Il racconto di un’alterità
Scorrendo le pagine di Madrugada
Il numero quarantadue è un numero familiare per me: era il numero di casa quando ero ragazzo; conosco tutto: un corridoio, una porta a vetri sul fondo, a destra una scala. Per me è un ritorno a casa; tutto uguale, tutto cambiato. Mia madre non c’è.
In primis incontro Carmine Di Sante, con Statuto letterario della bibbia, libro che attrae per le vicende straordinarie che racconta; disorienta perché introduce in un mondo senza punti fermi; come un deserto per chi l’attraversa o l’erta di un monte scosceso per chi non lo conosce. Il legame con la realtà è la costante del libro, anche se vede oltre.
Enzo Demarchi in L’alleanza come struttura metafisica del reale mette a confronto la cultura analitica del mondo occidentale con la visione sintetica della bibbia; che racconta la meraviglia dell’uomo di fronte alla creazione, senza contestare il ruolo della ragione; raccogliendo anche la dicotomia tra anima e corpo, ma tutto proiettando nella resurrezione, che rompe il ciclo naturale e procede verso un mondo nuovo.
Ora mi accorgo che non sono al numero 42 di casa. Vi scorgo volti incontrati altrove: Paolo De Benedetti mi presenta per il monografico sulla bibbia: La parola e il libro, l’ascolto e la ricerca; tra le sue righe cercherai la storia di rabbi Sussja che conforta quanti temono che la Rivelazione termini con l’ultima parola della scrittura; perché invece basta una parola per dare inizio alla tua ricerca infinita.
L’occhio si distrae sul messaggio biblico, che le immagini di Marc Chagall riprendono ed accostano al nostro sguardo, che cade sull’articolo di Yarona Pinhas: La difficile conquista della fedeltà, che ha come sottotitolo Ricreare lo shalom, oltre l’apparente separazione, e significa ricomporre ciò che nel mondo si rifrange nei granelli di sabbia e di polvere e trovare la radice del maschile e femminile.
Qui si chiude il monografico e si apre il racconto delle opere e dei giorni, nel ritmo dei cicli che si proietta nel flusso della speranza.
Ora sono uscito dal quarantadue, batto i piedi in strada e guardo se il numero corrisponde; fischia il vento del controcorrente: La terra si è fatta amara. I figli si nutrono dei nostri veleni di Giuseppe Stoppiglia, nome noto alle cronache, che formato a coniugare condivisione umana e distacco metodologico, nel confronto tra mostri e uomini, nota che se questi siamo noi, quelli sono il frutto di quel che abbiamo seminato.
Ora ho proprio perso l’orientamento; sono precipitato a Rio de Janeiro, non proprio tra le di Lei braccia, perché se la tiene avvinta Egidio Cardini in Buon compleanno, Rio, buona guida per conoscere una terra d’amore, che fa bene anche nelle cose tristi. E che nessuno se ne abbia a male: i poeti sono gelosi, ma trasparenti.
Raccolgo i miei stracci sulla strada dei pellegrini, la Romea, ed incontro Mario Crosta in L’economia padrona del mondo. Disciplina sistemica o ricettario personale?, dove si parla di micro e di macro; e di tanti che vorrebbero imporre i loro progetti (i micro) al mondo degli uomini (il macro), come se qualcuno dicesse che le strade sono fatte solo per i camion.
L’osservatorio di Mauro Pellegrino col titolo Una rete etica per l’economia planetaria? avanza un’ipotesi alternativa alla conquista planetaria dell’Occidente, nella Scuola di Etica ed Economia, che vuole superare la scissione originaria di cui scrive altrove il dottor Amoroso.
Non è sulla sonda che ho intravisto Andrea Pase in Marte, 2001, bensì a margine di alcune considerazioni su luoghi da abitare e luoghi da occupare; da invadere o da riscoprire. Chi non ha visto “2001 odissea nello spazio” di Kubrick può approfittare del preambolo.
Il corriere mi consegna al volo, oltre il recinto di casa, il diario minimo di Francesco Monini; affrettarsi all’acquisto, per non fare le code per l’ultimo presidente.
Con il cartellino del dilettante, il cronista di Macondo e dintorni racconta le ultime storie variopinte.