Meninos de Rua
Oggi il fenomeno dei meninos de rua (“bambini di strada”) del Brasile è conosciuto anche nel nostro paese. Negli ultimi anni una serie di servizi giornalistici ha catapultato sulla ribalta internazionale, in maniera spettacolare ed emotiva, un problema purtroppo ormai diffuso da tempo.
La reazione comune di fronte ad eventi ed immagini tanto drammatiche è stata di scandalo e di sbigottimento insieme.
Il limite di questo tipo di informazione è rintracciabile, però, proprio nel grande numero di domande che suscita e lascia inevase.
I meninos de rua sono un facile tema per la informazione-spettacolo ma un problema sgusciante e spigoloso per la informazione-conoscenza.
Le persone si chiedono: da quanto tempo esiste questo problema? Quanto è esteso? Quanto è conosciuto? Quali sono le cause? Cosa si fa per risolverlo?
Questa breve monografia vuole essere un timido tentativo di fornire alcune informazioni sulla questione che vadano oltre il clamore e lo scandalo.
Il taglio dello scritto non può che essere generale, anche se non generico.
In particolare si voleva offrire un contributo di carattere storico che aiutasse a collocare nel tempo il fenomeno scorgendone lo sviluppo e la configurazione attuale.
Alla fine dello scritto si riportano alcune fonti significative per chi volesse approfondire la conoscenza.
1. Il Brasile e i suoi figli minori
I meninos de rua costituiscono ormai da anni un elemento caratteristico dello scenario metropolitano brasiliano che, con tinte non molto dissimili, è peraltro estendibile alla situazione della maggior parte delle città del sud del mondo: da Città del Messico a Bombay, da Il Cairo a Bangkok.
In Brasile il fenomeno ha però assunto dimensioni e forme tali da renderlo sciaguratamente famoso e “spettacolare”.
Nel gigantesco paese latino-americano esisteva una scottante questione infantile già durante il periodo coloniale. Il Brasile ha cioè conosciuto da sempre, durante la sua storia moderna, una drammatica problematica legata alla infanzia povera. Da questo punto di vista le cose, oggi, non sono molto cambiate, se non addirittura peggiorate.
Il secondo elemento che insieme al dato economico descrive in larga parte la storia brasiliana dell’infanzia povera è l’elemento razziale.
Ieri come oggi la maggior parte dell’infanzia povera è costituita da bambini neri e mulatti. Tuttora questo dato non viene sufficientemente sottolineato quanto merita, impedendo una più completa lettura del fenomeno dei meninos de rua.
Rispetto alle risposte della società al problema dell’infanzia povera le prime opere sociali di cui si ha conoscenza sorgono già durante il XVIII secolo.
Nel 1827 compare il Sistema de Rodas, che era il principale ente di assistenza all’infanzia.
La funzione di questo Ente era quello di “collocare” i bambini poveri dentro grandi istituti, di “segregarli” in luoghi appositi; pratica, del resto, molto comune in molti paesi europei dell’epoca.
Questo maniera di affrontare la questione era un modo di camuffare gli enormi problemi sociali già in quei tempi connessi con le misere condizioni di vita di molta infanzia brasiliana, quali: la piccola criminalità, la mortalità infantile, il vagabondaggio ecc.
Questa funzione di occultamento sociale era peraltro in accordo con gli interessi dei signori degli schiavi che controllavano il paese.
Nel 1903 nasce a Rio de Janeiro il Departamento Municipal de Assistencia Pùblica.
Fu in questi anni di cambio secolo che, con l’avvento della Repubblica e l’abolizione della schiavitù, si passò a riconoscere la dimensione sociale del problema dell’infanzia. A questa significativa evoluzione storica e sociale contribuirono direttamente le ripetute denuncie sulle disperate condizioni di vita dell’infanzia povera compiute da medici e giornalisti dell’epoca.
Nel 1927 si consolida il Codice Melo Matos , la prima legislazione dei minori, categoria, questa, usata espressamente per la prima volta.
