Mitologia e religione

di Demarchi Enzo

L’acqua non è solo l’elemento naturale di cui parlare oggettivamente in maniera distaccata, "scientifica e tecnica", non emotiva ­ per risolvere i tanti problemi connessi alla vita di uomini, animali e vegetali in questo mondo. L’acqua è anche una realtà cui l’uomo partecipa come essere di questo mondo: di essa l’uomo parla costruendo miti e credenze religiose che interpretano la sua esistenza. Parlando dell’acqua l’uomo parla anche del suo destino di uomo, della sua avventura su questa terra. L’acqua diventa così simbolo della vita umana, diventa cioè una parola che dicendo se stessa dice altro da sé, perché acqua e uomo sono, in qualche modo segreto ma realissimo (mistero), collegati a una vicenda che potremmo chiamare cosmico­antropologica (e anche teologica). Mentre la scienza analizza la realtà costruendo oggetti totalmente liberi da influenze soggettive, mito e religione sintetizzano, amalgamando intuizioni, sentimenti, emozioni, fantasie del soggetto con gli oggetti dell’esperienza vitale.
Mi limiterò a qualche accenno ai miti religiosi relativi all’acqua, e alla loro assunzione e trasformazione all’interno della tradizione biblica e della liturgia battesimale cristiana (senza dimenticare l’importanza e il significato che hanno tanti miti, per così dire secolarizzati, presenti nelle arti, per es. nella letteratura ­ narrativa e poesia ­ e nel cinema).

L’acqua, all’origine, è teologica
«L’acqua è essenzialmente femminile e madre. Vivificante, rinnova la vita di tutti gli esseri. Il simbolo dell’acqua generatrice e rigeneratrice potrebbe venire da molto lontano: le acque del caos da cui emerse il mondo e l’acqua che circonda il feto nel ventre materno, sono esattamente parallele. Si comprende quindi quanto sia grande la differenza fra acqua e fuoco; il fuoco è, per così dire, antropologico [cfr. mito di Prometeo], l’acqua essenzialmente teologica» (G.Van der Leeuw, 39). Le acque precedono ogni forma e sostengono ogni creazione. È soprattutto nella tradizione religiosa dell’India che appare la caratteristica dell’acqua come fons et origo, matrice di tutte le forme di esistenza: «"Acqua, tu sei la fonte di tutte le cose e di ogni esistenza!" dice un testo indiano, sintetizzando la lunga tradizione vedica. Le acque sono il fondamento del mondo intero, sono l’essenza della vegetazione, l’elisir dell’immortalità… assicurano lunga vita, forza creatrice, e sono il principio di ogni guarigione, ecc. "Che le acque ci portino il benessere!", pregava il sacerdote vedico. "Le acque, in verità, sono risanatrici; le acque espellono e guariscono tutte le malattie"» (M.Eliade I, 193).
Le stesse tradizioni dei diluvi sono legate alla capacità che hanno le acque di reintegrare periodicamente la creazione: l’umanità periodicamente scompare nel diluvio o nell’inondazione per i suoi peccati, ma non perisce mai definitivamente, bensì riappare sotto forma nuova, come nuova umanità in un’era nuova. La funzione delle acque, in qualunque sistema religioso esse appaiano, è sempre la stessa: disintegrare, abolire le forme, lavare i peccati, purificare e insieme rigenerare (Idem I, 219­221, passim). L’acqua è dunque sentita ambivalentemente come pericolo mortale e come occasione di vita. Ogni contatto con l’acqua, se praticato con intenzione religiosa, riassume i due momenti fondamentali del ritmo cosmico: reintegrazione nelle acque (morte) e creazione (vita).

