Fare della scuola un luogo di cultura

di Comitato di Redazione

Giornate sfolgoranti di sole e giorni gravidi di pioggia a dirotto che rompe gli argini, travolge macchine e case e si porta via la vita nostra. Sono seduto al tavolo di studio e ascolto i resoconti drammatici e la pena delle promesse di un mondo sconquassato dalle parole.
Busso allo studio di Giuseppe; sta scrivendo il controcorrente: «Se la scuola vive tra gli steccati dell’ambiguità».
Non voglio disturbarlo e socchiudo.
Apro il bustone che il postino mi ha recapitato e leggo la scaletta del monografico: la scuola. Nel guscio trovo Il conflitto in classe di Giovanni Realdi che scrive: nell’apprendimento dobbiamo tornare a mettere al centro della scuola la relazione reale tra persone pensanti e senzienti.
Segue Barbara Mapelli in Le molte e i pochissimi (nella scuola) che scrive: la cura femminile non è solo naturale predisposizione al lavoro di cura, ma è anche una cultura.
Alessandra Catalani con Scuola e cultura nella terra dei vivi afferma che uno dei compiti della scuola è coltivare la speranza di futuro. Conclude il neo-diplomato Matteo Conte in Uno studente nella rosa dei venti, che citando don Bosco scrive: «Lo scopo della scuola dovrebbe essere la formazione culturale e personale dei futuri membri di una società attiva, l’educazione del buon cittadino».
Depongo il bustone del monografico, apro i grandi libri alla ricerca del nome di Dio: nella Torà (Gianpaolo Anderlini) il suo nome è «’Adonàj, ‘Elohìm, Signore Dio! che è misericordia e giustizia insieme». Nel Corano (Mohammed Khalid Rhazzali) è Dio il compassionevole, il misericordioso, attraverso il quale il fedele scopre la comunicazione, il linguaggio. Elide Siviero nel Nuovo Testamento ci consegna attraverso Gesù il nome di Dio che è Padre.
Mi apparto nell’angolo dei libri e leggo alcuni titoli; anche tu ci troverai dei saggi sul denaro, sulla crisi finanziaria e un libro di narrativa.
Adesso passiamo alle rubriche; non arrossire sullo slogan La patonza deve girare perché poi Heymat ci propone un escursus storico, filosofico, religioso sulla «generosità» amorosa.
Per il paese senza pace, che vive tra lampi di guerra e pirateria, Nino Sergi ci consegna in carte d’Africa la Somalia.
Riprende la rubrica di Alessandro Bruni crescere figli altrui che, in Accogliere è vivere sul confine, scrive che bisogna sradicare l’opinione che le famiglie adottive e affidatarie siano «famiglie speciali». Fabrizio Panebianco entra in un tema controverso, con una posizione ben chiara sul perché della scarsa credibilità dell’Italia da parte degli investitori «speculatori».
E veniamo a il piccolo principe di Egidio Cardini con Perché non possiamo perdere la speranza, dove descrive le condizioni di stallo e di possibile riscatto dell’Italia che galleggia e freme.
Conclude la cronaca del cronista stagionale e la voce delle immagini di Paolo Arsie, che vengono dalla Siria e dal Libano.