Inter-esse

di Panebianco Fabrizio

Per ragionare in maniera efficace di politica e di economia, e di come i concetti vengono spesso confusi tra i due campi, occorre fare innanzitutto un’operazione di igiene linguistica: definire in maniera precisa i concetti che si usano per decifrare le scelte politiche ed economiche. Ho scelto di iniziare da ciò che viene considerato uno dei cardini delle scelte in entrambi i campi: l’interesse. Agire secondo un interesse può essere molto complesso, può nascondere molte sfaccettature. Interesse, inter-esse: essere tra. Tra persone, tra cose, tra tempi. Interesse è quindi una questione di come si intendono le relazioni tra persone, tra persone e cose, tra persone e tempo. Agire, quindi, avendo a cuore le relazioni. Ho fatto un piccolo esperimento, autoprodotto e senza pretese di scientificità: ho chiesto a qualche amico di dirmi la prima cosa che collegava alla parola «interesse». Nella maggior parte dei casi si è trattato di una risposta di argomento economico, in nessun caso era collegato all’essere interessati a qualcosa, interessati a qualcuno. Interesse è una percentuale. Prevale l’economico, quindi.

Economia e politica sull’interesse si scontrano. L’economia ha scelto, per ora, un approccio chiaro e restrittivo allo stesso tempo. Interesse è la quantità di denaro che premia la pazienza e il rischio di un investitore, premia la sua virtù e capacità. Il denaro segue il maggiore interesse che a sua volta va a premiare i progetti migliori, perché con maggiori possibilità di ritorno economico. Interesse tutto interno al ciclo produttivo e di scambio. Categoria precisa, che garantisce sicurezza di valutazione, un approdo certo, ma troppo stretto, non si adatta al ragionamento politico.

Inoltre l’interesse economico ha un limite forte: solo progetti che garantiscono un ritorno nel breve o medioàperiodo vengono finanziati, senza considerare le esternalità positive o negative che vengono riversate sulla comunità. Ecco, l’interesse politico si inserisce qui: inter-esse, tra economia e comunità. Un interesse però indefinito, dettato dal dibattito su cosa sia meglio per la comunità stessa, dibattito quindi senza soluzioni univoche. Da qui le reciproche accuse: l’economia (con i suoi tecnici) ha invaso la politica e l’ha inaridita non facendole cogliere le sfaccettature della realtà; l’economia ha finalmente portato in politica (nella «kasta») alcuni criteri per una valutazione certa delle politiche e dei politici. Da dove iniziare a parlarsi per evitare un circuito di accuse che sta purtroppo distruggendo il capitale di fiducia del nostro paese? Umiltà reciproca: la politica ha un disperato bisogno di chi la valuti, e ne valuti anche l’efficienza, per il bene di tutti. Una valutazione che ha bisogno di competenza e che non può essere delegata in maniera sbrigativa alla buona volontà dell’uomo comune, che non ha gli strumenti adeguati. Non ha però bisogno di chi pensa che riportare tutto solo alle regole economiche sia la soluzione. Occorrono personalità più «profetiche», che sappiamo guardare oltre, per cambiare paradigma. Personalità che purtroppo si tengono oggi troppo distanti dall’impegno civile perché ormai è luogo comune che chi si occupa della comunità, in fondo, ha sempre un suo interesse personale. La sfiducia in questa politica sta rendendo sempre più complicato il nostro risorgere.