Macondo e dintorni
30 dicembre 1996 – A Ferrara, alla Cooperativa Le Pagine, si incontra la redazione di Madrugada, per discutere degli spazi e degli ambiti di intervento; ma anche per aprire le ali verso un coinvolgimento ulteriore di energie e di lettori attivi. La notizia era stata riportata in coda alla cronaca del numero 24; ma ne era rimasto fuori un particolare. Ad ali spiegate il gruppo si era diretto verso la città estense; ma sulla strada, dai torrioni di Cittadella un fromboliere distratto, con nel corpo la graspa della sera precedente aveva colpito nello stormo con un sasso piccolo ed appuntito: Ortensio dopo un atterraggio di fortuna ai margini del fossato delle capre e caprette, irretito nelle maglie della burocrazia feudale non era stato rilasciato allo stormo, che gracchiando: “dove sei che non ti vedo”, ha raggiunto la sede calda di Francesco Monini. Calda, in senso umano. L’incontro è rimasto privo e dolente della mancanza di un gabbiano, che ora però vola libero nei cieli virtuali di Castelfranco.
2 gennaio 1997 – Rientri in patria. Torna da Lima Mosé Mora, corrispondente di Madrugada dal Peù. Concluderà gli studi in Italia. È stato in visita alla sede di Macondo, accompagnato da Lele e famiglia. Contemporaneamente giunge dalla terra di mezzo, dal Messico, Leonilde, che ci racconta le sue avventure nel Chiapas. Si mescolano le notizie e gli idiomi. I bimbi di Paola e Lele sgranocchiano caramelle e ridono felici. Nello stesso giorno Giuseppe incontra alcuni amici della Svizzera dalla Missione cattolica di Lenzburg in una parrocchia di Padova. Teneva Macondo già un iscritto in Svizzera, se non vado errato; e ora si allargano le relazioni; ed aumentano le risorse umane.
7 gennaio 1997 – Giuseppe Stoppiglia invitato a Cavaso dal Gruppo Scout per parlare del ruolo dell’educatore: amico o maestro? Razionalmente, e logicamente accessibile l’argomento diviene poi difficile nella realizzazione, che richiede autonomia affettiva e la capacità di accettare la solitudine del percorso educativo.
10 gennaio 1997 – Tornano dal Brasile Adriano ed Elena dopo una lunga permanenza ed un viaggio intenso all’interno del paese. Li aspettavano all’aeroporto i figli, che hanno festeggiato i genitori, che temevano ormai inabissati nella terra rossa do Brasil. Ora attorno al caminetto per dove un tempo passava la Befana raccontano di terre lontane, di grida sommesse, di balli frenetici e di alberi secolari. Di mani operose e di coperte strappate.
11 gennaio 1997 – Sull’inserto Via Po di Conquiste del Lavoro compare l’articolo Fame e follia a firma di Carmelo Miola, che racconta delle conseguenze devastanti della fame in Brasile. Ne aveva trattato quattro anni fa su Madrugada.
13 gennaio 1997 – Il Presidente parla a Castelmassa sui giovani. Non è nuovo l’argomento, ma sempre utile, perché non mira a suadere, ma a riprendere il percorso dell’educazione e dunque di un rapporto tra adulti e giovani, che non cercano sicurezze, anche se gli adulti sono sempre pronti a darle. I figli cercano invece lo spazio del futuro, che non è loro concesso; cade la mannaia del moralismo sugli errori dei vecchi? No, ma soltanto la ripresa di un filo nel labirinto della vita. Il filo di Arianna. L’incontro era organizzato dal Comune di Castelmassa. Numerosi i presenti. D’altra parte per far numero si parte da uno (battuta fredda, ma non pungente).
