Silenzio fuori ordinanza
Caro lettore e cara lettrice,
forse abbiamo tentato un’impresa difficile: scrivere sul silenzio e l’interiorità; e gli amici si sono cimentati con coraggio. Io accompagno i gesti del nonno nelle sue passeggiate con il nipote, cui affida “I pensieri” che Demarchi trascrive e riporta per “Salvaguardare l’umano”. Dentro il guscio trovo mille voci che richiamano e suggeriscono il silenzio, che riflette, come afferma Maurizio Casagrande, l’interiorità che vi trova il suo spazio.
Mostra qualche perplessità sull’uso del termine interiorità fra Benedetto da Sillico in “La prima beatitudine” per scoprire la dimensione trascendente del silenzio e della vita spirituale, che è la vita dello spirito.
Ivo Lizzola inizia con la domanda se la politica può fare silenzio nel suo articolo “La politica interprete di un destino comune”, e visto il compito che le si suggerisce (dico alla politica) io credo che proprio non ci sia altra sponda cui possa appoggiarsi (vale a dire al silenzio).
Poi uno squarcio sulla violenza che domina le relazioni che il silenzio rende ancora più tragico, e che l’interiorità accoglie nella sua memoria quando non cerca emozioni passeggere nella lettera di Ettore Masina su “La memoria delle tragedie”.
Il controcorrente di Giuseppe Stoppiglia si apre con una scena di sangue costruita sulla memoria, senza nulla concedere alla rassegnazione e per scoprire il fondo della nostra responsabilità, che a volte tenta di nascondersi dietro le spalle dell’operatore televisivo.
Ora s’accende il rombo di un motore; attorno una piccola folla di uomini e donne e bambini s’accalca senza premere e parte per un lungo viaggio senza meta negli “itinerari” di Egidio Cardini dove “Il dio dei poveri viaggia in autobus”.
Non vola l’autobus, e plana “in cerca d’ali” nella lirica di Roberta Gianesin de “La notte dei silenzi”; e sui deserti bruciati, sotto i passi affaticati e solerti di Stefano Serato in “Risvegli d’assenza”.
Non è flagrante il rumore dell’autobus nel silenzio della notte; qualcuno dorme ed accompagna i sogni del “Terzo millennio” di Maurizio Marchesin.
Cosa ci riservi il “diario minimo” di Francesco Monini non è necessario scriverlo perché ormai ha già assicurato il suo lettore che cerca ansioso l’umano negli stralci di cronaca che il tempo avviluppa, e la vita.
Schizza sulle ultime pagine il chiacchiericcio di Macondo e dintorni di Gaetano Farinelli, che forse ha dimenticato qualche nome di troppo.
Scivola ora sulle immagini di Adriano Boscato la penna lieve di Chiara Cucchini senza segnare o ricalcare i bordi dell’infanzia rivisitata.
Chiude il numero la presentazione del libro dell’anno, Clochard, di Michel e Colette Collard-Gambiez, che forse tu ancora non hai letto, perché le tue notti sono dolci e non cala la luna sul tuo volto di pioggia.