Le relazioni all’interno della famiglia

di Cavalieri Giuseppe

Senso condiviso o funzionamento imposto?

Non sarò certo originale, in ciò che dirò, nel senso che non coglierò all’origine un tema tanto complesso e a tuttora irrisolto, qual è il rapporto generazionale genitori­figli o ancora adolescenti­adulti e, più in generale, qual è lo "stato di salute" della famiglia.
Non ho letture fresche su questo argomento, e come potrebbe essere con questo caldo d’agosto, ma la mia sensazione è che di famiglia non se ne parli a sufficienza; eppure gli argomenti che ruotano attorno alla famiglia, mettono in evidenza una profonda mutazione del sistema famiglia (forse non è neppure appropriato parlare di sistema famiglia).
A questo proposito, è stata posta la questione se questa "formazione sociale" sia connaturata con esigenze insopprimibili dell’uomo, se cioè sia una struttura che fa parte della stessa natura umana o meno. Ci si è chiesto quali forme può assumere la famiglia, quali componenti si possono ritenere costituenti la famiglia (nel senso che in loro assenza non si possa più parlare di famiglia), quali funzioni sono proprie della famiglia, se cioè ve ne siano di esclusive, quali siano i valori, gli obiettivi che sostengono e fanno sì che si parli di contesto familiare.

La caduta delle certezze
Attaccata su diversi fronti, la famiglia, a mio avviso, registra una rapida risoluzione di certezze un tempo intoccabili. Se questo sgretolamento del contesto familiare è reale, ciò avviene anche perché, anziché trattare, analizzare il contesto familiare si focalizza l’attenzione sui singoli componenti, descrivendo e prescrivendo per ciascuno di loro quello che io chiamo il "ruolo atteso".
La scarsità di analisi delle relazioni familiari, delle dinamiche interne alla famiglia, viene compensata da una portentosa definizione di comportamenti di ruolo ricoperti da ogni singolo componente. In definitiva, si pone in risalto la posizione soggettiva che ciascuno ricopre nella famiglia in uno scambio di relazioni unidirezionali che attribuisce scarsa o nessuna attenzione al tipo di ricaduta sull’altro.
Verrebbe da chiedersi perché la famiglia sia tanto invocata e rivalutata come cellula fondamentale della società, quanto scarsamente considerata da chi ci vive all’interno e da chi la osserva dall’esterno. L’identità della famiglia, par di vedere, viene disegnata e assegnata da quel contesto più ampio, avvolgente, permeante qual è la società moderna o, come si dice oggi, globalizzata.
Da queste brevi considerazioni consegue che entro la famiglia non affiora un "senso condiviso", intendendo dire con ciò che non circola una linfa che assegni la "giusta misura" agli atti, ai divieti, alle decisioni che vengono adottate per esempio da un adulto o genitore, così come le emozioni, le speranze o i conflitti di un figlio o di un adolescente.
Il senso condiviso è dato dalla consapevolezza che non si è pienamente consapevoli (scusate il bisticcio di parole) dei propri gesti se si è totalmente isolati; che questi trovano il loro senso nella comunicazione di una condivisione non data una volta per tutte ma raggiunta al prezzo di un proprio percorso (a volte incerto) su un terreno comune.
Queste sembrano questioni complesse, ma a volte non è così. Tutto questo a volte si restringe ad un "no" per esempio di un genitore al figlio o viceversa. I no della vita, si dice, aiutano a crescere! Il senso è condiviso, cioè diviso con i componenti della famiglia, quando la lettura che ognuno dà delle azioni dell’altro parte da quella porzione di realtà; e dalla parzialità del gesto risale all’unitarietà del soggetto: questa è la sfida che si gioca in famiglia.

Quali risposte alle domande
Nel percorso compiuto dalla famiglia, l’adolescente chiede nella sua fase più tumultuosa e inquieta di infrangere "schemi relazionali" esige una riconoscimento al di fuori di quanto è "già dato". Forse vuole sperimentare la sua capacità di tenuta nelle relazioni affettive, invadendo deliberatamente un campo sconosciuto. L’adolescente si pone al timone della barca, diciamo del vascello, convinto di poter utilizzare i remi di cui dispone (le dinamiche familiari interiorizzate, se interiorizzate) non conoscendo tuttavia gli eventi prossimi (venti improvvisi, scogli nascosti, ecc.). E naviga, naviga, naviga… (sempre la stessa acqua, sempre lo stesso mare, che noia!).
Sovente la famiglia anziché il corno del "senso condiviso" afferra l’altro, "il funzionamento imposto". Il funzionamento imposto solleva la famiglia dalla dura fatica della ricerca di consapevolezza, non ha bisogno di instaurare relazioni dirette, non soffre lo scarto tra l’interno e l’esterno ed è tutta rivolta all’esterno, griffata, si dice adesso, omologata ad un contesto ampio e avvolgente che chiamiamo società globalizzata, che la vuole funzionante e soprattutto funzionale alle proprie finalità.

La logica della globalizzazione
Negata nella sua identità, la famiglia e i suoi componenti soffrono uno dei più grandi mali contemporanei consistente nella contrazione massiccia dell’uomo ad una sola dimensione (Marcuse docet).
L’uomo è ridotto ad una pedina apparentemente governabile di un calcolo economico, mero anello della catena che si snoda nella dinamica del produrre e del consumare, soggetto e oggetto al tempo stesso dei conflitti più vari. Nella logica del moderno o del post­moderno tutti gli uomini decadono o rischiano di decadere a strumenti viventi di produzione e consumo, ingranaggi di un sistema la cui logica sfugge loro (G. Reale).
La globalizzazione che in altri termini, diciamo più comprensibili, altro non è che la mondializzazione del mercato opera in sostituzione di processi culturali delicatissimi, prodottisi in altre epoche da un lento procedere di gesti che nella "giusta misura" costituivano le premesse di comunità adeguate alle esigenze dell’età dell’uomo.
Nell’età attuale, Z. Bauman ci parla di una società che respinge la stabilità e la durata, preferisce l’apparenza alla sostanza, sceglie come parola chiave "il riciclaggio" e come medium per eccellenza "il videotape" cancellabile e riutilizzabile; di una società dove il tempo si frammenta in episodi ­ il tempo non è più un fiume, ma un insieme di pozzanghere ­ la salute diventa fitness, la massima espressione di libertà è lo zapping (e il cellulare, aggiungo io) l’economia invoca e ottiene la deregulation universale.
È possibile, se questi sono gli scenari, che la famiglia rimanga neutrale? e gli adolescenti quali rimandi hanno da questa situazione, come si pongono dinanzi a questi fatti?