14 gennaio 1997 – A conclusione di una ricerca sul territorio delle associazioni di volontariato da parte della CISL territoriale è stato prodotto un elaborato Camminiamo nella solidarietà; è stata pure indetta una giornata di studio, dal tema provocatorio: Funzione del volontariato nell’attuale società liberista. Forse ricordate la rubrica Volontariato-Involontariato. Non la ricordate? L’intestazione era un po’ matta; ma il senso non era male. Il volontariato non può competere con i mezzi della grande finanza. Per questo uno dei suoi compiti precipui è l’educazione all’attenzione ed all’ascolto; al confronto. La società liberista punta all’esaltazione dell’individuo forte; il volontariato non può cadere nel ruolo di supporto e di sponda all’assistenza, ma esaltare la risorsa degli uomini e delle loro capacità. Un popolo di uomini dunque e non di straccioni da ammansire. L’incontro si svolgeva nel Palazzo Malmerendi; moltissime le presenze, che stanno ad indicare che non è poi così scontata l’adesione al Neoliberalismo; Molti ce l’hanno spesso sulla bocca, il Neo, come un vanto di una società che cresce dinamica; ce l’aveva anche l’uomo dal fiore in bocca di Pirandello, ma lui ci aveva il batticuore. Tra gli amici Umberto Malavolti e Lidia; tra gli invitati il nostro presidente, che pur non esperto in pelle, ha parlato del Neo e delle sue conseguenze; ma soprattutto della prevenzione, che è insita nella speranza tenace di costruire relazioni nuove.
15 gennaio 1997 – Mercoledì. A Comacchio le donne vanno al mercato. Gli uomini dal ponte guardano l’acqua che va giù quando è bassa marea. Giuseppe era nella città che l’Arno attraversa, al Centro Studi della Cisl per parlare della Comunicazione tra i popoli. Si racconta che Colombo quando arrivò nelle Indie alla scoperta di quello che già sapeva, capiva anche la lingua degli indigeni, ma solo quando corrispondeva a quello che lui pensava. È molto più facile capire che ascoltare. Oggi è molto sviluppato lo studio delle lingue; e quindi il problema tecnico della comprensione è facilitato dal livello culturale maggiore. Ma ci sono ancora oggi dei muri di sapienza che coprono il suono delle voci e dei lamenti. San Francesco non voleva che i suoi frati studiassero; io non posso dire che bene faceva, perché mi mangerei la lingua; ma in fondo c’è una relazione tra gli uomini che va oltre il sapere consolidato; i debiti dei paesi consolidati e pretesi dagli altri sono un piccolo esempio della scienza inutile, quella saccente. Firenze è una città bella. Piena di turisti. Non sbarcano mai gli Ufo perché la gente ha altro da vedere. Ha altre distrazioni; anche quando straripò l’Arno, che tutti avevano da fare; allora arrivarono gli extraterritoriali, a dare una mano agli alluvionati. Ma le loro sembianze erano riconoscibili, anche se non omologabili. L’uditorio che ascoltava l’uomo dalla barba bionda era formato da educatori della Filca; tra gli esponenti Gianni Pedrazzini, che io conobbi molti anni or sono tramite Samuele, che mi raccontava di abitare sotto un argine del Po, quello grande; e si erano salvati sempre dalle piene, grazie alla nebbia che fa da muro agli occhi del fiume, che devia la sua traiettoria. Credo che ci sia stato alla fine qualche battimano, non so se per chiudere o per rafforzare.
25 gennaio 1997 – Forum della Pace. indetto dai Comuni di Marostica, Mason, Molvena, Nove, Pianezze, Schiavon, Il Provveditorato agli Studi di Vicenza. Credo di averli messi tutti, perché la pace è un bene comune. Il tema del Forum: Il fiore della Pace cresce sul terreno della solidarietà. Mario il postino di Neruda direbbe che trattasi di una metafora. E continuando direbbe che attorno al fiore aleggiavano vibranti le api per raccogliere il nettare e distribuire il polline, perché crescano i frutti della pace; fuori metafora hanno parlato mons. Giuseppe Dal Ferro, il prof. Alberto Tridente, p. Luigi Brioni, il dott. Vinicio Manfrin; il dott. Giorgio Lago; Giorgio Brumat fondatore AIDO, padre Ireneo; Sara Simeoni, don Antonio Mazzi; conduttore Stoppiglia Giuseppe, senza veline, perché in questo campo l’intelligenza è creativa; ed il ritmo lo dà il vento. Per la cronaca rimando al Giornale di Vicenza del 26 gennaio 1997, nella scrittura di Ivonita Azzolin. Ma mi piace sottolineare di mons. Dal Ferro quanto detto sul ruolo culturale e morale dell’Europa; che esca l’Europa dagli schemi del mercato chiuso, e dalla cultura dell’individualismo. Mentre scrivo l’Adriatico è poco mosso, ché non c’è vento e non piove da tanto; ma si increspa l’acqua sotto le barche e le zattere che provengono dall’Albania cariche di profughi che invadono la Puglia; e dall’inferno di Forattini, Stalin grida che ce l’ha Durazzo; mentre dalle banchine del porto si spara perché la gente non parta.
