sepoltura del generale Aboubacar Sangoulé Lamizana, di etnia San (chiamata anche samo) e presidente del Burkina Faso dal 1966 al 1980, la sua tomba è stata presa in ostaggio dai suoi parenti per scherzo di etnia Moaga. Le spoglie presidenziali sono state deposte nella sua ultima dimora dopo il pagamento di un riscatto. E per banalizzare la morte, i Mossé hanno innalzato il defunto nella sua nuova destinazione al rango di capo, incoronandolo con una zuccotto. Anche le religioni rivelate non sfuggono a questa forma di parentela. Il giornale le Faso.net riporta che sabato 10 giugno 2000, durante i funerali nazionali del cardinale Paul Ingranato, i San (Samo) hanno occupato la tomba del defunto, nella cattedrale di Ouagadougou, impedendo che il corpo venisse sepolto. Sulla questione, Alain Joseph Sissignora afferma: «Rispetto ad altri paesi africani dove i conflitti etnici causano migliaia di morti, la stabilità sociale è finora una realtà unanimemente accertata e riconosciuta in Burkina Faso. Più che all’azione politica, ciò è dovuto alla forza di istituzioni tradizionali come l’alleanza e la parentela per scherzo».
La situazione economica del Burkina Faso
Il paese degli uomini integri è in via di sviluppo. Resta sempre tra i 5 ultimi paesi al mondo, secondo la classifica del PNUD. Un boom minerario negli ultimi dieci anni ha provocato una crescita economica che purtroppo nonha coinvolto il livello di vita delle famiglie. L’industria è embrionale e l’attività economica in città è caratterizzata dal commercio e dallo sviluppo del settore informale. L’agricoltura è l’attività dominante, perché oltre l’80% della popolazione è rurale. Il cotone, «l’oro bianco», è il principale prodotto d’esportazione. La sua produzione è fortemente sostenuta dallo Stato attraverso la Société des Fibres et Textiles (SOFITEX). Il sesamo diventa sempre più la seconda coltivazione per redditività. Le coltivazioni alimentari si basano sull’agricoltura familiare, che produce mais, miglio, sorgo bianco, il sorgo rosso, il niébé (un tipo di legume) e l’arachide. L’allevamento fornisce al Burkina Faso il secondo prodotto d’esportazione, costituito da carni e cuoio… L’artigianato non è meno importante perché dà lavoro a molti giovani in città e rappresenta un’attività alternativa nell’ambiente rurale dopo la stagione delle piogge. Questo settore ha fortemente contribuito alla valorizzazione della tessitura del cotone, con la fabbricazione di abiti tradizionali chiamati «Faso danfani». Il turismo è poco sviluppato ma il paese dispone di siti turistici tra cui «le rovine di Loropeni», inserite nel patrimonio dell’UNESCO il 26 giugno 2009.
Thomas Sankara, un burkinabè figlio dell’Africa
Il 4 agosto 1983 il capitano Thomas Sankara, a 34 anni, diventa capo di Stato e instaura la Révolution Démocratique et Populaire (RDP). Attua delle riforme sociali e politiche. Il paese, che aveva un nome colonialista, diventa Burkina Faso. La consegna che era unità-lavoro-giustizia diventa «La patria o la morte, vinceremo» e l’inno nazionale, «il voltaico», viene sostituito con il dytanyè, che significa «canto della vittoria». Sankara instaura l’autorità dello Stato e introduce i valori civici e patriottici. Nei 4 anni in cui sta al potere raggiunge l’autosufficienza alimentare con il suo concetto «produciamo burkinabè, consumiamo burkinabè». Sankara riduce notevolmente le spese dello Stato, combatte la corruzione e licenzia i la
voratori recalcitranti. Vengono portate avanti vaste campagne di vaccinazione, grandi cantieri per la costruzione di alloggi, di asili per l’infanzia, di acquedotti e di scuole. Sul piano internazionale lotta contro l’imperialismo e si oppone apertamente al pagamento del debito estero, che definisce una contropartita del sangue degli africani versato nei campi di battaglia delle guerre occidentali. Alcune di queste misure creano un certo malcontento. La sera del 15 ottobre 1987 Thomas Sankara e 12 suoi officiali vengono assassinati durante una riunione. Questo crimine ha avvantaggiato un solo uomo: il capitano Blaise Compaoré, il suo migliore amico e compagno d’armi, che è rimasto al potere per 27 anni senza far luce sulla vicenda.
La situazione politica attuale
Blaise Compaoré è al potere dal 15 ottobre 1987. Dopo un ritorno all’ordine costituzionale normale nel 1991, ha conservato il potere grazie a delle modifiche costituzionali. Il suo ultimo mandato legale avrebbe dovuto terminare nel novembre 2015, perciò egli cercò di cambiare nuovamente la Costituzione. Ma con una società civile sempre più forte, una gioventù senza lavoro e un’opposizione politica bene organizzata, il progetto del presidente è stato fortemente contestato. Il progetto è stato trasmesso al parlamento, che avrebbe dovuto votarlo giovedì 30 ottobre 2014. Martedì 28 ottobre però è stato organizzato un meeting di protesta a Ouagadougou. Secondo gli osservatori, solo la visita del Papa ha mobilitato tanta gente in Africa, e i leader dell’opposizione hanno invitato il presidente Compaoré a ritirare il progetto di legge. Testardamente però il progetto di legge viene mantenuto. Il mattino del 30 ottobre i deputati hanno raggiunto un parlamento tenuto sotto stretta sorveglianza per il voto. Ma la determinazione della popolazione riesce a respingere le forze di sicurezza, e alle 10 il parlamento viene dato alle fiamme. Sotto la pressione popolare, il presidente Compaoré si è dimesso, lasciando il paese nella mattinata di venerdì 31 ottobre.
Dal novembre 2014 si sono insediate delle istituzioni transitorie che seguono un processo di transizione. Un civile, Michel Kafando, è stato nominato capo di Stato. Spetta a lui e al suo governo guidare il paese fino alle nuove elezioni presidenziali e legislative, organizzate per l’11 ottobre 2015.
Pierre Damien Farma (traduzione di Alessandro Bresolin)