La diversità corre su frequenze compatibili

di Pinhas Yarona

Carissimo Giuseppe,

la ringrazio per la sua lettera; sono rimasta molto impressionata dalle sue parole.
Sono appena rientrata da Israele e spero di essere in tempo per scrivere alcune righe. Non mi è facile esprimermi con le parole, non solo perché lo sto facendo in una lingua che non è la mia, ma anche perché si tratta di un’esperienza profonda ed unica quella sperimentata al campo di Auronzo. Il ricordo mi ha seguito fino a casa, in Israele, dove ho raccontato delle attività di Macondo che hanno suscitato grande interesse.
Quando ho ricevuto la telefonata di Paola in cui mi invitava a partecipare al campo, ho acconsentito con entusiasmo, ma poi mi sono accorta che questo voleva dire rimandare il mio ritorno a casa. Mi consultai con mia madre, la quale con grande saggezza mi disse: “Vai, perché te ne potresti pentire”… non sapeva quanto sarebbe stato vero…
Pensavo di tenere la solita relazione, rispondere alle domande e tornarmene a casa. Si dice che le cose che non ci aspettiamo sono le più magiche, ed io per la prima volta ho sperimentato un momento alchimico, la trasformazione di un semplice incontro tra relatore e pubblico, parole dette e parole ascoltate, confronto israeliano-italiano-brasiliano, confronto cristiano-ebraico in un’atmosfera che esprimeva un tutt’uno. Non c’era né l’inizio né la fine, né la dualità delle cose ma soltanto il sentirsi in fondo tutti esseri umani che intraprendono lo stesso cammino…
Chi a piedi scalzi, chi meno, chi sceglie un sentiero, chi un altro per arrivare all’infinito ed allo stesso tempo a se stesso. Chi lascia spazio ad altre conoscenze ed esperienze e chi ne fa a meno.

La mia esperienza è quella di un’israelita in Italia già da quattro anni. Il mio entusiasmo iniziale era di vivere un’esperienza in un paese totalmente diverso dal mio, di cui ammiravo la cultura. Sono arrivata con una valigia e senza pregiudizi o grandi aspettative. Volevo utilizzare questo soggiorno per confrontarmi ed allo stesso tempo arricchirmi tramite l’incontro con una cultura ed una religione diverse dalla mia. Ho dovuto tante volte spiegare cosa vuol dire essere ebrea, affrontare pregiudizi sugli ebrei e giustificare la politica in Israele.
Così, per le persone non ero più Yarona, ma soprattutto “la israeliana di religione ebraica” e per la burocrazia una straniera che per di più sarebbe venuta in Italia per fare lavori saltuari. Ho scoperto che l’Italiano medio è molto gentile e simpatico, ma non si fida a far entrare uno straniero a casa sua. Il mio senso di esclusione è terminato quando ho conosciuto varie persone che facevano parte dell’organizzazione “Servas” il cui scopo è ampliare la conoscenza dei vari popoli tramite uno scambio di ospitalità. Finalmente ho iniziato ad ambientarmi anche grazie al lavoro.
Purtroppo da questa esperienza ho capito che con tutta la buona volontà nel sentirsi “un cittadino del mondo”, ci sia sempre qualcuno o qualcosa che ti farà capire che sei soltanto un ospite di passaggio. Paradossalmente alla fine di questo processo la tua identità di casa si accentua.
Poi è arrivato l’incontro con Macondo che mi ha fatto capire che ci sono tante altre persone che con tanta devozione stanno costruendo un ponte di amicizia, solidarietà e comunione per far sì che tutti noi possiamo vivere in un mondo di fratellanza e pace.
Vorrei unirmi a voi ed essere parte di tutto questo. Quanto simbolica e splendida fu l’esperienza della scalata di gruppo sulla montagna per poi riunirci la sera per ballare e cantare insieme fino a notte fonda. Mi è veramente dispiaciuto lasciare il campo prima della sua conclusione e quando ho salutato i partecipanti sentivo di aver conquistato nuovi amici che speravo di rivedere presto.
Senza aspettare un altro diluvio universale, vorrei vedere un arcobaleno composto dei colori che simbolizzino tutti i popoli in questa terra, distinti e uniti allo stesso tempo, che si rifletta sulla terra e risplenderà nel cielo.
Tacla (grazie) di tutto cuore, un caloroso shalom,
Yarona