26 gennaio 1997 – Proprio non c’era verso di trovare il posto; finalmente ci incuneiamo in una straduzza che porta ad una chiesa; è domenica, qualcuno ci darà pure qualche indicazione; e sul sagrato troviamo un giovane in nero, un polacco che ci porta laddove ci aspettano; è un giovane prete, che parla italiano con accento emiliano. Abbracci, baci, strette di mano, presentazioni; e poi si decide dove parlare: nella grande hall del bar, o in una sala piccola, ma adatta? La logica vince sulla propaganda e ci si chiude nel circuito interiore di una saletta al neon. Qui non dirò i nomi, ed erano una ventina di persone; ricordo solo irmà Angelica, Emanuela, Giorgio, e l’incantevole Benedetta, che credo di aver visto solo la sera. Nel pomeriggio Farinelli ha intrattenuto sui Meninos de Rua il gruppo degli adolescenti, sfoderando il suo capolavoro magnetico prodotto nei tempi eroici, in cui tutto ha versato, meno la tecnica e gli effetti speciali. Giuseppe invece per tutto il giorno ha parlato di responsabilità, autonomia e crescita personale. Sconvolgendo il gruppo con un linguaggio poco sacro, che faceva emergere il filo di lana, che a volte ci avvolge e ci soffoca; perché ci impediamo lo stacco e l’incontro a partire dalla solitudine nostra non ipocondriaca.
2 febbraio 1997 – Domenica. Incontro dei giovani di Segusino, Valdobbiadene con Giuseppe Stoppiglia sulla Testimonianza missionaria. Che significa essere missionari oggi? Forse un tempo poteva essere di portare la verità sicura; ora di vivere in mezzo ad una comunità, alla ricerca di un obiettivo su di una strada che soltanto l’ascolto ed il confronto possono individuare e perseguire. Un tempo entusiasmava la figura del missionario, che viveva un’avventura fuori del normale; ora solo la scelta di una vita nella sua complessità alla ricerca della propria strada assieme può motivare quella partenza un tempo eroica.
5 febbraio 1997 – Arriva Edilberto all’aeroporto di Milano, raggiunto da Pino Scotton, che ha vegliato tutta la notte fino a quando sono spuntate le luci dell’alba e poi quelle dell’aereo, che planava a mezz’aria, caracollando sulla pista di cemento. Viene da Curuai terra sperduta del Brasile, dove si prepara la Terza Rivoluzione. È giunto per sposare Lara ed Andrea, e rivedere gli amici italiani.
6 febbraio 1997 – Il gruppo di Padova ha preparato un incontro con padre Edilberto Sena sul tema: La proposta indigena ad un mondo in agonia; che parafrasa nella prima parte la parola Utopia. Dicevo poco sopra che a Curuai si prepara la rivoluzione; che parte dall’auto coscienza, ma si costruisce in un processo formativo, che tiene come perno la persona e la sua istruzione, che è base elementare di partenza, ma anche struttura necessaria per affrontare la complessità di mondi che si intersecano. La foresta a suo tempo è stato un punto di discussione dell’eco sistema, ma in prospettiva eurocentrica. Edilberto sposta le argomentazioni e richiama l’occidente all’essenzialità, che è la capacità del rapporto all’interno del villaggio globale camminando insieme per una storia umana di non sopraffazione; senza la pretesa che altri non consumi quello che a noi Europei serve, per stare meglio. Nello stesso giorno a Castelmassa, organizzato dal comune Giuseppe parla di Giovani, famiglia e società; da ognuno è chiesta la propria responsabilità; ma come?. Si riprende la discussione dei ruoli e della responsabilità che nasce dal rapporto; il giovane cresce nella misura che trova spazio al suo futuro; e questo può avvenire solo al di fuori dei ruoli, quando la fiducia dell’adulto nei suoi confronti prevale sugli schemi. Si racconta che dal pubblico uno abbia chiesto al relatore cosa farebbe se avesse dei figli; al che il destinatario avrebbe risposto che la paternità è un dono, che si sviluppa solo nel confronto con i figli. Ed il confronto conosce anche la sconfitta, e l’umiltà dell’incertezza.