Lo Stato passò cioè a considerare nel contesto generale dell’infanzia la infanzia povera, e all’interno di questa un altro segmento: i minori.
Non si tratta di una semplice questione di termini poiché, da questo momento in poi lungo la storia brasiliana si registra ripetutamente questa dicotomia: da una parte una politica della infanzia povera e dall’altra parte una politica dei minori.
Le “due politiche” produrranno nel corso degli anni una moltitudine di strutture, di referenti politici e di indirizzi operativi accomunati da un forte dato unificante: la sostanziale inefficacia nella risoluzione del problema.
Nel 1940 viene istituito il Serviìço de Assistencia ao Menor (S.A.M.) e il Departamento Nacional da Crianìça, legato al Ministero dell’Educazione e della Salute. In questo Ministero il lavoro fu prevalentemente rivolto alla questione materno-infantile, con interventi socio-assistenziali rivolte alle ragazze-madri e di sostegno a nuclei familiari multi problematici.
Rimaneva forte l’accentuazione moralistico-assistenzialistica di gran parte dell’operato pubblico.
Negli anni ’60 i Governi militari continuarono questa politica e crearono la FUNABEM Fundaìção Nacional do Bem Estar do Menor.
Il proposito espresso era quella di modernizzare le politiche pubbliche ma, mantenendo in funzione anche il Departamento da Crianìça fino al 1970, si continuava a perpetuare la dicotomia già menzionata e la conseguente dispersione confusiva dei già scarsi interventi sociali.
L’atteggiamento dei governi militari nei confronti del problema dell’infanzia povera confermava, comunque, un atteggiamento prevalentemente repressivo,
mescolato ad iniziative paternalistiche, e populistiche di pura facciata.
In questo periodo già esistevano alcune organizzazioni di base di operatori sociali, educatori e giornalisti che si battevano per la estinzione del S.A.M.
Molte articolazioni di organismi non governativi erano collegate ai settori più progressisti della chiesa brasiliana e a coordinamenti territoriali del M.E.B. (Movimento di educazione di base).
Con la fine della dittatura militare e l’avvento del Governo di Collor De Mello le politiche destinate all’infanzia e all’adolescenza ricevono un rinnovato impulso.
Nel frattempo il dramma dei meninos de rua irrompe nel circuito informativo di molte reti televisive europee attraverso una serie di servizi a forte impatto emotivo. L’emozione dell’opinione pubblica internazionale induce molti governi occidentali a far pressione su Brasilia, anche con minacce di vincolare i nuovi prestiti ad iniziative decise nell’area minorile.
Questa coincidenza di pressione interna ed internazionale producono nel giro di pochi mesi un’accelerazione della iniziativa politico-sociale del governo brasiliano, articolata in tre differenti direzioni:
a) una direzione generale: praticata dal Ministero della Salute, Educazione e Lavoro;
b) una direzione assistenziale: passando dal carattere caritativo (basato sulle opere assistenziali) al carattere filantropico (assistenzialismo con conoscenza scientifica) e clientelista (caratterizzato in particolare dalla “pratica” dalla Legiao Brasileira de Assistencia L.B.A.) ad una politica assistenziale pubblica;
c) una terza direzione che tenta di incorporare alcune delle rivendicazioni storiche del Movimento Popolare, legittimandole di fatto, nella pratica del Centro Brasileiro da Infancia e Adolescencia (CBIA).
In questa ultima direzione è da includersi la creazione del Ministério da Crianìça che si propone di articolare le varie politiche per l’infanzia, distribuite in ben diciotto organi federali che sviluppavano azione rivolte all’infanzia e alla gioventù.
La principale caratteristica di questo tipo di politica era una forte accentuazione propagandistica, probabilmente per ragioni di consenso interno da una parte e per “tranquillizzare” l’opinione pubblica internazionale dall’altra.
Ogni proposta di iniziativa pubblica veniva incessantemente sostenuta da squillanti e patinate campagne televisive e di stampa.
