Cronaca dalla sede nazionale

di Farinelli Gaetano

1 agosto 2004 – Badia Prataglia (Ar). Dal 1° al 7 si è tenuto il campo di formazione per gli adolescenti e i giovani Diverso come me, che aveva come luogo il gruppo e come strumenti l’orchestra a percussione e la narrazione, in funzione della scoperta di sé e dell’altro. Il gruppo composito, formato da giovani di età variabile tra i sedici e i ventiquattro anni, di provenienza e di formazione diversa. Assieme ai giovani un numero rilevante di adulti, con famiglia e senza, compresi gli animatori e gli esperti per l’orchestra e per la narrazione. Dentro la casa, su per la montagna e tra i boschi, con il ritmo e con la parola i giovani e le ragazze percorrevano i sentieri del sentire e della coscienza e ciascuno faceva tesoro delle sensazioni e delle intuizioni per scoprire dentro di sé l’ombra e la luce e sentire la presenza dell’altro nel percorso della relazione. Paola e Lele gli animatori, Cecilia e Dario i tutori, Lucio e Antonella gli esperti del ritmo e della parola, Alessandra con Jacopo e Pier Matteo e altri i cui nomi sono svaniti nell’intercapedine del cuoio capelluto.
Troina (En). In contemporanea con Badia si tiene il campo dei giovani di età compresa tra i venti e i trent’anni. I componenti sono una trentina e si ritrovano attorno al tema Le città impossibili. Responsabili e animatori del campo Fulvio, Roberto e Silvia. Collaboratori Marco Manzoni filosofo, Luciana Schiazza architetto, Francesco Micheli regista d’opera, Vanni Maggioni sociologo, Carlo Magnoli architetto, Gaetano Farinelli, Giuseppe Stoppiglia figure note nel panorama macondino. I partecipanti provengono da Veneto e Lombardia. Il camposi tiene nel complesso di Città Aperta, in sale ampie e luminose, un poco ridondanti e sovraccariche, nel difficile tentativo di scoprire la pianta della città del Sole in questi chiari di luna. I partecipanti e il tempo sono occupati dalle relazioni e dalle serate creative di teatro d’opera, dalla lunga e suggestiva gita sull’Etna, e dal conforto del ristorante.

2 settembre 2004 – Rossano Veneto (Vi). Il gruppo giovani della parrocchia rientra dal Brasile. Quest’estate sono stati 31 i volontari (di cui 4 adulti, la famiglia di una dentista di Rossano e 23 giovani dai 18 ai 30 anni) che hanno voluto dedicare un mese a un progetto solidale. Il viaggio è stato preparato durante l’anno, con un corso di portoghese, di cultura brasiliana e con l’ascolto di testimoni che avevano già vissuto in Brasile. I ragazzi sono stati accolti a Grajaù, un quartiere di Rio de Janeiro, dall’associazione Amar. «Non abbiamo fatto grandi cose – dicono i ragazzi -abbiamo però condiviso la vita, la lotta delle persone dell’associazione che lavora per ridare dignità e speranza ai più emarginati». A tal fine si sono inseriti nei diversi progetti portati dell’associazione Amar: nell’Abordagem na rua (incontro nella strada con i bimbi di strada), si sono dedicati a curare un orto comunitario; hanno organizzato un bazar con tutti i vestitini donati da alcun e ditte di Rossano e si sono dedicati al progetto Cachoerinha (un aiuto per le mamme), per il doposcuola della favela del Macaco; hanno trascorso parte del tempo nella scuola di calcio nella favela di Ramos. Grazie alla dentista rossanese, con l’ausilio di unità mobile della pastorale dei minorenni di Rio de Janeiro, i meninos de rua hanno avuto l’opportunità di ricevere visite e cure dentistiche.