7 febbraio 1997 – È nata Beatrice da Anna ed Emanuele. La bimba è sana, ed i genitori sono contenti. Beatrice, lo dice il nome, rende felice chi la incontra. Attorno alla bimba si raccoglie la stirpe dei Guglielmini. La mamma raccomanda di non fare ressa; che la bimba dorme. Sulla porta di casa Franca chiama nonna Elena. Edilberto ritrova gli amici Marco e Paola, che hanno preparato il loro matrimonio a Curuai, dove hanno lasciato parte del loro cuore; ma l’amore resta grande (parlo di quello che riscalda la loro casa).
8 febbraio 1997 – Ci sono dei momenti in cui il poeta si ferma ed invoca aiuto. Io chiedo pietà se le mie parole non avranno il fascino della realtà. In una chiesetta tra i colli euganei di Luvigliano si sposano Lara e Andrea. Ci sono tre preti sul presbiterio. Sotto il camice Edilberto indossa l’abito scuro con un tocco di eleganza che ci commuoveva stamattina quando è comparso nel salone. Nella chiesa gli amici ed i parenti. I genitori degli sposi: Roberta che parla durante la messa, e Pino che rimane frastornato in silenzio. Il fratello di Lara tenta due volte di parlare, ma gli viene tolta la parola ben due volte, dall’Emozione, astrazione femminile del nodo alla gola. La sposa è lanciata sulla pista, mentre i preti raccontano le bellezze dell’amore (raccogliendo pensieri e parole dagli antichi libri e dal loro libricino) e gli impegni. Lo sposo guarda la sposa in bianco tra le sfumature della memoria e la solennità del presente; che è eterno perché irrepetibile; fragile e solenne. Si spengono a sera gli echi delle voci degli amici dello sposo, e della sposa sui campi ondulati del parco.
9 febbraio 1997 – La carovana dei tre parte per il Brasile. Viaggiano in seconda, ed arrivano con lo stesso orario della classe élite, ma un poco più ammaccati. Il viaggio è stato organizzato attorno al progetto della FILCA per i meninos de rua della São Martinho. Mario Bertin incontra Carlos Eduardo che ha messo su famiglia e Rossana che ha già tre figli, ed hanno una casetta. È anche un’occasione per sentire gli echi del Carnevale di Rio de Janeiro e vedere le scuola di samba sfilare. Incontrano gli amici Salvino e Maurizio, da non confondere con il piccolo diavolo, anche se la simpatia non manca. Daniela e Maurizio (un altro, da non confondere col primo, che non si confonda con Benigni) fanno le valigie per l’Italia. Il gruppo costituito da Gianni Pedrazzini, Giuseppe Stoppiglia e Mario farà rientro in Italia ai 18 di febbraio.
20 febbraio 1997 – Presso la sala delle feste dell’ex Ospedale dei Colli il gruppo di Padova organizza la proiezione del documentario di Gianni Minà su Marcos e la questione del Chiapas; a margine s’accompagna il commento formulato sugli appunti di viaggio di Giampaolo, Carmelo e Antonio di Padova. Suggestivo il documentario; ma anche la nota a margine; con la voce fuori campo, che si emoziona, ricordando i posti della sua avventura, vicina eppure così lontana dal ritmo della vita che qui si fa frenetica, e che vorresti riportare sulle categorie della Selva Lacandona. E par di sentire la voce ironica di Marcos, che parla coi grandi e col bambino dipinge immagini di poesia. Lo stesso giorno Giuseppe parte per Taranto, perché noi siamo “duri e puri”. Fa la strada da Roma con Mario Bertin, anche lui cavallo galoppante.
21 febbraio 1997 – Mario e Giuseppe si fermano fino a domenica a Taranto e Brindisi; a Taranto all’Istituto Santa Teresa, Mario presenta il suo libro E decise di chiamarsi João; intervengono anche il prof. Angelo Prontera docente di filosofia teoretica all’Università di Lecce, e Pier Giorgio Acquaviva, Procuratore della Repubblica per i minori; parlano nelle scuole, ai giovani ed ai ragazzi. Qualcuno si chiederà chi ci sia dietro le quinte a preparare gli incontri, perché i due non sono piombati su Taranto come i marò; ma dietro la lunga e paziente preparazione dell’Angelica Sansone, denominata la donna del Sud, assieme al gruppo giovani Macondo di Taranto. Nel ritorno uno dei “duri e puri” si è ammalato, e nella classifica ha ricevuto punti uno, al termometro c’è stata una sostituzione per stress.