Il presidente Collor e sua moglie apparivano ripetutamente stringendo le mani di centinaia di bambini festanti o inaugurando nuove strutture scolastiche destinate all’infanzia povera. Ma a fronte di tanto chiasso propagandistico la realtà si rivelava progressivamente ben diversa e molto lontana dalle dichiarazioni ufficiali.
L’iniziativa di istituzione de CIACs Centros Integrados de Apoio à Crianìça, per esempio, che avrebbero dovuto rispondere allo sconfinato bisogno di educazione di centinaia di migliaia di bambini brasiliani, dopo un avvio roboante naufragava via via in un confuso assistenzialismo.
Molti CIACs, soprattutto a Rio, si trasformavano in costose e faraoniche cattedrali nel deserto: alcuni mai costruiti, altri interrotti, altri completati e lasciati vuoti, altri ancora occupati da decine di favelados e trasformati in abitazioni.
Un altro evento significativo è stata la stesura dello Estatuto da Crinìça e do Adolescente, un esempio nitido e ironico della totale impotenza di una legge tanto moderna (fra le più avanzate del mondo) quanto difficilmente realizzabile in un contesto socioeconomico come quello brasiliano.
La crisi del Governo Collor (1993), conclusasi con l’incriminazione dello stesso presidente e della sua famiglia, svela i retroscena di una pratica di corruzione che investiva gli stessi fondi statali destinati ai meninos de rua.
2. La strada come casa
I meninos de rua in Brasile costituiscono un fenomeno tanto drammatico quanto difficilmente stimabile.
La grande crescita demografica che ha caratterizzato il paese negli ultimi dieci anni, ma soprattutto il tracollo della economia, hanno prodotto un aumento esponenziale delle “tradizionali” sacche di emarginazione minorile e giovanile.
Le fonti statistiche sono estremamente discordi in proposito.
Forse nessuno sa esattamente quanti sono esattamente i bambini brasiliani che vivono nelle strade. Del resto prima di arrivare alla “scelta” di vivere prevalentemente o completamente per strada (meninos de rua, in senso stretto) la grande maggioranza dei minori poveri sperimenta un processo di progressivo allontanamento dalla famiglia e dalla casa.
In questa fase i bambini dividono la loro vita, in diverse proporzioni e con svariate modalità, tra la casa e la strada (meninos na rua).
Per questi ragazzi la strada non è ancora una scelta definitiva, rimane ancora vivo un brandello più o meno consistente di rapporto con la famiglia di origine, anche se solo per la notte, o per il sabato e la domenica.
Le cause profonde del fenomeno oramai sono largamente conosciute.
In questi brevi racconti autobiografici di meninos de rua raccolti da educatori di organizzazioni non governative rintracciamo, dall’interno della esperienza molti indicatori delle grandi cause macrosociali del fenomeno.
“…abitavamo nelle campagne e la vita era molto dura. La siccità e il lavoro duro hanno spinto la mia famiglia verso Recife. Arrivai qui a sette anni. La vita di periferia non prometteva niente di buono e mio padre cominciò ad ubriacarsi. Tutte le sere io e i miei fratellini assistevamo a una lite furibonda tra mio padre e mia madre. Mia madre non tollerava più che mio padre bevesse e quindi silenzio, che è libertà dall’assedio e dal peso dell’esterno. Se il nostro baricentro è fuori, il silenzio fa paura perché sembra vuoto e morte. Custodisco nel cuore le immagini raccolte e i sentimenti vissuti negli ultimi miei incontri in Ecuador, Bolivia e Brasile. È nel silenzio che parlano le cose silenziose, che i rumori si annullano. Parlano le persone silenziose, che tu magari non hai ascoltato mentre ti mandavano segnali inudibili nel chiasso e nella chiacchiera. Ritorna lo stupore degli altosì fuggii e mi diedi alla vita di strada dove incontrai Carlinho e altri amici. Qui almeno ci conosciamo e ci difendiamo”.
