Formazione ed educazione

di Borsetti Corrado

La parola formazione definisce le attività dell’ambito educativo finalizzate all’inserimento in una posizione lavorativa, sia dipendente sia autonoma.
Il sostantivo è spesso accompagnato dall’aggettivo professionale. In questo senso il termine differisce da istruzione, educazione, termini che connotano meglio le attività della scuola di ogni ordine e grado: elementare, media, superiore, università.
Spesso i termini formazione/educazione vengono scambiati quando si tratta di descrivere attività educative per gli adulti già occupati o impegnati in attività di aggiornamento, quando i contenuti culturali più generali prevalgono sui contenuti più tecnici e professionali.
Sotto l’aspetto più filosofico educazione (e­ducere = condurre, tirare fuori) è la parola che sottolinea l’aspetto dell’azione pedagogica aperta a molte possibilità e formazione invece quella che sottolinea la finalizzazione stretta ad una situazione predefinita, non solo di lavoro, un “mettere in forma” l’allievo.
Così nella formazione si parla di obiettivi misurabili, metodologie, moduli, contenuti, tempi e strumenti; mentre per l’istruzione si usano preferibilmente concetti come curricoli, percorsi, lezioni… quasi a riconoscere la necessaria libertà di realizzazione.
Storicamente le attività di formazione e istruzione professionale sono sempre state legate all’andamento economico: in momenti di depressione la formazione evidenziava una tendenza all’allungamento dei percorsi, viceversa in periodi di ripresa si accorciano i tempi di immissione delle leve di giovani al lavoro.
L’attuale congiuntura italiana presenta una necessità di innalzare il livello minimo delle conoscenze e di adeguarle meglio al mercato del lavoro in forte espansione: ecco allora intensificarsi i momenti di intersezione tra scuola e lavoro: tirocini, stage, contratti formazione/lavoro, formazione sul lavoro ecc. Negli ultimi 15 anni in Italia si è
progressivamente “mescolato” l’uso dei termini, quasi in conseguenza del “rimescolamento” dei percorsi di istruzione e formazione.
Un discorso a parte merita l’educazione / formazione degli adulti. In Italia la formazione continua (attività di formazione professionale per occupati) è stata regolata da leggi solo in questi ultimi anni e non ancora adeguatamente finanziata, mentre nella vicina Francia funziona da venti anni…
L’educazione degli adulti, dopo l’introduzione delle “150 ore” destinate al conseguimento della licenza media per i lavoratori (1970), ha ricevuto un ulteriore impulso dalla creazione dei Centri Territoriali Permanenti (CTP). Oltre ai corsi per il conseguimento della licenza della scuola dell’obbligo i CTP organizzano percorsi educativi e formativi svincolati dal conseguimento di un titolo (corsi di inglese, informatica, preparazione al lavoro, educazione alla salute) creando le premesse per un effettivo sistema di educazione permanente.
In modo particolare nei CTP istruzione e formazione si compenetrano e mettono in discussione la loro accezione originaria. Questa lunga puntualizzazione terminologica ci serve per arrivare ai problemi aperti o alle domande di
fondo.

Si studia per lavorare o per non lavorare?
È ormai consolidato il giudizio sulla scuola italiana che è troppo lontana dal lavoro. Alcuni esperti parlano espressamente di una pedagogia che allontana dalle mansioni operaie, dalle operazioni più concrete; confermando una tendenza alla divisione del lavoro tra chi comanda e chi esegue, tra chi pensa e chi agisce Più si studia e più ci si prepara ad un lavoro “di concetto”, distinto dal lavoro esecutivo: impiegati o operai.
Questa divisione del lavoro tra chi pensa e chi esegue è ancora funzionale all’organizzazione del lavoro dopo l’introduzione così massiccia dell’informatica nei processi produttivi?
Questa divisione è democratica?

Chi effettivamente educa, forma?
Gli insegnanti o la società nelle sue varie espressioni. I mezzi di comunicazione (la televisione…). I valori, le motivazioni che spingono giovani e adulti a formarsi forse nascono fuori dalle scuole: dall’osservazione delle carriere degli amici, dalla retribuzione di alcune professioni, dall’innamoramento per una persona (a volte anche per un professore…). Chi si occupa di orientamento nella scuola conosce bene queste dinamiche nei giovani nella scelta di un percorso di studi o di una professione. Tempo fa Ivan Illich aveva teorizzato la necessità di una descolarizzazione della società per sottolineare la relativa inutilità dell’insegnamento ufficiale. Ma anche Pasolini e una recente letteratura (Starnone, ecc.) confermano questa malinconica sensazione di impotenza degli incaricati ufficiali dell’educazione dei giovani. Tutta l’opera di don Milani è orientata a destrutturare radicalmente e dare nuova motivazione alla scuola. Anche Madrugada, inevitabilmente, forma…

Come si educa / si forma?
Con le lezioni, con le parole. La lezione dalla cattedra ricorda inevitabilmente il sermone dal pulpito, ma anche i professori più laici utilizzano normalmente questo strumento di trasmissione della conoscenza attraverso la parola, la teorizzazione, il pensiero astratto, i concetti. Che sono più sintetici e potenti. Con i comportamenti, con le azioni.
Molte ricerche confermano che i giovani, ma non solo, rivestono di affettività l’apprendimento e quindi guardano i comportamenti, il non detto, il “fra le righe”. La comunicazione corporea, nonverbale è oggetto di analisi anche teorica negli ultimi anni e strumento didattico affermato.

Quando ci si forma?
Da giovani o anche da adulti: lungo tutto l’arco della vita. “Lifelong learning” è un’espressione di dominio comune in Europa, che definisce un’estensione temporale ma anche attitudinale: essere capaci di imparare per tutta la vita. Come si impara ad apprendere per tutta la vita? Quali sono le abilità di base?

Per che cosa ci si forma?
Per adattare una persona ad un contesto, per “mettere in forma”. Tutta l’organizzazione del lavoro, anche autonomo necessita di un punto di riferimento a cui far convergere la formazione: linguistica, tecnica, ecc. (le competenze, il saper fare), ma anche il voler fare (intenzionalità) che è pur sempre inserito in una società organizzata aperta/chiusa, gerarchica/negoziale ecc. La libertà assoluta pare sia un’utopia, o meglio un concetto vuoto. Molte opzioni pedagogiche si pongono come finalità la creazione di spiriti liberi, in grado di evolvere nel cammino verso la maturità e oltre, di
poter continuamente setacciare le esperienze della vita con gli strumenti acquisiti in gioventù per scegliere “liberamente”. Alcune applicazioni di una concezione della formazione come pratica filosofica considerano il cammino verso la maturità come un disvelamento della propria personalità profonda, su cui educazione e consuetudini hanno ricamato un vestto stretto, che si strappa e lascia intravedere lembi di natura intima. Molta parte delle tecniche della formazione, ma anche molte pratiche psicanalitiche, applicano variamente questi principi.

P.S. Le scuole italiane del 2000 sono autonome nel programmare la propria offerta formativa.
In particolare 160 ore annue possono essere programmate liberamente dagli insegnanti. In alcune scuole si sta progettando un “modulo di senso”, anche in raccordo col territorio, come si diceva una volta.
Questo spazio, che richiama immediatamente le domande di fondo dell’umanità o della filosofia, potrebbe essere abitato da libere associazioni in grado di dare strumenti operativi ai giovani, ma…
Che cosa è il senso? Come dare un senso allo studio, o alla vita? Chi è abilitato a dare senso?
Domande, risposte, domande…

Corrado Borsetti
formazione del lavoro
comune di Torino