23 febbraio 1997 – Battesimo di Andrea nella chiesa di Stroppari, restaurata dopo l’incendio, fatta più bella di prima. I genitori Carlo e Patrizia erano emozionati; ciononostante rispondevano per il figlio alle domande del Celebrante. Suonava l’organista nella chiesa a distesa, come le campane al vento, anche se era una giornata di nebbia che arrivava fino a Pove. Ed i fedeli rispondevano alle domande del sacerdote; in ritardo. Era presente un cronista, ma la sua mente annebbiata fantasticava e poco rammenta.
2 marzo 1997 – Inizia il corso Formatori, tenuto a Cavaso e condotto da Giorgio Geronazzo, con l’ausilio di Baldassare e Chiara Cucchini. Venti sono le presenze di un gruppo misto per sesso e per interessi e ruoli. Si inizia con le motivazioni per fare l’animatore. Nella prima giornata interviene in contro figura Farinelli, camminando tra cavalli alati e spugne quotidiane che indicano le caratteristiche dell’animatore. Il corso naturalmente avrà tappe successive che cercheremo di raccontare.
5 marzo 1997 – A San Donà di Piave presso la sede dell’Associazione “Il Sole e la Luna” Alberto Camata, giornalista e programmatore in radio locale, dà inizio ad una serie di incontri, nel primo dei quali si ragiona che Quando nella vita si è consumato tutto, rimane ancora tutto; accompagna la serata Giuseppe Stoppiglia, che si prende il compito di sciogliere l’enigma alla presenza di un gruppo di cinquanta persone. Ed ha parlato del rapporto educativo dei genitori coi figli; e dunque la difficoltà della relazione; che è l’unica cosa che rimane, sempre che lo si voglia, quando si è consumato tutto. Da non confondere con il concetto di rottamazione, che la Fiat te ne dà una nuova, quando butti quella vecchia. Si diceva tra noi bambini: chi rompe da vecchio, paga da nuovo. Tant’è vero che le assicurazioni, quando rompi una macchina vecchia non ti danno niente: e qui siamo di nuovo nell’enigma. Ma non è il caso di spiegarlo.
8 marzo 1997 – Giuseppe Stoppiglia incontra Julio Velasco a Bergamo, in preparazione dell’incontro coi giovani che si terrà a Bassano tra il 15 e 16 di ottobre. L’incontro è stato cordiale, la conversazione amichevole, spaziando dal professionale al personale al settore della formazione. Il resto lo saprete nell’incontro o dopo. Nello stesso giorno a San Zenone degli Ezzelini il gruppo giovani di Macondo si ritrova nella casa dei Padri Passionisti sul tema dell’Affettività e della Sessualità condotto da Fruttuoso Padovan psicanalista e teologo. L’incontro si sviluppa tra il sabato e la domenica, con un gruppo di più di trenta persone. Nella pagina dei giovani, senza fare la cronistoria, Michela ripropone in termini personali quell’incontro, il senso. L’interesse dell’incontro e la complessità dell’argomento richiede un secondo momento più articolato che si svilupperà dopo l’estate.
9 marzo 1997 – Si ritrova la seconda volta la nuova Segreteria di Macondo. All’ordine del giorno sono le attività prossime venture: la festa Nazionale e le Feste territoriali, di cui viene data notizia in questo numero. L’altra cosa riguarda il campi di formazione che nel 1997 si terranno in diverse parti d’Italia: ad Amelia, Santa Maria di Leuca e Lorenzago con nomi in codice quali Mac 1 e Mac 2, secondo scansioni e contenuti diversificati. I mezzi di accesso sono vari; le condizioni di partecipazione sono legate all’età. Si prevede tempo buono e brava gente ( non so se sono tutti italiani, anche perché questa notizia la racconto prima e non dopo: notizia indeterminata, sfocata, non protetta). Alcuni della Segreteria andranno a mangiare coi giovani di San Zenone: ed è subito bagarre!
