Un pensiero che non si lascia pensare
Bussano alla porta i miei morti. Non hanno ombrello e vestono abiti leggeri.
Giuseppe Stoppiglia apre le finestre di casa per accogliere l’aria purificatrice del monte sul controcorrente: perché i tempi sono cattivi e servono parole giuste, parole forti.
Uomini e donne, bambini e bambine affollano la porta stretta del cimitero. Portano i fiori sulle tombe. Un mano pia scopre la lapide di Simone.
Alberto Gaiani, Nel centenario della nascita di Simone Weil, apre il monografico: il riferimento culturale della Weil era la cultura greca, in ricerca di un pensiero sottomesso all’amore del mistero.
Mani amiche depongono sulla tomba quattro fiori e ciascuno porta un biglietto.
Pietro Barcellona, sul fiore rosso, scrive che è pura astrazione e mistificazione proclamare il diritto se poi la persona è privata del suo spazio vitale, che sono la società e la politica della sua origine.
Il fiore bianco di Enrico Letta commenta Il manifesto per la soppressione dei partiti politici di Simone, e ne propone una rilettura in chiave storica per una proposta contemporanea.
Il terzo fiore viene da Domenico Canciani: racconta della corrispondenza ideale tra l’industriale Adriano Olivetti e Simone Weil (già defunta), la volontà reciproca di umanizzare il lavoro.
L’ultimo fiore è azzurro, confezionato da Maria Antonietta Vito, e scrive dell’amicizia (in Simone Weil), vissuta come esperienza gratuita, tensione drammatica verso l’assoluto, in un momento tragico della storia dell’Europa.
Ora si leva il vento, solleva le foglie e accarezza i fogli di scritture a confronto, disposte su tre colonne. In prima colonna, Gianpaolo Anderlini scrive che Dio soltanto perdona le colpe che l’uomo ha commesso contro di Lui. E pone una domanda: «Dio non ha forse, Lui pure, da chiedere perdono?». In seconda, Mohammed Khalid Rhazzali scrive che la misericordia divina incontra la pietas dell’uomo, convergenza da cui procede il perdono, che è la modalità del rapporto fraterno tra gli uomini.
Sulla terza colonna, Elide Siviero scrive che Dio anticipa il nostro pentimento, e ci dà un cuore nuovo, col quale sappiamo anche noi perdonare.
Ora chiudi gli occhi, cambia la scena, c’è un cartello: Fabrizio Panebianco affronta la relazione tra Mercato e democrazia: una politica libera da legami di interesse personale serve allo sviluppo di un mercato più efficiente e umano.
Ricompare una pagina già nota un tempo: Tomas Morosinotto in biotecnologie propone un’ipotesi sostitutiva della produzione di energia da petrolio, attraverso le alghe.
Segue Fulvio Cortese che, nella rubrica dal diritto ai diritti, pone un domanda: «Chi e come riparare, mediante gli strumenti del diritto, le ferite, sia individuali sia collettive, che le vicende storiche del colonialismo, della schiavitù e dei genocidi lasciano ancor oggi aperte?»; la risposta è complessa. Vedere all’interno.
Chiude il paesaggio autunnale Egidio Cardini, tra le isole ìrann d’Irlanda, sotto il vento impetuoso di un dio che aleggia e scuote le acque e lo spirito indomito degli abitanti.
Conclude, con ricordi frammentari, la cronaca di Macondo e dintorni del cronista a freddo, sulla piastra delle caldarroste.
Le foto di questo numero aprono una finestra sulla Cina; nel monografico pubblichiamo alcune fotografie della vita di Simone Weil, commentate da opportune didascalie.