Con due lanterne nel labirinto della relazione educativa
Perplesso, riflesso, confesso, complesso. Si parte da complesso. Che non è la banda all’improvviso e neppure di Edipo il complesso di Freud, è la complessità.
Ma prima passiamo da Giuseppe Stoppiglia che in Tra genitori e figli un difficile equilibrio affronta l’educazione dei figli protetti, trattenuti in grembo (è una metafora) e cresciuti sul terreno dell’individualismo, che li rende opachi e cinici.
Poi possiamo aprire il sipario sulla complessità.
Michele Visentin in L’educatore e l’imprevedibilità scrive che la comunicazione adulto-adolescente non si risolve in un rapporto cognitivo, razionale, ma sa accettare dell’altro l’irrazionale, l’imprevedibilità della vita, con pazienza e con umiltà.
Riccardo Tuggia in La decisione è la mappa nel labirinto della complessità afferma che l’umiltà di decidere scioglie i nodi, le paure e fa rinascere il sogno.
Maria Carla Bertolo in Complessità e comunicazione sociale indica gli scarti della comunicazione che passa dal linguaggio di mercato, che ha la funzione di vendere, a una comunicazione delle responsabilità sociali in campo educativo.
Guido Turus in Biodiversità: l’occhio complesso della natura scrive che la biodiversità mantiene l’equilibrio dell’ambiente, sostiene la sua complessità, garantisce la vita in generale, che a sua volta rallenta il disordine caotico.
Se altri vuole semplificare le cose, noi seguiamo le indicazioni del labirinto e apriamo la pagina di scritture a confronto che ha per tema la preghiera, dove per la Torà Adolfo Locci scrive che la preghiera può avere due prospettive, quella di «mettere in discussione» e la «intercessione» e sono due momenti non necessariamente contrapposti.
Per il Corano, Meriem Finti annota che secondo il profeta Muhammad il «rito di adorazione è il meglio di tutto ciò che Allah ha comandato».
Per il nuovo testamento don Gianandrea Di Donna dice che la preghiera nasce dal senso del limite e dal desiderio del trascendente.
Nelle scansie della libreria questa volta leggiamo due titoli: L’ospite inquietante di Umberto Galimberti e L’anima e il suo destino di Vito Mancuso, recensiti da Giovanni Realdi e da Alberto Gaiani.
E adesso mano alle rubriche.
Per esodi Mario Bertin in Lucciole segna che un messaggio di speranza viene dal mondo che si nutre di una fede nel trascendente, per la quale il nostro destino non è scritto per noi, ma da noi tutti uomini e donne che hanno il coraggio di cambiare.
Fulvio Cortese in Il diritto all’istruzione e la complessità come scelta consapevole, scrive che nella nostra Costituzione esiste una serie di disposizioni che salvaguardano la libertà di pensiero, l’accesso all’istruzione, la libertà di scelta e la tutela dei parametri di adeguamento sociale.
E veniamo al giovane Fabrizio Panebianco, che affronta il fenomeno dell’inflazione. Dopo averla definita come fenomeno di aumento persistente del livello generale dei prezzi, si chiede da che cosa sia causata e quali possano esserne gli effetti.
Per interculture, padre Arnaldo De Vidi, Sulle orme del profeta Gesù, invita a riflettere sui segni dei tempi (il mercato globale) e a confrontarli con la saggezza delle scritture.
Per la rubrica luoghi, Sara Deganello redige una pagina graffiante per: Milano 3 o della segregazione estetica e sugli abitanti annota che sono confinati in uno spazio da favola, dove entrano ed escono con le loro macchine schermate e quando talvolta si trovano con le ruote sgonfie (metafora) pensano che sia invidia di classe.
Si apposta il cronista in Macondo e dintorni con microspie e satellitari a raccogliere lo scorrere del tempo e gli attori, ma ahimè non lo ferma.
Conclude Davide Berri con le immagini dell’Uruguay.
E qui finisce la fatica dei settanta.