(Eunice, 15 anni, tratto da Gli angeli della miseria, 1992)
“…A undici anni sono uscita di casa e ho cominciato a vivere con il mio ragazzo. Il lavoro ce l’ho ma rubo anche. Ho cominciato a rubare nei magazzini Paes Mendonìça. Adesso “faìço arrombamento”, rubo per le strade.
Io so dove vive mia madre ma non ho nessuna voglia di tornare a casa.
Oramai mi sono abituata a vivere così. Ho un figlio di due anni e sono già rimasta incinta tre volte. Mio figlio sta nella casa della nonna. Mia madre mi lasciò davanti alla porta di una donna. Io non voglia che mio figlio cresca per strada. Per strada si imparano solo cose negative. Io sono già stata espulsa dalla scuola perché fumavo “maconha”. Già sono stata pestata molte volte e sono finita spesso di fronte al giudice. Quest’anno compio 18 anni..
La cosa che più desidero è avere una casa e crescere mio figlio”.
(Maria, 17 anni,tratto da Sacì, mensile del Centro de Defesa da Crianìça e do Adolescente da Bahia, Salvador, n. 3 del febbraio 1992)
Povertà, migrazione, famiglie disgregate, disoccupazione, scuole assenti o passive sono gli elementi più ricorrenti sia nelle storie personali dei meninos e delle meninas che nelle analisi dei ricercatori sociali.
A pochi anni dal 2000 il Brasile, ottava potenza economica del mondo, continua ad essere un paese dalle ingiustizie profonde e radicali.
A fronte di una minoranza privilegiata e garantita una larga parte della popolazione brasiliana si arrabatta sulla linea della sopravvivenza.
La profonda crisi economica degli anni ’80 ha nel frattempo eroso le condizioni di vita della già esigua classe media, trascinandola verso il basso, in un vorticoso processo di proletarizzazione.
Secondo dato a forte impatto sociale è l’inarrestabile esodo dalle povere campagne (in particolare del Nordest) alle cinture periferiche delle aree metropolitane. Questa migrazione inarrestabile sta producendo l’espansione continua delle favelas e l’innalzamento della tensione sociale.
In questo percorso una grande parte delle famiglie povere, di origine e cultura rurale, tende a disgregarsi nell’impatto con la realtà urbana, in particolare nel microcosmo della favela.
Alla delusione dei sogni di una nuova vita si aggiungono le pressioni sociali esterne, in una miscela esplosiva di mancanza di lavoro, elevato costo della vita, repressione poliziesca, alienazione televisiva e tentazioni di facili guadagni nei circuiti delinquenziali (droga, prostituzione, scommesse clandestine, furti, ecc.).
All’interno di questo quadro i rapporti dentro molte famiglie tendono a degenerare in un circuito progressivo di disinteresse, sfruttamento e violenza nei confronti dei più piccoli.
Molti bambini di famiglie povere, anello debole del gigantesco sistema di ingiustizie e sfruttamento sopra descritto, si ritrovano quindi a vivere in un contesto fatto da genitori assenti (o alcolisti, o violenti…), case brutte e scuole inesistenti o incomprensibili.
È a questo punto che la strada comincia a costituire un elemento di fascino e di attrazione. I bambini cominciano quindi ad immergersi nei luoghi e nei ritmi delle città scoprendone le risorse, le offerte, le opportunità.
A fronte della squallida baracca nella favela le multicolori e chiassose strade della città tendono a costituire un universo più interessante, più curioso, più piacevole e finanche più generoso.
La strada si configura, in questa fase, come un luogo carico di fascino e di avventurosità. In genere , come detto sopra, gran parte dei bambini continua a ritornare a casa in tarda sera, per la cena, o a notte inoltrata.
Solo una parte di questi meninos na rua opera la scelta definitiva della strada e va ad aggiungersi al piccolo-grande popolo dei meninos de rua.
