Sul cammino dei senza terra verso la Terra “Promessa”
La cronaca
A Eldorado (ironia del nome!) dos Carajás, nello Stato amazzonico del Parà, in Brasile, il 17 aprile scorso la polizia militare apriva il fuoco contro 1.500 contadini del Movimento dei Senza Terra (MST), che avevano bloccato una strada per forzare il governo a mettere a disposizione degli autobus con cui sarebbero andati a Marabà per partecipare a un incontro col sovrintendente dell’Istituto Nazionale per la Colonizzazione e la Riforma Agraria (INCRA). Si trattava di ottenere l’esproprio e la conseguente assegnazione di terre della Fazenda Abacaxeira, in cui si erano accampati.
Secondo i resoconti ufficiali i morti sono stati 19. Rappresentanti del MST sostengono che sono almeno 26 e che un centinaio di persone (molte donne e bambini tra loro) sono scomparse. “Tutto fa pensare – afferma un frate cappuccino, Dilson Santiago – che la polizia militare abbia ucciso molte più persone, che i corpi siano poi stati buttati nei tanti fiumi e fiumiciattoli della regione e che quindi non verranno mai trovati”. L’autopsia dei corpi delle vittime, inoltre, avrebbe confermato che si è trattato di una vera e propria esecuzione. Almeno dieci cadaveri, infatti, presentavano fori di pallottola sulla nuca.
Indietro nel tempo
Ci si chiederà: ma capitano ancora cose simili nel Brasile moderno? La Commissione Pastorale della Terra (CPT) ha recensito 13 stragi di questo tipo nel solo Stato del Parà nell’ultimo decennio, per un totale di 83 persone uccise. Tra gli altri, il massacro del 29 dicembre 1987 a Serra Pelada (Paraupebas) ha fatto 30 vittime. È ancora vivo nella memoria il massacro di Corumbiara (in Rondonia) del 10 agosto dell’anno scorso, con 11 morti. Dal 1986 in poi, in 33 stragi di contadini sono stati contati 197 morti (ma il numero complessivo dei morti sale a 942 – così ha registrato la CPT – se ai contadini si aggiungono avvocati, leader sindacali e religiosi e altri professionisti legati alla lotta per la terra).
In Brasile naturalmente vivissime sono state le reazioni dell’opinione pubblica attraverso i giornali e la televisione (mentre in Italia il fatto è stato pressoché ignorato dalla grande stampa: a ciascuno i propri guai!). Milioni di persone commosse hanno seguito in diretta televisiva la veglia funebre dei 19 contadini massacrati dalla polizia militare nel Parà. Ai funerali, svoltisi il 20 aprile a Curianópolis, ha partecipato anche il vescovo di Marabà, dom José Vieira de Lima, a nome della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile. Ha officiato il gesuita italiano Luigi Muraro che, poco prima della strage, aveva celebrato una messa per i contadini. “Invece di aprire una trattativa – ha riferito – i poliziotti hanno sparato in aria e lanciato lacrimogeni. I contadini hanno reagito scagliando pietre e i poliziotti hanno risposto sparando con i mitra nel mucchio, poi hanno inseguito quelli che fuggivano nella foresta, uccidendoli” (SIAL 5/1996, n.165).
All’origine dei fatti:
contesto e significato
Per inquadrare i fatti nel loro contesto immediato (lotta per la terra, in seguito alla mancata realizzazione della riforma agraria) e in quello più generale (situazione socioeconomica e politica dell’intero Brasile… e non solo), permettendone così una più attenta valutazione critica, citerò due testi dall’abbondante documentazione apparsa sul già citato SIAL, 5/1996 (cfr. pure il mensile AMANECER 5/1996): rispettivamente, un’intervista al frate cappuccino Dilson Santiago, militante del Movimento dei Senza Terra (MST), attualmente deputato all’Assemblea legislativa dello Stato di Bahia; e il documento della 34ê assemblea generale dei vescovi brasiliani, tenutasi ad Andaiatuba – São Paulo – nell’aprile di quest’anno.
A chi gli domanda donde provenga la disperata ricerca di un pezzo di terra da parte dei contadini brasiliani, frey Dilson Santiago così risponde: “In Brasile è molto comune che medici, deputati, professionisti e industriali che vivono in città siano contemporaneamente proprietari di grandi latifondi, totalmente o parzialmente improduttivi. Nel caso della Fazenda Abacaxeira, che è all’origine del massacro in Para, si trattava di terra dello Stato usurpata da un senatore. Spesso il potere politico appoggia e permette l’usurpazione di grandi estensioni di terre demaniali mentre la maggioranza del popolo muore letteralmente di fame. A questo scandalo abbiamo dichiarato guerra (…).
In un primo momento ricerchiamo (noi del MST) nella periferia delle grandi (ma anche piccole e medie) città persone che furono espulse dalla campagna verso la città con la speranza di una vita migliore. Attraverso riunioni e conversazioni… si discute l’importanza di ritornare alla terra, la difficoltà e i rischi che si corrono in città, la disoccupazione e la violenza (prostituzione, infanzia abbandonata)… per suscitare la decisione di ritornare alla terra. (…) L’uomo dei campi non è preparato alla vita urbana: l’indice di disoccupazione è elevato e aumenta con l’arrivo di manodopera non qualificata; ciò genera conflitti perché gli ex contadini vanno a vivere nelle favelas e lì trovano solo droga, marginalità e attività pericolose (…).