3 settembre 2004 – Tonezza del Cimone (Vi). Tre giornate A colloquio con il femminile. Sono giorni luminosi e ancora caldi, con un cenno di pioggia, ma poi sole e sereno; la notte trascorsa nei i boschi e sui colli a vedere gli spazi che l’uomo ha abitato e trasformato nel rapporto con la natura, la montagna, il vento e la pioggia, gli alberi e le fiere. Hanno condotto la conversazione Yarona Pinhas che proviene da Israele, Marcella Filippa, scrittrice della Fondazione Nocentini, Antonia Tronti versata in filosofia orientale, Carmine di Sante teologo, filosofo e biblista. Cento almeno le persone che hanno partecipato al convegno, compresi gli infanti, i bambini, gli uomini, le donne e gli anziani. L’ambiente accogliente grazie al personale che ha supportato con il proprio servizio le giornate dense di emozioni e di pensieri e di parole. L’assemblea, un cuore pensante, avrebbe detto la giovane Hyllesum.
Apriva il convegno Giuseppe Stoppiglia, che diceva: se viene a mancare il rapporto uomo donna, il lavoro è alienante, perché diventa un modo di rispondere al ruolo, cui lo spinge la sua razionalità; la donna lo richiama all’interiorità e dunque al senso. Accettare la donna significa accettare la fede (accettare la misura e la non misura) che dà senso al vivere.
Veniva data la parola a Yarona Pinhas, ebrea che vive in Israele, che ci parlava della donna o meglio ancora del femminile nella Torà. Affermava: L’uomo è la scrittura, la donna è l’interpretazione, è la lettura orale; l’uomo è la memoria, la donna è il silenzio; l’uomo è l’esterno, la dona è l’interno. Il percorso della parola porta alla conoscenza dell’interiore, dell’inconscio; al superamento dell’albero della scienza del bene e del male, della divisione tra bene e male, per giungere presso l’albero della vita che appartiene al femminile. Il femminile è la cosa nascosta perché preziosa, è il buio dal quale nasce la luce; come il sabato, che è femminile, nasce dalla tenebra del venerdì allo stesso modo dall’ascolto che è femminile sorge la interpretazione della parola. La parola è maschile, ma nel momento che viene letta è il femminile che sorge e diventa interpretazione della parola, e l’uomo come Adamo accoglie in se il maschile ed il femminile, e dunque la luce e il buio, il bene ed il male, nell’albero della vita, che non fa distinzione tra il bene ed il male, e li accoglie. Come le contraddizioni della vita.
Seguiva Marcella Filippa. Raccontava di donne molte donne del novecento: Edith Stein, Zambrano, Hetty Hyllesum, Silvie Germain ed altre, ciascuna con un cammino, un loro percorso particolare, alla ricerca dell’unione maschile femminile, dell’amore che supera le barriere dell’odio, della trasgressione come resistenza alla omologazione ed alla violenza della legge e Marianne Golz di cui il figlio riscatterà la memoria di donna che con la sua voce di cantante accompagnava le amiche nel braccio della morte. Con l’invito al racconto si concludeva la conversazione di Marcella.
Nel pomeriggio del sabato parlava Antonia Tronti del suo rapporto con l’India, con la cultura Indù antica, per scoprire il significato del femminile come terreno di incontro, di unificazione e di integrazione, come esperienza mistica di rapporto con la natura, in cui l’identità non significa emergere del singolo io, ma scoperta di un terreno comune e di un ambito che dà senso all’io piccolo, al sé, che è la interiorità, che è la forza che ci proviene dal legame con l’essere. La nostra identità è legata all’essere, il femminile ce lo fa scoprire nella intuizione mistica.
La domenica concludeva Carmine di Sante, teologo e biblista. Diceva: L’uomo non è un essere determinato, questo lo distingue dalle bestie; errore sarebbe quindi dare alla donna nella coppia solo la funzione di ruolo: sposa, madre, amante, ecc. la donna, il femminile non è un ruolo ma è la possibilità dell’uomo, la tenerezza di dio, l’accoglienza; con la quale non si può definire un rapporto a priori, perché appunto il rapporto si costruisce. Una programmazione del rapporto è la fine del rapporto; la donna non è una condizione naturale, ma una possibilità di relazione e di identità nella relazione. Accoglienza e tenerezza.