Le ragioni di questa scelta sono le più svariate. Molti operatori sociali brasiliani concordano nel rintracciare come causa principale di questa scelta una insistente e reiterata situazione di violenza nel nucleo familiare.
Nel caso delle bambine la violenza familiare è sovente a carattere sessuale, non di rado con episodi di stupro da parte del padre, dello zio o del fratello maggiore. Spesso alla violenza sessuale fanno seguito atteggiamenti di incitamento alla prostituzione.
La scelta definitiva della strada è comunque un evento che si costruisce nel tempo e che tende ad essere compiuto quando la vita di strada comincia ad essere percepita come “meno pericolosa” della vita con la famiglia di origine.
Spesso l’incentivo significativo per realizzare questa scelta è l’incontro con altri meninos de rua: più grandi, più esperti, più sicuri.
È a questo punto, in genere con l’ingresso in un gruppo, che l’allontanamento da casa diventa un atto definitivo
I meninos si organizzano a gruppi: mangiano, rubano, si divertono e dormono insieme… A volte i gruppi diventano stabili e si caratterizzano per la presenza di un leader, a volte invece sono aggregati più instabili di un giorno o di una notte.
Il gruppo, comunque, offre un luogo di appartenenza oltrechè di protezione e di aiuto. Attraverso il mutuo aiuto del gruppo si riesce a difendersi con più efficacia, a procurarsi qualcosa da mangiare o qualche soldo.
Sovente nel gruppo nascono affetti ed amori. Per le ragazze questo significa il problema delle gravidanze.
Ai grandi drammi connessi alla vita per le strade negli ultimi anni si è aggiunto in maniera sempre più consistente il problema dei figli delle meninas de rua: figli delle strade nel significato letterale del termine.
Queste nuove vite si aggiungono al dramma di altre vite già pericolanti, impegnate ad organizzarsi ogni notte per poter arrivare alla mattina seguente.
Questo è detto senza retorica e senza metafore: la grande priorità attuale nel problema dei meninos de rua è la lotta allo sterminio.
3. Tra la vita e la morte
Di fronte ad uno Stato in larga parte assente e con la crescita esponenziale del fenomeno dello sterminio i meninos de rua si cominciarono infatti ad organizzare, con l’aiuto di numerose organizzazioni non governative.
La lotta contro lo sterminio dei bambini e degli adolescenti inizia con la fondazione del Movimento Nacional de Meninos e Meninas de Rua (MNM&MR).
Nel primo incontro nazionale del Movimento, nel 1986, molti meninos de rua denunciano la scomparsa di numerosi loro compagni.
A partire da allora seguono molte denuncie, senza però mai riuscire a presentare prove efficaci. Una discreta parte della società brasiliani tendeva a “giustificare” le morti e la stampa riproduceva e divulgava questa opinione, dando ad intendere che i meninos dovevano ben avere qualche colpa per la loro sorte: partecipavano al traffico di droga, erano coinvolti in bande criminali, o altro ancora.
Le denuncie contenevano indicazioni, sospetti, informazioni, ipotesi, senza però poter presentare delle autentiche prove.
Questa situazione evidenziava la necessità di realizzare una indagine più circostanziata sul fenomeno in corso; indagine che raccogliesse gli elementi per dimostrare che l’evento che era in atto nel paese si configurava come un vero e proprio processo di sterminio.
Nel 2° incontro Nazionale del MNM&MR (1989) venivano denunciati 1395 assassini di meninos de rua, solamente nel periodo della nova Republica.. Questo era il momento in cui il movimento riusciva finalmente a portare allo scoperto l’esistenza di autentici assassini di massa di bambini ed adolescenti, provocando, da allora, una serrata discussione in seno alla società brasiliana.
I risultati della ricerca venivano raccolti nel libro Vidas em risco edito nell’aprile del 1990.
Nel lavoro vengono identificati tre gruppi principali di responsabili: agenti di polizia, vigilantes privati e gruppi di sterminio.
