Macondo e dintorni
21 novembre 1997 – Pove del Grappa. Ho ricevuto per vie traverse una nota sulla cronaca del numero 27. Ahimé! È pur vero: Santa Maria di Leuca non è in provincia di Brindisi; ma chiedo umilmente di non sottopormi all’apprendimento di una scienza che ha da sempre travalicato le mie competenze.
Padova – Giuseppe Stoppiglia naviga in quel di Albignasego. Alle 20.30 assieme ad un gruppo di giovani parla della Testimonianza, importante purché non diventi modello unico, ma perché ciascuno vada oltre, per inventare il suo modo di essere e di essere per. La testimonianza è avvincente nella misura che indica gli spazi della creatività, che non è autosoddisfazione, o sublimazione erotica, ma ritrovamento della reciprocità come dimensione dell’essere, e dunque inutilmente gratuita.
22 novembre 1997 – Vicenza. Giuseppe si incontra con i Capi Scauts per una veglia attorno alla figura di “Gesù Maestro”. Tema difficile, anche quando fa freddo, ed hai davanti centoventi persone, che vogliono comprendere il loro ruolo di animatori e maestri; di persone che diano spazio al bisogno dell’altro ed alle sue capacità, senza cadere nel compiacimento degli indici di gradimento.
23 novembre 1997 – Correggioverde (Mantova). Si riunisce la Segreteria di Macondo alle ore 10.30 del mattino. All’ordine del giorno: il coordinamento di Macondo a Vicenza; i lavori della commissione interculturale; la commissione della formazione.
Sul primo punto: si nota una partecipazione responsabile, perché chi ci lavora sente il bisogno di trovare in Macondo non tanto delle risposte, ma un confronto ed uno stimolo alla riflessione non astratta. L’entusiasmo non nasce più solo dal patos temporale, occasionale di fare qualcosa di simpatico, ma dalla necessità di essere presenti in un tessuto sociale che ci appartiene e si arricchisce e si lacera assieme a noi.
Sulla commissione interculturale parla Giampaolo Zulian, che indica alcuni punti fermi sulla preparazione all’impatto coi paesi stranieri: corsi di portoghese per la conoscenza della lingua; investimento economico per i giovani che intendono fare esperienza all’estero; apertura al Messico e ad altri paesi dell’America latina (in proposito: compaiono su Madrugada i nominativi di quanti preparano al viaggio in Chiapas); utilità della casa di Rio e interrogativo di cosa si possa fare alla scadenza del contratto della casa in Grajaù; inoltre una giornata piena (29 marzo 1998) dedicata a quanti viaggiano nel 1998 in America Latina per discutere su motivazioni e obiettivi; e ricevere informazioni e indicazioni.
Per la commissione formazione parla Gianni Pedrazzini. Si deve mantenere alto l’obiettivo di Macondo: e dunque non una formazione di leaders ma di persone che si sentano soggetti attivi nella società; sul parametro dell’incontro e non della competizione; senza voler dare risposte definitive, ma solo accendere delle sensibilità, per rispondere a dei bisogni reali, senza sostituire o sostituirsi. Si faranno due campi: uno di primo accostamento per ragazzi dai 18 ai 20 anni; il secondo che può essere aperto anche a persone che non hanno partecipato al primo per un’età dai 21 ai 30 anni. La formazione non può divenire una consuetudine organizzativa, anche se negli ultimi anni ha uno spazio superiore alla preparazione viaggi; d’altra parte ci si è accorti di un bisogno esistenziale al confronto e allo scambio.
Sul tavolo di cucina fumavano i tortelli, eran caldi, eran buoni, eran belli. A parte il vino rosso che gorgogliava nel gargatozzo. L’acqua umile e pudica stava in disparte. Sospiri e pianti dei tempi antichi quando gli uomini mangiavano molto e bene e non si ingozzavano con pane semicrudo o popcorn, spumiglie e spumantini; cioè mangiavano e ci avevano sempre fame, perché rispettavano le vigilie.
25 novembre 1997 – Genova. Giuseppe incontra i familiari e un gruppo di amici di padre Mauro che lavora in Argentina. La loro attività consiste nel tenere acceso un rapporto reciproco di scambio; perché non si spenga la speranza di costruire la giustizia in un mondo che si fa mettere le bretelle solo dai parametri del fondo monetario. Un tempo si diceva che l’uomo è animale politico; ora invece sarebbe un robot economico, che piange e ride a comando. Alla tavola c’era la mamma di padre Mauro, che offriva all’ospite il cibo quasi fosse suo figlio. Con la stessa attenzione, con la medesima nostalgia.