7 settembre 2004 – Venezia. Arriva padre Edilberto Sena. Sarà ospite presso gli amici e preso Macondo per dieci giorni. Questa volte non è venuto per lavoro, ma per trovare gli amici, fare festa, noi diremmo ferie con qualcosa in più. Un momento quindi di distensione, un’occasione anche per visitare l’Italia, che per arte, e storia non si finisce mai di percorrere, neppure noi che ci abitiamo. Ha preso occasione anche per una visita alla Veneto Banca e presso gli amici della banca che seguono con interesse l’attività svolta da padre Edilberto in Santarem. Un visita amichevole anche presso il direttivo della Fiba di Treviso e al suo segretario il signor Alessio Vascello.

16 settembre 2004 – Padova. Giuseppe viene ricoverato al policlinico per un intervento chirurgico. Munito di torcia elettrica, il gruppo medicale si è addentrato nei meandri profondi dell’interiorità addominale alla ricerca di un passaggio che era rimasto sospeso sul congiuntivo di un discorso pronunciato a reti unificate. Hanno trovato alcune giacenze obsolete e pendenze fluttuanti, hanno tagliato corto sui calcoli di bilancio, hanno alleggerito le sospensioni e si sono fermati dopo il sesto calcolo senza abusare di alcun teorema per non complicare la salita di Orfeo e alleggerire l’incontro con Cassandra e le ombre cinesi. Hanno trovato l’oggetto misterioso all’ultimo passaggio. Hanno chiuso in tempo massimo. Il periodo d’ospedazione è stato breve ma intenso, lunga invece la marcia per la presa del potere che nel frattempo era caduto nelle mani dei suoi luogotenenti che gli tenevano nascosto l’alto ed il basso, onde perdesse le tracce sulla via di mezzo, che poi si sono rilevate grazie al DNA ed agli odori omeopatici. Che dio salvi la Regina! È riemerso dall’oblio dopo giorni e giorni di cammino indefesso e di scorribande tra il limite ed il sonno.

17 settembre 2004 – Arzerello (Pd). Andrea Agostini invita Mario Bertin a parlare in occasione della fiera di paese sul tema La povertà nella modernità. Era un’occasione per parlare di Francesco, ma anche di raccogliere il significato oggi della povertà. Mario ha compiuto un lungo excursus sul significato della modernità, l’affermarsi dell’individuo, della libertà individuale, del denaro e della finanza. E qui poi ha richiamato il significato di Francesco e del suo rapporto con il povero e con il denaro. Il pubblico seguiva con interesse e meraviglia l’incalzare del racconto etico e filosofico.

25 settembre 2004 – Ferrara. Redazione di Madrugada. Siamo nella sede della Cooperativa Le Pagine che ha subito un’agile e funzionale ristrutturazione. Manca per ragioni logistiche Mario; l’ha detto anche Silvio che è necessario un ponte tra l’isola e la terra ferma; che l’isola naviga, il ponte la tiene. I continenti vanno alla deriva, li fermano le grandi opere. L’agile masnada dei redattori ha affrontato l’ordine del giorno argomento, che poi era sera e le direzioni dell’affondo erano varie e diverse; sfuggente l’obiettivo, che è stato fissato su I luoghi d’incontro, argomento che affascina e può avere una declinazione molto ampia.

26 settembre 2004 – Valle San Floriano, Marostica (Vi). Quarta Marcia dei Ragazzi di Strada. Il gruppo di Valle capitanato da Fabio attorno al quale sono cresciuti e rafforzati molti altri leader ha organizzato anche quest’anno la marcia campestre cui hanno aggiunto pure la maratona. A migliaia si sono riversati sulla valle provenienti da ogni luogo della terra, sembrava l’Apocalisse, la profezia di Isaia, anche se mancavano i cammelli a portare i lontani ed i vicini che invece arrivavano in macchina. Famiglie intere, gruppi tribali, giovani e vecchi e bambini; un mondo di generazioni, nati nel secolo che corre e nel secolo scorso; assenti quelli dell’ottocento, perché non più iscritti all’anagrafe. