La tradizione: consegna o assenza?
Festa dei Santi e dei defunti. I morti parlano, ma non dicono parole. Ti soffiano all’orecchio e non li vedi.
Anche Pietro Barcellona è partito, si è fermato sulla soglia della nuova dimora per ascoltare le nostre voci e le nostre preghiere e poi è scomparso dietro le siepi di un grande parco: nel controcorrente Giuseppe Stoppiglia ne raccoglie, con parole e con immagini, la sua voce e la sua anima.
Se sfoglio le pagine, incontro e accosto una parola abusata, trasformata in spada ed è compagna del nostro vivere, che ci chiede di procedere in avanti e non contro: tradizione; introduce Alberto Gaiani, con Tradizione, tradire, stare dentro, stare fuori, in cammino.
A proposito della tradizione, Luca Illetterati scrive una lunga lettera a un amico, dove racconta della consegna ai pagani del cristianesimo, che si contamina con le tradizioni locali, per radicarsi ulteriormente nella storia degli uomini.
Piero Stefani in La consegna di un deposito antico. Tradizione e religione sviluppa il tema della tradizione religiosa, un deposito consegnato al singolo da parte della Comunità.
Continua il monografico Guido Turus con Il tradizionale pomodoro italiano, che conferma i processi di contaminazione degli umani.
Chiude Francesco Minimo con Indovina chi viene a cena?, che non è la recensione del film del 1967 con Spencer Tracy e Katharine Hepburn, ma un dialogo la sera della vigilia di Natale. È un raccontino in forma di dialogo, forse un apologo. Siamo insomma nel campo della fiction. Perché questa scelta? Non saprei rispondere con esattezza, forse perché il tema era troppo vasto, profondo, contraddittorio e all’autore è risultato impossibile «dire la sua opinione». La fiction può sembrare oscura, ma forse la letteratura ci propone una chiarezza diversa.
Augusto Cavadi afferma che lo Stato di diritto apre l’età moderna, in cui la fedeltà al capo si trasforma in fedeltà civica alle leggi. Teoria non sempre rispettata dai contemporanei del Porcellum.
Paziente lettore, fermati e guarda dentro la vetrina dei libri, leggi i nomi, i pronomi e gli aggettivi; un avverbio, forse, dopo un’interiezione.
E qui mi fermo anch’io, come fa il contadino accanto alla sacra edicola del santo, a leggere la lettera che Pietro Barcellona scriveva a Giuseppe e agli amici di Macondo in occasione della festa nazionale del 2011.
Da una finestra del pianoterra, Giovannni Realdi mi chiama e mi mostra La prima della ultime colline, una lunga conversazione con uomini e donne che hanno fatto la Resistenza, affrontato la guerra civile.
Da Lomé Adzokékéli Nyagbe ci manda una scheda sul Togo.
Non so cosa troverete, ma sono ancora in attesa della rubrica di economia di Fabrizio Panebianco, che è partito con tutta la famiglia per Parigi, dove resterà qualche anno, per lavoro.
In memoria di Ernesto Balducci, nel ventunesimo anniversario della sua morte, pubblichiamo uno scritto di Benito Boschetto, che di padre Balducci è stato discepolo.
Segue la cronaca di Macondo e dintorni, che raccoglie cose vecchie e cose nuove, senza sorprese.
Chiude il servizio per immagini, dedicato al Laos, autore Paolo Arsie Pelanda, che ancora porti negli occhi.