I miti del serpente e del drago
Degni di nota i miti riguardanti la lotta (di dèi o eroi) contro il serpentedrago, che abita profondità marine o sotterranee, per domare le forze riottose del male o conquistare "tesori" quali immortalità o poteri magici sulla natura. Miti che entrano anche nella Bibbia, ad es. in Giobbe, col ricordo dell’ippopotamo e del coccodrillo, in realtà i mitici Behemot e Leviatan, mostri del caos primitivo, potenze nemiche vinte da Jahvé (Gb 40,941,26); e nell’Apocalisse, che richiama la Genesi con la visione della donna e del drago (Ap 12). La tradizione biblica accoglie i miti e i simbolismi acquatici spiritualizzandoli e storicizzandoli (o più semplicemente, umanizzandoli di quell’umanità aperta alla rivelazione dell’alleanza con Dio in una "storia sacra"). Sin dall’inizio, quando la terra era ancora «informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso, lo spirito di Dio aleggiava sulle acque» (Gn 1,2). Si tratta delle acque primordiali, caotiche, che rappresenteranno sempre il pericolo incombente della distruzione e dei cataclismi (diluvi e inondazioni), il polo negativo, per così dire, della creazione, ma sul quale agisce ordinatrice la Forza del Creatore (cf. Salmo 33,7 e Giobbe 38,8­11). «Dalla massa indistinta del liquido primigenio Dio trae, con un proprio ordine, le due distese delle acque superiori e di quelle inferiori, ponendo tra le une e le altre il firmamento (cf. Gn 1,6). A questa iniziale separazione segue poi la raccolta delle acque terrene in un sol luogo, così da far apparire l’asciutto e dare origine all’aspetto del mondo che si offre all’esperienza quotidiana (cf. Gn 1,10)» (G.Busi, 209).

Acque inferiori e acque superiori
Interessanti le leggende e gli sviluppi mitologici della tradizione giudaica postbiblica che vede nelle acque inferiori un elemento ribelle, una sorta di personificazione di un principio acosmico che si oppone all’ordine divino: «Disse loro il Signore: separatevi in due parti: metà di voi salirà in alto, metà andrà in basso. Pur sapendolo, tutte salirono in alto. Disse loro il Santo… siete salite tutte! Le acque replicarono: non scenderemo… Per questo furono chiamate "acque sfrontate". La reazione di Dio non si fece attendere: Egli stese il suo dito mignolo e le lacerò in due parti, così una metà, anche se non voleva, cadde giù.
Estremamente irato, il Signore avrebbe voluto bruciarle, tanto che queste si presentarono supplichevoli al suo cospetto. Disse dunque loro: sappiate che intendo far passare calzati i miei figli in mezzo a voi. Se vorrò farvi mare, vi farò mare, se vorrò farvi terra, terra sarete» (Idem., 209­210). Queste ultime parole esprimono bene l’introduzione del simbolismo acquatico, di ordine cosmico, nel mondo storico dell’uomo (popolo eletto) guidato dall’azione dello Spirito nel passaggio del Mar Rosso e, in seguito, del Giordano. «Nel racconto biblico, il nome di Mosè è l’esito di un’esclamazione spontanea, che lega il protagonista al dominio dell’acqua: "Fu per lei (figlia del faraone) come un figlio ed ella gli pose nome Mosè, perché disse: l’ho tratto dall’acqua" (Es 2,10). Dalla cesta spalmata di bitume e di pece e nascosta nella giuncaia del Nilo ai flutti del mare dei Giunchi (Mar Rosso), che egli fa aprire con un gesto della mano, e fino alle acque del deserto rese potabili, o fatte sgorgare dalla roccia, l’intera vicenda di Mosè soggiace al simbolismo dell’elemento acquatico» (Idem, 206). Soggiace dominandolo al tempo stesso, perché è l’alleanza con Jahvé e la forza del suo Spirito che permette a Mosè di fare dell’acqua un "mare di morte" per i persecutori e una "terra (l’asciutto) di passaggio" per i liberati dalla schiavitù.

L’acqua del battesimo
Ma è nella storia del battesimo cristiano che si verifica la piena valorizzazione del simbolismo acquatico in un contesto di "storia di salvezza".
Nella Veglia pasquale, dopo aver invocato la presenza di Dio in mezzo al suo popolo in preghiera, così viene presentato il "mistero" dell’acqua battesimale: «Degnati, Signore Dio nostro, di benedire quest’acqua, che hai creato perché dia fertilità alla terra, freschezza e sollievo ai nostri corpi. Di questo dono della creazione hai fatto un segno della tua bontà: attraverso l’acqua del Mar Rosso hai liberato il tuo popolo dalla schiavitù; nel deserto hai fatto scaturire una sorgente per saziare la sua sete; con l’immagine dell’acqua viva i profeti hanno preannunziato la nuova alleanza che tu intendevi offrire agli uomini; infine nell’acqua del Giordano, santificata dal Cristo, hai inaugurato il sacramento della rinascita, che segna l’inizio dell’umanità nuova libera dalla corruzione del peccato» (preghiera per la benedizione dell’acqua battesimale durante la Veglia pasquale).
«L’uomo vecchio muore per immersione nell’acqua dando nascita a un uomo nuovo rigenerato (…). C’è anzitutto la valorizzazione del battesimo come discesa nell’abisso delle Acque per un duello col mostro marino.
Questa discesa ha un modello: quella di Cristo nel Giordano, che era al tempo stesso una discesa nelle Acque della Morte (…). Viene quindi la valorizzazione del battesimo come ripetizione del Diluvio. Cristo, nuovo Noè, uscito vittorioso dalle Acque, è divenuto il capo d’una razza. Il Diluvio raffigura, alla pari del battesimo, la discesa nelle profondità marine (…). Anche la nudità battesimale comporta un significato rituale e metafisico insieme: è l’abbandono del vecchio abito di corruzione e di peccato di cui il battezzato si spoglia al seguito di Cristo, ma anche il ritorno all’innocenza primitiva, alla condizione di Adamo prima della caduta [parallelismo Cristo ­ Adamo] (…). Ci si rende conto delle innovazioni cristiane: i Padri cercavano corrispondenze tra i due testamenti, mostravano che Gesù aveva realmente adempito le promesse fatte da Dio al popolo d’Israele.

Simbolismo universale
Ma ciò che importa osservare è che queste nuove valorizzazioni del simbolismo battesimale non contraddicono il simbolismo acquatico universalmente diffuso. Noè e il diluvio hanno, in innumerevoli tradizioni, un corrispondente nel cataclisma che ha posto fine all’umanità (società), ad eccezione d’un solo uomo che diverrà il mitico Antenato d’una nuova umanità. Le Acque della Morte sono un leitmotiv delle mitologie paleoorientali, asiatiche e oceaniane (…). Nemmeno il simbolismo della nudità battesimale è privilegio della tradizione ebraico­cristiana. La nudità rituale equivale all’integrità e alla pienezza…
Ogni nudità rituale implica un modello atemporale, un’immagine paradisiaca. I mostri dell’abisso, infine, si ritrovano in numerose tradizioni: gli eroi, gli iniziati discendono in fondo all’abisso per affrontare i mostri marini; si tratta di una prova tipicamente iniziatica (…). Il battesimo è per il cristiano un sacramento perché istituito da Cristo. Nondimeno esso riprende il rituale iniziatico della prova (lotta contro il mostro), della morte e della risurrezione simboliche (nascita dell’uomo nuovo)» (M. Eliade II, 113116, passim).
Figli insieme del cosmo e di Dio, «ritroviamo nei riti del battesimo i simboli e il potere di questa ricchezza infinita a cui apparteniamo (…).
Nella tradizione ebraico­cristiana l’acqua significa anzitutto trasformazione… Ritorniamo all’acqua per ristabilire un rapporto con la vita attraverso la purificazione… Attraverso l’acqua siamo battezzati nel nome della Trinità e immersi nella grazia di Dio…
Nel battesimo emergiamo dall’incoscienza per ottenere la pienezza della coscienza» (E.E. de Miranda, 2021). I battezzati sono gli "illuminati".
È con questo cuore purificato e rigenerato che Francesco d’Assisi ­ desideroso di essere un "fratello" universale nel cuore della creazione, anche in mezzo a piante, bestie, stelle, vento, acqua e fuoco ­ poteva cantare

Bibliografia
. Gerardus van der Leeuw, Fenomenologia della religione, P.Boringhieri, Torino 1960.
. Mircea Eliade, I Trattato di storia delle religioni, P.Boringhieri, Torino 1981;
II Le sacré et le profane, Gallimard, Paris 1965 (tit.orig. Das Heilige und das Profane)
. Giulio Busi, Simboli del pensiero ebraico, Einaudi, Torino 1999
.Messale dell’Assemblea cristiana, Veglia pasquale, "Preghiera per la benedizione dell’acqua battesimale", Elle Di Ci. Torino­Leumann 1975.
. Evaristo Eduardo de Miranda, Acqua, soffio e luce ­ Riflessioni sui simboli del battesimo, Àncora, Milano 1999.