27 novembre 1997 – Vittorio Veneto. Ruggero da Ross organizza un incontro sulla globalizzazione. La relazione è tenuta da Giuseppe, il quale affronta il tema dello sviluppo, che si trasforma nel rapporto discendente tra Nord e Sud del mondo, verso l’inferno. Uno sviluppo che non rispetta gli spazi reciproci e le reciproche ricchezze, privilegia alcuni a detrimento della maggioranza. Per questo i paesi potenzialmente ricchi, avanzano nelle tenebre della miserie e della disperazione. Signori fate il vostro gioco. Les jeux sont faits.
28 novembre 1997 – Pove del Grappa (Vicenza). Il gruppo giovani Valbrenta si incontra per fare il punto della situazione. Quando i figli crescono le mamme sono contente, ma brontolano quanto devono comprare nuovi abiti ai loro figli che non possono più indossare i pantaloni corti. La cosa può succedere anche ai gruppi che si ispira a Macondo; perché Macondo non è polvere magica; non è formula definitiva; e ciascuno vive la sua vita; che è a gomito con lo strepito dei clacson, e con la fragranza di un foulard azzurro di giovane donna; con lo smottamento del terriccio sulla casa che abiti ed il naufragio degli albanesi o dei curdi o dell’ultimo popolo che porta disperazione e non puoi spedirlo in cartolina con affrancatura al destinatario. Per questo il gruppo dopo le risposte affettive, cosa naturale che cerchi le risposte alle domande che ancora non conosce; ed allora sono gatti da pelare, traduceva l’interprete da quella boccaccia senza limiti.
1 dicembre 1997 – Reggio Emilia. Torna dal Brasile dopo dieci anni di attività pastorale padre Umberto Scalabrini. Ha lavorato a Rio Branco città di frontiera vicina alla Bolivia. Per un periodo ha seguito la formazioni dei novizi; poi ha svolto l’attività pastorale in periferia di Rio Branco; il suo pensiero fisso era di fondare un monastero, una casa di preghiera. Umberto è un mistico, che può svegliarti di notte per farti ammirare nel cielo: “Guarda la luna quanto è vicina”, e scomparire. Molti sono stati suoi ospiti; ora vive nel convento del santuario della Madonna della Ghiara a Reggio Emilia per lavorare, pregare, riposare ed attendere. Bentornato!
Comacchio – In un vecchio santuario confinato tra le paludi alle prime luci dell’alba, tanti anni fa, tra i rumori della guerra si univano in matrimonio Berto e Doranda. Poveri come gli abitanti di Rio Branco, che un cronista intemperante ha scoperto non tra i suoi manuali di carta, ma nelle stive di una barca romana alla deriva, ma l’amore no!
3 dicembre 1997 – Venezia. Giuseppe parte per Rio de Janeiro. Si ferma nella casa di Grajaù nei giorni 5 e 6 dicembre, accolto da una Maria splendente e fascinosa, per l’incontro con i referenti in Brasile. Sono quasi tutti brasiliani e provengono da molti stati del Paese; sono almeno quindici; ed è ormai improprio chiamarli referenti, perché anch’essi sono nello spirito di Macondo; che è quello dello scambio e della condivisione. Coordinatore del gruppo è stato scelto Cardoso Junior Leonidas, che subentra al prestigioso Salvino Medeiro, che attualmente opera nel settore dei diritti umani. Leonidas è un generoso, e ben conosce Rio, il Brasile, la sua storia, e gli uomini.
I brasiliani hanno deciso di ritrovarsi, e di continuare tra loro lo scambio; hanno chiesto alla redazione di Madrugada di pubblicare almeno un articolo in lingua portoghese, per facilitare la comunicazione Italia e Brasile, ed il passaggio di informazioni. Su questa linea si è sviluppata la relazione di Salvino Medeiros, il coordinatore uscente, che ha concluso proponendo un piano di scambio di esperienze di sviluppo umano in Brasile che abbiano incidenza positiva nel tessuto sociale, ma sono purtroppo poco conosciute.