14 marzo 1997 – Secondo incontro a San Donà di Piave con Andrea Gandini, ancora a “Il Sole e la Luna” ragionando di Voi che ci riuscite fate bene ad avere le tasche piene, di cui Alberto mi ha mandato il testo, e che io spero con il consenso di Andrea di poter pubblicare. Riporto solo una frase di tutto, che certo non è esaustivo: “il denaro ha paura di morire; per questo si ferma nelle rendite”; forse in piccolo lo facciamo anche noi, quando ci tuteliamo nel futuro mettendo i soldi in banca. La conversazione è amichevole; il gruppo presente è piccolo. Eppure valeva la pena di ascoltare un economista come Andrea, che ha un’interiorità inattesa; perché ormai agli economisti gli si chiede l’assoluto del due più due uguale a quattro. Quest’anno l’inverno è secco; e si sente il caldo in anticipo; ma il freddo verrà ancora (profezia del post factum, vale a dire te lo dico a Pasqua quello che è successo in settimana santa). Le rondini non sono ancora arrivate; a meno che non facciano parte del venti per cento che più non rientra. Nello stesso giorno a Camposampiero Giuseppe partecipa ad una tavola rotonda assieme a Frazzarin della Cisl, e Genovese del CNA sul tema “Il modello del Nord Est è sostenibile?” Dalle voci che le gazze mi hanno riportato, pare che alla tavola ci fossero degli economisti. Ricordiamo senza cenni d’ironia che anche il buon Dio deve interpellare gli economisti, naturalmente per il mantenimento dell’umanità senza arrivare alla catastrofe di chi oggi se la cava bene; per gli altri ci vuole pazienza, perché è la routine. Quelli sono economisti seri, sicuri, coi dati in mano, che posseggono l’avvenire. Ma il futuro, quello vero, che pure dio conosce siamo noi a farlo, noi con la forza del coraggio che nasce dalla solidarietà. Non ho poi risposto alla domanda della tavola rotonda. Pare che i cavalieri si siano alzati dalla tavola di re Artù con le loro spade e spadine, altri contro i mulini a vento, altri dietro le fortezze stellari. Qualcuno comunque dice che l’eroe del secolo è Charlie Brown.
16 marzo 1997 – Secondo incontro animatori a Cavaso. Oratore esterno Andrea Pase sul Gruppo come luogo educativo. Un calo di presenze, che richiama alle verifiche ed alle motivazioni il gruppo dei formatori: Giorgio, Chiara e Baldassare.
17 marzo 1997 – Nella Sala delle Feste all’Ospedale dei Colli viene organizzato un incontro da parte del gruppo di Padova (Monica, Carmelo,…) sul tema L’utopia è la risposta ad un mondo in agonia. Quale mondo? pare che sia quello bene stante. Quale cura: una di là da venire. Tutto prelude ad un incontro suspence, anche se gli illusionisti hanno le ore contate dopo che uno di loro svela i segreti reconditi. L’incontro sarà condotto da Stoppiglia, al quale cediamo la parola ed al suo pubblico. L’utopia è il luogo che non c’è. Per questo l’area si colloca nella relazione, punto senza spazio, punto inesteso, ma che dà vigore al pellegrino che cammina sotto il sole e la pioggia; ed attraversa fiumi su ponti vacillanti; e mira la cometa (chiedetelo a Stefano il nome) con il suo binocolo di plastica. Ed ha sempre con chi riscaldarsi sotto i ponti, anche quando gli toglieranno l’ultima coperta di lana e di buchi.
18 marzo 1997 – A Resana incontro della Comunità Capi (la COCA) degli Scout con Giuseppe Stoppiglia sul percorso educativo, che richiede attenzione ai ragazzi all’interno del gruppo, aprendolo alla società. Per un gruppo autocentrato la crescita iniziale è veloce, ma poi nascono i problemi della responsabilità e dell’autonomia.
19 marzo 1997 – Ad Abano il gruppo di Padova organizza un incontro in cui Mario Bertin. Presenta il suo libro: E decise di chiamarsi João. Introduceva i lavori la Monica Lazzaretto, che proponeva il tema anche tramite la lettura di alcuni brani del romanzo. Lo scrittore presentava le cause del fenomeno dei Meninos de rua; ed il disorientamento della loro vita e la difficoltà per essi di entrare in rapporto con gli uomini “normali”, e noi con loro. Il pubblico affluito nella biblioteca raggiungeva le sessanta persone: risultato soddisfacente.