Con la divulgazione di questo lavoro, rinforzato dalla risonanza internazionale della denuncia di Amnesty International, il MNM&MR nell’ottobre del ’90 richiedeva al ministro della giustizia Cabral di provvedere alla protezione di Volmer do Nascimento, ragazzo-simbolo dei meninos de rua brasiliani, che nel frattempo continuava a ricevere minacce di morte.
Era stato proprio lo stretto rapporto di Volmer con molti meninos e meninas che aveva consentito di entrare in contatto direttamente con molti casi di violenza. Uno degli amici di Volmer era stato ucciso dai vigilantes privati di una nota casa commerciale.
A partire da questa prima denuncia venivano scoperte, a cascata, una moltitudine di assassini, stupri, sevizie, sequestri, ecc. La stessa polizia identificava 143 minori assassinati, con forti sospetti di coinvolgimento da parte di agenti di polizia. Venivano denunciati i nomi di alcuni agenti e la connivenza di due giudici, sospettati fortemente di appoggiare e proteggere i gruppi di sterminio di Rio de Janeiro.
Nel dicembre del ’90 viene attivata una speciale Commissione espressamente incaricata di redigere un piano per combattere la violenza ai meninos de rua. Nella commissione sono presenti rappresentanze istituzionali, varie organizzazioni non governative impegnate nell’area minorile e la Polizia militare. Il gruppo di lavoro arrivava a produrre un Piano Nazionale di Lotta alla Violenza.
Contro l’Infanzia e l’Adolescenza la cui strategia fondamentale era quella di selezionare i sei stati che presentavano il maggior indice di violenza ed, in ognuno di questi stati, provvedere alla punizione esemplare di almeno un caso di omicidio.
L’obiettivo del piano era quello di arrivare a rompere il ciclo perverso della impunità, per poter poi attivare azioni più capillari di lotta alla violenza.
Sebbene il piano mostrava fin dalla sua nascita tutta la sua impotenza, e la sua ingenuità, costituisce forse il primo atto di assunzione di responsabilità diretta da parte dello Stato.
Di fatto viene dichiarata pubblicamente l’esistenza del fenomeno dello sterminio e della totale impunità dei responsabili.
Nonostante questi passi avanti il fenomeno degli assassini continua incessantemente passando in secondo piano sullo scenario internazionale, occupato da altre guerre e altre stragi (prima la guerra del golfo, poi la Somalia e la Bosnia).
Ci vuole un altro evento shock per riaccendere l’attenzione dei media internazionali sulla strage dei bambini di strada brasiliani.
E siamo ai giorni nostri: nel giro di poche settimane nell’estate (europea) del ’93 gruppi di agenti della Polizia Militare di Rio massacrano 8 meninos de rua e oltre 30 abitanti di una delle tante favelas della città.
Seguono dichiarazioni scandalizzate e promesse di giustizia da parte del neo presidente Itamar Franco e del governatore di Rio de Janeiro Leonel Brizola. In pochi giorni vengono identificati i responsabili, quasi tutti agenti della Polizia Militare. Nel reiterato e maledetto ripetersi di una vecchia storia forse si comincia ad intravedere qualcosa di nuovo.
4. Per saperne di più
Riportiamo di seguito una bibliografia (in italiano) aggiornata sull’argomento.
G.FARACI, Minori in prima linea, EMI, Bologna, 1990
AMNESTY INTERNATIONAL XIII, Bambini vittime di omicidi e sevizie, Brasile, 1990
J.D.S.MARTINS, L’infanzia negata, Vecchio Faggio editore, 1991
G.DIMENSTEIN, Storie di strada, Terra Nuova/Unicef, Roma, 1991
AA.VV., Vite a rischio, Associazione la Ghiaia
S.SPINELLI, G.MAESTRELLO Gli angeli della miseria, MLAL, Verona, 1992
G.DIMENSTEIN, Bambine della notte, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1993.
Ennio Ripamonti
Formatore dell’ASSCOM professional di Milano
(Associazione per lo Studio e lo Sviluppo della Comunità).