Poi Giuseppe è partito per l’Argentina per attivare un nuovo centro di riferimento; si è incontrato con la sorella maggiore, suor Giuseppina, vicaria delle Serve di Maria da circa un mese; A Cordoba ha potuto conversare con padre Mauro (il suo nome compare nella cronaca) una vecchia amicizia, che ha avuto l’opportunità di rivedere. Ha fatto uno scalo anche a Montevideo dove mirava di incontrare lo scrittore di fama mondiale, che denuncia il rapporto di rapina dell’Occidente sul Sud, Eduardo Galeano, che purtroppo attualmente non gode perfetta salute, ed ha bisogno di limitare la sua attività.
18 dicembre 1997 – Loreggia (Padova). Giuseppe si incontra al Centro Culturale Cittadino sul tema: Quali risposte oggi ai bisogni di cultura. È presente solo lo staff; il tema è complesso già nel titolo; ma bando alle chiacchiere se per cultura si intende la sedimentazione e la traduzione dei valori, è chiaro che le risposte sono quelle che preparano un uomo capace di ascoltare e di affrontare assieme con gli altri il grande interrogativo (che non è cultura astratta); e non contro gli altri in nome di leggi inderogabili, immutabili o di un buonsenso consunto. Insomma il mondo non è alla deriva; e le catastrofi sono dietro l’angolo delle sicurezze inconfutabili; ma la tenerezza,
19 dicembre 1997 – Gianni Azzali viene ricoverato d’urgenza all’ospedale di Parma in istato di coma. Le sue condizioni sono molto gravi. Si tema addirittura della sua vita. Siamo tutti frastornati, abbattuti; ma con la speranza che nella partita che si gioca con il cavaliere dell’Apocalisse Gianni ritrovi la mossa giusta, lo scacco della sorte.
Vicenza – Nello stesso giorno Giuseppe parla al Direttivo della FIST sul tema: Per quale giustizia?; forse nella sua mente ricompare spesso l’immagine di Gianni, che da anni lavora tra gli edili assieme agli Africani, tentando insieme con loro di rendere la vita più umana; poi Giuseppe riprende il filo che lo porta oltre il corporativismo in cui può cadere ogni categoria sindacale, quando dimentica gli orizzonti, e si perde dietro gli odori di cucina; e non trova più la via d’uscita fino a che non compare Arianna, col filo e gli amori folli di fuoco.
21 dicembre 1997 – Abano Terme (Padova). Nel grande albergo Mediterraneo (che poi non sarà forse il vero nome) il gruppo giovani di Macondo si ritrova assieme al dottor Fruttuoso per prepararsi al Natale. Nella casa della sede provvisoria don Gianni ha preparato l’albero ed presepio sulla credenza di casa; erano quarant’anni che non lo facevo; l’ultimo che voleva essere una ricostruzione dei luoghi dove era nato Gesù, fu un vero fallimento. Pensare al Natale significa pensare alla sorgente della vita, che non è il cielo; che anzi il cielo nasce in terra; è ripensare che questa carne, la nostra che nasce, non si riproduce, ma nasce di nuovo; e dunque è forza insieme ed è tenerezza; è resistenza, ma insieme invadenza inerme; insomma il simbolo della vita è un bambino, una bambina in braccio a sua madre, a suo padre; e tutti fan festa, e c’è un gran da fare.
22 dicembre 1997 – Pezzoli di Villa Dose (Rovigo). Giuseppe e Gaetano parlano sul tema I bambini del mondo a Natale. Che strano effetto parlarne prima e scriverne dopo, quando ormai è rimasta accesa solo l’ultima stella di Natale nello stretto androne di via Dimenticanza. Il pubblico che ascolta è vario; c’è anche il responsabile di un’associazione che cerca di organizzare le famiglie del paese per ospitare i ragazzi di Chernobyl.
Giuseppe parla del fenomeno dei meninos de rua; della loro spinta alla libertà ed alla vita; e di una società che è incapace di accoglierli; un po’ come successe a Giuseppe e Maria, che nessuno li voleva; ma in modo più tragico: una vita che si spegne sul nascere. Il mondo dei bambini brasiliani può fare paura – dirà Farinelli – perché è fuori dei nostri canoni; con essi noi non riusciremo ad entrare in contatto, perché essi sono poveri per necessità; noi al massimo per scelta.