Il secondo passo è l’occupazione: con queste famiglie ci dirigiamo verso una fazenda (generalmente di proprietà di società anziché di individui) che è parte di un latifondo. La gente si accampa lì… per obbligare il governo a espropriare quell’area. Spesso succede che aspettiamo per anni. La decisione è lenta a venire, il governo è compromesso con i proprietari terrieri (su 513 deputati circa 400 hanno un legame con il latifondo) e rende difficili le pratiche per l’esproprio e cerca di esasperare le famiglie accampate (…).
Questa nostra azione si scontra con gli interessi dei grandi latifondisti che oltre all’appoggio del governo possono contare sui propri pistoleiros e sulla polizia militare che, anche per gli stipendi miserabili che riceve, si presta a fare questi “lavoretti” per i latifondisti in cambio di un po’ di denaro extra (…). Il semplice fatto di interessarsi a noi e divulgare i fatti che ci riguardano, già questo è un grande aiuto per noi… Io trovo che il nostro alleato più forte sia la stampa e l’opinione pubblica” (frey Dilson Santiago, del MST, ibid., n.163).
Per una nuova lettura dei fatti
I fatti di Eldorado parlano certamente per se stessi, ma è il modo di leggerli e di raccontarli, il criterio interpretativo che ce li fa intendere. La chiave di lettura dei fatti di Eldorado può essere ricavata dalla parte finale del documento dei vescovi brasiliani e da un testo-base per la discussione della 10ê Assemblea generale della CPT, nel 1995.
Così i vescovi, al termine del loro documento:
“È necessario risvegliare la coscienza etica davanti ai problemi sociali, avvertendo che l’esistenza di milioni di impoveriti è la negazione radicale dell’ordine democratico… Un’economia illuminata dall’etica e sotto il comando della politica, effettivamente al servizio del bene comune, potrà essere il cammino della pace per tutti i popoli” (SIAL 5/1996, n. 166).
Ognuno di noi – persona, gruppo, popolo, governo – è proporzionalmente responsabile di quei fatti e di quelle situazioni (e del sangue versato nella lotta per la giustizia su tutta la Terra) perché responsabile con la sua coscienza etica dei problemi sociali, economici, politici, che interessano tutti gli uomini.
La terra è dono e responsabilità
Il documento della CPT è dell’anno scorso; esso indica concretamente il cambiamento di mentalità e di stile di vita che rende necessaria e attuabile la tanto invocata riforma agraria:
“Il principio che deve guidare ogni relazione umana con la terra è quello dell’integralità. La terra è molto più che un semplice mezzo di produzione o mera fonte di lucro, ricchezza e potere. È lo spazio di vita nelle sue diverse forme. È il segnale maggiore dell’interdipendenza e della comunione tra gli esseri viventi. Un altro principio è quello della gratuità. Prima di essere degli uomini, la terra appartiene a se stessa e al Creatore e di conseguenza deve essere conservata. Ma agli uomini è data come dono e responsabilità, per il sostentamento e la realizzazione di tutti, senza distinzione, delle generazioni presenti e future. La costruzione di un progetto di riforma agraria deve partire dalla diversità dei gruppi sociali e delle loro culture e tradizioni. (…) Una riforma agraria ampia e integrale deve cominciare con una ridefinizione del concetto di proprietà produttiva, enfatizzando la funzione sociale della terra…” (cfr. SIAL, 14-1995, n. 345).
La dimensione del femminile e del sacro
Si ricollega a questa visione della Terra ciò che scrive un rappresentante del nuovo pensiero ecologico, Leonardo Boff, in un articolo (cfr. La Rocca, n. 15 – 1966) che sintetizza quanto espresso nelle sue ultime opere. “Occorre condurre una riflessione critica intorno al modello di società che abbiamo costruito negli ultimi quattro secoli… Il tipo di organizzazione sociale che siamo andati costruendo impedisce di perseguire uno sviluppo sostenibile, cioè capace di soddisfare le necessità di tutti salvaguardando i diritti delle generazioni future… È il paradigma della modernità che va capovolto. Per questo insisto sul concetto di ecologia della mente: se la Terra è così malata è perché a essere malata è la stessa mente umana. I meccanismi di aggressione e di violenza sono dentro le persone, nei nostri sogni di dominio, negli archetipi mentali… O diverremo uomini planetari o periremo. Sì, e per arrivarvi occorre compiere due passi importanti. Ricuperare la dimensione del femminile, aperta al mistero della vita… ricuperare la dimensione del sacro. Perché solo il Sacro può porre limiti alla voracità del Potere”.
Qualcuno potrebbe pensare: a ciascuno i suoi problemi! In Italia, in Europa abbiamo i nostri, in Brasile, in America Latina hanno i loro! Ma questa sarebbe miopia, incoscienza, tradimento: tradimento dell’umanità comune. Non a ciascuno i suoi problemi; ma: a ciascuno partire dai problemi di casa propria per giungere concretamente a quelli di tutti gli altri! Nella consapevolezza che il nostro modo di vivere, di impostare l’economia e di fare politica, ha i suoi effetti su scala mondiale, riguarda tutti!