20 marzo 1997 – Il gruppo Giovani di Macondo a Pove organizza un incontro sulla responsabilità dal titolo I giovani possono crescere, migliorarsi ed essere parte attiva nella società in cui viviamo? nella Biblioteca Comunale aperta ai giovani e non. Sono presenti in sala quaranta persone circa compresi pochi adulti. Conduce la conversazione e la riflessione Marco Giusti da Verona. Da dove parta il processo educativo lo afferma Marco non tanto attraverso elucubrazioni complesse, ma servendosi della lunga esperienza di educatore e di persona. L’accettazione di sé nei limiti e nelle risorse è il primo passo; poi l’accettazione del mondo che ci circonda e nel quale navighiamo; accettazione e assunzione, e dunque non un atteggiamento passivo, ma di responsabilità. Credo che la conversazione abbia colpito la riflessione e non solo nella emotività. Marco ha trentatré anni, tre figli ed una moglie, carissima, carissimi. Anche lui.
23 marzo 1997 – Arriva da Corlo, provincia di Modena un gruppo di giovani donne e uomini condotti dai capi cordata Paolo e Patrizia come nei voli di emigrazione. Sono arrivati a Pove per un incontro con Stoppiglia su Autonomia, responsabilità e comunità. Qualche rallentamento iniziale a parlare della festa dell’Olivo, che un tempo era dell’Ulivo; come d’altronde la dialettale Murtadela si è trasformata in Mortadella. La meraviglia della u cede il posto ai gusti locali della “ocche bella signurina”. Il gruppo di Pove accoglie nella casa dei Bonato per intercessione di Massimiliano figlio il gruppo dei Corlensi (o Corlettensi? o come altro?), per poi accompagnarli nella messa del pomeriggio che chiude la giornata fredda, ma intensa. Quando si dice che la popolazione domenicale ama i picnic, e le discoteche e le feste ritmiche ripropone una statistica, che non è tutta la verità. Molti sono alla ricerca di uno spazio che non è la piattaforma o la tavola. Per cui la verità non è il reale, e neppure l’eventuale, ma l’incontro con il nulla. Bubbole e sapone? No, ma i mulini! Nello stesso giorno a Modena si incontra il gruppo che fa riferimento a Giorgio Genesini sul tema della responsabilità sviluppato da Carmine Di Sante. Mentre scrivo penso al libro pubblicato dalla Edizione Lavoro, dal titolo omonimo, scritto da Carmine; libro intenso e leggero; profondo e amabile; erano presenti trenta persone circa, che hanno ascoltato con attenzione le sue riflessioni sulla crisi epocale e sulla responsabilità. Vari sono stati gli interventi di quanti hanno inseguito i suoi ragionamenti ed il ritmo delle sue esemplificazioni. Intanto la storia coi suoi splendori e i suoi stracci avanza inseguita da un cronista zoppicante e poco informato.
Amaro pane S’innalzano le mura del gigante, la torre della paura. Nel ventre della terra S’apre nella piazza una galleria Anonimo |
Vivere Vivere non è il vuoto tran tran della vita di ogni giorno. Vivere è creare qualcosa, è sognare qualcosa di bello e di grande, è credere, è sperare in un mondo migliore. Vivere è non disperare mai, è rinascere ogni giorno, è credere ogni giorno essere ogni giorno migliori. Vivere è spendere la propria vita per una causa, essere aperti alla realtà presente, essere spontaneamente messaggeri del bene e della pace. Vivere è non riposarsi mai fintanto che nel mondo c’è guerra, odio, fame, è lottare per un ideale, mai dichiararsi sconfitti, è essere veri cittadini. [Georgette Limbobo] |
Semina Semina, semina l’importante è seminare poco, molto, tutto il grano della speranza. Semina il tuo sorriso perché splenda intorno a te. Semina le tue energie per affrontare le battaglie della vita. Semina il tuo coraggio per risollevare quello altrui. Semina il tuo entusiasmo, la tua fede, il tuo amore. Semina le più piccole cose, i nonnulla. Semina e abbi fiducia: ogni chicco arricchirà un piccolo angolo di terra. Vittoria Boni |