23 dicembre 1997 – Piovene Rocchette (Vicenza). Giuseppe si incontra con alcune coppie per parlare di una morale che nasca dal rapporto e non dai modelli; che rispetti la corporeità per tenere alti i valori della persona. Siamo in casa di Laura e Remigio, che hanno appena adottato un ragazzo e la loro vita è cambiata: si trovano infatti a rispondere ai bisogni di una persona che ogni giorno imparano a conoscere; ed il linguaggio dell’uomo è complesso; il compito dell’uomo (se si può parlare di compito, senza cadere nel moralismo) è quello di rispondere a dei bisogni, e non a ideologie senza fondo. Attenti ai segni; e sono tanti, ma saperli cogliere non è facile, perché il linguaggio è complesso. C’è anche la metafora, e la litote e la somatostatina.
Natale 1997. E poi è Natale, e niente fa cronaca; solo la neve e le buone azioni e i dolci sorrisi; ma tutti sono buoni, e in tutti i presepi c’è la neve; e vendono le maschere per i dolci sorrisi, che non incantano neppure i bambini al di sotto degli undici mesi.
9 gennaio 1998 – Abano Terme (Padova). Funerale di Federico Bego, padre di Fabio. C’è tanta gente, che lo ha conosciuto in vita, e lo ha tanto amato nella sua attività sociale; un uomo dalla personalità forte, che la morte ci porta via. Giuseppe nella sua omelia ha raccontato della sua vita, che i vecchi amici hanno ascoltato con nostalgia.
10 gennaio 1998 – Valsanzibio (Padova). La sera era bella, la località dolce come le ballate del Petrarca. Tutto era tenue, tranne le strade quando non le trovi e non c’è nebbia, che allora un motivo ce l’hai. Poi come nelle favole ti vedi una gran luce: la stalla, cioè la casa; e sei arrivato alla festa; non hanno ancora ammazzato i maiali; forse solo le anatre e i tacchini. Nella sala canta il pianista con la sua tastiera. Carlo compie trent’anni. Carlo non farlo; e Carlo racconta di amici indimenticabili; e gli amici gli fanno bordone e ritornello; prende la parola anche Gaetano, e gli scivola tra le dita il filo e la voce. Giuseppe li trattiene più a lungo, puledra scalpitante, che non conosce il morso. E la festa si raccoglie, si contrae, e ascolta di amori e di sfide; di ansie, picchetti e picchiettii. Di sensi e divieti. E riprende il chiacchiericcio; e si brinda ai trent’anni ed a chi già se li butta dietro le spalle.
15 gennaio 1998 – San Martino di Lupari (Padova). Un gruppo di giovani invita Giuseppe sul tema: Testimoni o Protagonisti; forse è il dilemma dell’educatore. Quando si sfornano uomini forma, impomatati e presuntuosi, odorosi di smalto, ma non di mosto selvatico, forse una riflessione sulla formazione che parte dall’essere può fare bene, può suonare male. All’incontro sono presenti ben duecento giovani, che seguono ed intervengono con passione (linguaggio non stereotipo da convegno).
17 gennaio 1998 – Schio (Vicenza). Paola e Marco hanno riunito in un locale della parrocchia un gruppo di giovani e ragazze, ci sono pure alcune coppie. Quali riferimenti culturali abbiamo in questa nostra società?: su questo tema si muove Giuseppe, sfuggendo al rischio accademico, per leggere nel tempo e nelle attività; nelle strutture e nelle intenzioni il terreno fertile e accidentato del Veneto dolce e amaro; spontaneo e reticente; laborioso e permaloso. Vivo, espansivo e sospettoso. A cercare e a scoprire punti e valori in una società che cambia troppo in fretta assieme ai riferimenti culturali.
19 gennaio 1998 – Ancora Schio (Vicenza). Il ritorno. Alla “Zattera Blu” i soci della cooperativa sociale invita Stoppiglia a riflettere assieme sui valori su cui rifondare la loro attività sociale, nell’impatto con il territorio, ed ai problemi di chi si trova in difficoltà. È un modo serio di affondare nello spazio del bene, senza dare troppo conto al buon senso, ed alle buone intenzioni. La tensione è forte: parlano, discutono, avanzano, si ritirano, prorompono, assestano colpi alle reticenze, smantellano e costruiscono. E fuori corre il tempo dell’interiorità oltre la linea dinamica della Ferrari. E la politica si trasforma in luogo non violento in cui accampare attività di assistenza che non siano sostitutive della dialettica sociale, e delle ipocrisie.
23 gennaio 1998 – Pesaro. Nasce ad Ancona Silvia, figlia di Patrizia e di Tonino Bori; è il quarto figlio che nasce nella famiglia e porta felicità e sollievo.
