Cosa resta della nonviolenza?

di Comitato di Redazione

Quando sono tornato dalla Sicilia ho trovato la finestra a nord fuori dei gangheri: si era messa in controvento, sperando in un ipotetico controluce, che non avrà mai.
Come i capitoni d’autunno si insinuano nel flusso frontale verso il mare dei Sargassi, vola il controcorrente di Giuseppe Stoppiglia che in Noi, dentro lo sguardo dei nostri figli affronta il tema dell’aridità interiore, dell’asservimento ai mass media e del razzismo becero che minaccia anche l’infanzia.
Sono stato anche in Piemonte, dove ho visto i torrenti di Valle Pellice, il loro alveo distrutto dalla violenza delle acque, e ho rammentato quella subita nei secoli dai Valdesi e la loro resistenza, mentre sfoglio il monografico Cosa resta della nonviolenza?, che Daniele Lugli ha inviato sul mio schermo.
Per l’intervista a Pietro Pinna: Nonviolenza, dall’Italia un muro di indifferenza, Mao Valpiana scrive sul perché in Italia la «nonviolenza» non abbia attecchito, se non in forme prevalentemente culturali. Giuliano Pontara in Una diversa amministrazione dei conflitti, titolo che raccoglie solo l’incipit del testo, della nonviolenza descrive gli ambiti diversi in cui si esprime: nei conflitti non cruenti, nei processi educativi e nella ricerca scientifica. Infine, Giovanni (Nanni) Salio, in Contro il titolo della prevaricazione, espone e afferma che la nonviolenza è il varco, il passo di monte che dobbiamo attraversare per evitare la catastrofe.
Il confronto di scritture è come un’isola di pace, in cui le voci parlano sommesse in un dialogo sereno sul digiuno. Prende la penna il rabbino Adolfo Locci e analizza il digiuno a partire dalla Torà.
Patrizia Khadija Dal Monte, meditando sul Corano, scrive che il digiuno è preparazione alla manifestazione divina, purificazione, sollecitudine verso i poveri. Conclude la rubrica la signora Elide Siviero, che del digiuno cristiano scrive che non fa clamore, non mira a cambiare i connotati e coglie dell’uomo il limite, la mancanza e il peccato.
Ed entriamo nell’oasi delle rubriche.
Apro l’angolo delle letture, che ci offre tre libri interessanti, avvincenti: il primo a cura di Miguel Gotor, Aldo Moro, Lettere dalla prigionia, il secondo di Alberto Berrini, Le crisi finanziarie, con la postfazione di Giuseppe Stoppiglia e, infine, di Riccardo Petrella, Serge Latouche, Enrique Dussel, La sfida della decrescita. Il sistema economico sotto inchiesta.
In direzione esodi, Mario Bertin su Pellegrini in territori estremi scrive di Henrique e Alex, due uomini alla scoperta di sé dentro una natura non addomesticata, convinti che libertà e bellezza sono troppo grandi per lasciarsele sfuggire.
Ci abbeveriamo alla seconda oasi, dove Fulvio Cortese su Giustizia e politica: la tutela dei diritti tra Scilla e Cariddi pacatamente enuncia quale rapporto ci dovrebbe essere tra giudici e organi politici e per quale motivo i due «poteri» sono coinvolti in uno scontro sempre più acceso. Lo so, non è un argomento tranquillo, ma vi ho invitati al riparo dai venti, al pascolo dei dromedari.
Per l’economia, Fabrizio Panebianco ci descrive il significato della Crescita, ne illustra i difensori, ci propone la critica e si orienta verso un concetto di ricchezza multidimensionale.
Tenendo per mano il piccolo principe, Egidio Cardini entra in New York, La città senza domande, coi suoi matti, gli emigranti, le strade, le vie, i loro nomi e l’indimenticabile Louis Armstrong, sì, yeah! che ancora suona il sassofono con la sua voce rauca.
In itinerari, in viaggio verso il sud, Alessandro Bresolin scrive Panini, coca, acqua, birra, storia di un lungo inseguimento su treno tra la norma e la necessità, con fughe e rese non definitive.
E adesso, chi vuole può leggersi la cronaca perpendicolare. Ma non si può sfuggire alle foto di Marcello Selmo su Burkina Faso-Togo-Benin, commentate da Antonella Santacà.