Tra le vetrate della cattedrale
Caro lettore, cara lettrice,
non posso fare a meno di ricordare i sottotitoli del film di Drayer La passione di Giovanna d’Arco, in controluce, contro le vetrate di una cattedrale: proprio non si vedevano. Come questo controluce: perché l’articolo di Demarchi emerge da sé con la poesia che pervade la sua scrittura “nella terapia dell’imperfezione” per un uomo che è un essere fluttuante come il vento, deserto come i sentieri di montagna, tremante come il fiume della memoria.
Ormai è braccato. Spara. Ma che ci fa quello? E tu spara e mira giusto. Dov’è la verità, che cosa sia la verità, chi la può costruire e a partire da dove? Questo lo scopo di quanto Barbara Fabiani scrive sulla tragedia dell’Algeria; con angoscia e razionalità; con rabbia e grande misericordia; la coscienza di esserci anche noi dentro e non esserci.
No, mamma, mi ha accecato la vampa di fuoco, ma non è niente, passa. E sarebbe meglio a volte essere ciechi che vedere l’orrore. La voce di Ettore Masina racconta delle Madres e delle Abuelas (nonne) argentine che ancora cercano, tra l’indifferenza, l’astio e l’odio, nel buio del passato, non più le figlie, ma la loro immagine, perché morendo han consegnato tra le catene il frutto delle loro viscere. La pace non può essere senza giustizia; e l’amore senza la verità di una madre, di una nonna.
Che ci facevi bimbo mio sulla strada, perché non stai con mamma tua? E siamo nel villaggio planetario, dove c’è libera circolazione per tutti. Benito Boschetto da dentro il guscio ci scrive sulla globalizzazione, che poteva essere il luogo dell’incontro. Volto poliedrico, che assume sempre più i connotati della sfinge impassibile, che sacrifica il progresso alla crescita.
Il cacciatore con un bastone batteva sulla testa del cucciolo, mamma; ed aveva i tuoi occhi, piccolo mio. A fronte della paura che tutti ci coglie, Giuseppe Stoppiglia, ne Il viatico illusorio di un mito rassicurante, ci invita ad accogliere tutte le lacrime del mondo; esorcizza il sorriso del grande tentatore, e propone il superamento nel luogo dell’incontro, che è lo spazio dell’assoluto.
Vieni, ti porterò in alto, nel cielo; e troverò le lacrime per rubare la vista delle aquile, Nicuzzo mio. Ora il bimbo è disteso su di un lettino bianco; e sua madre cerca nelle bancarelle di periferia il carillon di legno e molle. Diego Baldo Sonda tenta in Alla fiera dell’est una lettura delle cause che hanno portato al degrado la città, le periferie, la campagna della grande terra di Russia, e dei paesi attorno.
Cosa risponderanno i medici alla povera madre che chiede solo un barlume per suo figlio? E pare che vogliano sparare anche al nord; e chi altri, bambino, sarà travolto?
Mamma, mamma, hai sentito? Quei bambini andavano in chiesa a pregare. Qualche mamma teneva il suo bimbo nascosto nel grembo, ad Acteal. Fulvia Callegaro nella sua intervista a Rosario Bautist, pedagogista, ci racconta del lavoro paziente di un gruppo di lavoro, per recuperare alla vita chi si è trovato nella fornace di Acteal, nel fuoco di fila di un odio insensato.
Il nostro direttore, Francesco Monini, da questo numero dà la carica con il suo diario minimo. Come Tex Willer, solitario e temerario, esercita il dubbio… Perché i buoni non sono sempre quelli dalla nostra parte…
Le cronache dicono che forse si salverà; lo desiderano, lo vogliono. Ma allora perché si riempiono ancora le cronache di tante disastri? – si chiede il cronista distorto tra le righe di Macondo e dintorni.
Le parole di Chiara non sono i titoli di coda; forse la storia che si fissa attorno all’immagine; e dice parole che solo il tuo cuore sa scrivere, amico lettore, amica lettrice.