24 gennaio 1998 – Bassano del Grappa (Vicenza). I responsabili della San Martinho Andrea e Andrea assieme a Loris e Marzia organizzano un incontro al centro giovanile tra i padrini, le madrine e Sandro Longo in visita in Italia, per rivedere il suo paese e sua madre. Sono ben cinquanta i presenti, ed è con trepida curiosità che i presenti ascoltano i racconti di vita, le notizie riguardanti i loro bambini e bambini. Non sempre le notizie sono allegre; ma ben definite, immediate. Alla fine della serata consumiamo in fraternità alcuni dolci che la Marzia ci ha preparato, accompagnate da un buon bicchiere.
25 gennaio 1998 – Modena. L’invito è da parte del gruppo Macondo, per riformulare gli obiettivi ed i percorsi associativi e politici per il 1998 L’incontro è stato preparato da Giorgio Genesini; sono presenti pure le suore di Rocca santa Maria, che sono riferimento costante per il gruppo.
29 gennaio 1998 – Pove del Grappa, sede nazionale. Visita veloce di Roberto dos Santos in Italia; fondatore assieme a suor Adima della San Martinho. È passato anche per Bassano sul ponte degli alpini; abbiamo visitato Vicenza fuori del teatro Olimpico; dentro la Basilica Palladiana; e c’era freddo: ed era calda la cioccolata sorbita dentro un bar ricco e scialbo. Bella la tela con il battesimo del Bellini. E il custode che vendeva le cartoline, convincente. Abbiamo parlato della san Martino, e di cosa si può fare.
31 gennaio 1998 – Montecchio Maggiore (Vicenza). Nella chiesa di San Pietro Alessandra e Paolo Tecchio contraggono matrimonio. Cantano i ragazzi del coro. Gli amici gridano evviva!! I parenti guardano con occhi commossi. Qualche ragazza invidia il velo della sposa. Vola radente il soffitto un barbagianni spaventato. E fuggono i topi. L’amore non è per caso; il sentimento non è debolezza; ed il matrimonio non è un cruccio ma un impegno gioioso di speranza.
Agrigento – Dopo la celebrazione del matrimonio Giuseppe parte per la Sicilia verso la piana dei templi, inondata dalle giovani spose con il velo bianco, che scendono lungo i fianchi del monte. È andato alla parrocchia di don Angelo Capitani, che aveva preparato un incontro coi suoi parrocchiani; rivolto ai giovani in particolare. Il tema è quello della Violenza e della resistenza in Chiapas da parte delle popolazioni indigene. Lotta dura, e poco riconosciuta, anche se attorno si è costituito un cerchio di solidarietà. Assieme a Giuseppe c’era anche Juan che in ispagnolo accompagnato dalla traduzione libera di Giuseppe ha raccontato di un’esperienza appassionata, affascinante e tragica. La chiesa era colma di popolo che aspettava gli oratori. Giuseppe poi è rientrato la domenica subito, stanco e fuso (mi riferisco alla Opel, che non ce l’ha fatta a sopportare l’onta di essere preferita all’aereo, e si è fusa sulla strada Verona-Dueville). Anche le cose hanno un’anima.
4 febbraio 1998 – Bologna. Il Centro di Documentazione del Manifesto pacifista internazionale di Bologna in collaborazione con il comune di Bologna ha organizzato un ciclo di conferenze da novembre ad aprile sul tema Il seme della pace, all’interno del quale Giuseppe ha tenuto una conferenza al teatro San Martino. Forse ad aprire il seme schiuso porterà frutto; anche se Clinton e Saddam si ostinano a produrre guerra. La pace è una meta, ma è pure un percorso che si intraprende; sul quale gli ostacoli sono anche le buone intenzioni e le paure; oltre alle politiche di forza e le economie degli armamenti.
5 febbraio 1998 – Castel Bolognese (Ravenna). Giuseppe incontra un gruppo giovani guidato da Giuseppe Sarnesi sul tema: Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno la primavera. Circa quaranta le presenze. Sarà anche il tema della festa nazionale, ma non è stata un prova generale; ed intanto avanza la primavera.
Stessa giornata e luogo, Lidia e Umberto Malavolti raccolgono alcune famiglie di amici attorno a Giuseppe, per rivisitare le fratture del passato, le svolte; e insinuarsi nella interiorità per recuperare il linguaggio del senso; e le mille spore che dentro si sono inabissate e aspettano il raggio o la goccia di pioggia che batta e marcisca assieme al seme. È un cammino appassionante; che pare volgere a ritroso ed è solo la pazienza di aspettare lungo la sponda del fiume la trota, il salmone, il filo d’erba e il tronco di abete.
7 febbraio 1998 – Parma. Il freddo ha ceduto. Gianni Azzali è partito piano, piano; d’improvviso, nella notte; nel momento in cui si realizzano i sogni. Partito per un lungo viaggio. Non ci sono farfalle, e neppure fiocchi di neve. Cede il ghiaccio e il terreno di fango sotto i nostri piedi incerti, per vedere fino all’ultimo se è vero; e dove ci conduce. La gioia di Gianni nasceva dal rapporto. Nella chiesa del buon Pastore a Parma ci siamo congedati da lui, dal suo largo sorriso, giunti da tutti i paesi della penisola; fermi in un punto, per poi disperderci, ma senza dimenticare la sua presenza. Nell’omelia Stoppiglia raccontava; e i presenti quasi inseguendo la memoria di Gianni sospiravano e piangevano. In strada gli africani che lui seguiva hanno espresso il loro dolore; come nella chiesa l’associazione dei “Bambini dagli occhi di sole”, in lui lavorava. Avevamo creduto che riprendesse con noi la strada; non ce l’ha fatta. E noi siamo rimasti più soli sotto il sole.
9 febbraio 1998 – Cattolica (Rimini). La parrocchia dei Santi Apollinare e Pio Quinto invitano Giuseppe sul tema Nuove Resistenze: Chiapas e America Latina. Scommetto che anche i miei ultimi lettori sarebbero entusiasti ad affrontare un tema così suggestivo; in cui la rivoluzione diventa resistenza attorno all’argine dell’uomo; che come un seme si schiude lontano, perché lontana e fertile sarà la semina.
Da Cattolica poi Stoppiglia si sposta via terra a San Giovanni in Marignano nella chiesa di Santa Maria invitato a parlare della globalizzazione; un viaggio dunque attraverso le plaghe dell’informatica e dell’economia; pieno di miraggi e di rigidità; di promesse e di reticenze; ma si possono scegliere gli amici di viaggio; e allora puoi cambiare se non il senso il ritmo; e lo batte il tempo, uno sprovveduto che si chiama povero. Era ospite presso don Piero Battistini;, assieme al quale hanno visitato don Pino Ricci, che ha festeggiato la loro presenza suonando al piano Chopin, Beetoven.
10 febbraio 1998 – Riccione. Nella Parrocchia di san Lorenzo don Tarcisio Giungi accoglie Giuseppe, che si espone sul tema: Rapporti Nord e Sud. Gli ascoltatori attenti; i giovani interessati.
12 febbraio 1998 – Pove del Grappa (Vicenza). Il gruppo giovani organizza una serata assieme ai promotori della Banca Etica. Vivace la presentazione dei due relatori; che a tratti accennano a qualche pezzo di drammatizzazione. Sapere dove vanno i nostri soldi, come vengono spesi dalle banche, quali possibilità abbiamo per essere soggetti attivi coi nostri risparmi e quale risorsa può rappresentare per il povero alla ricerca di autonomia un prestito a costo basso, senza la pressione della sfiducia e dell’usura.
15 febbraio 1998 – Siena. Egidio Grande prepara un incontro cui sono invitati anche amici dal Veneto. Intervengono Angelica Chiavacci, impegnata in un progetto di educazione a San Paolo del Brasile, Elisa Malagoni di Amnesty International e Giuseppe Stoppiglia. Raccontano di storie drammatiche e speranze non sopite. Dal tema Bambini di strada in Brasile, si passa naturalmente alle disparità economiche, al bisogno di giustizia che riqualifichi il valore della persona ed alla funzione educativa per ragazzi e giovani dell’attenzione all’altro. La presenza al dibattito è soddisfacente.
16 febbraio 1998 – Abano Terme (Padova). Presso il Centro Ricreativo inizia un ciclo di conferenze organizzato dal gruppo di Padova, che ha come referente la Monica Lazzaretto. In prima serata parlerà Giuseppe sull’emergenza Chiapas: diritto alla resistenza. Una resistenza non passiva, che nasce dalla coscienza consolidata di essere uomini, e di aver diritto pieno alla vita secondo i propri valori. Interviene anche il messicano Juan, che ribatte in maniera forte il diritto degli indios alla loro identità. Sono presenti ben ottanta persone, senza contare le ombre di quanti ci amano.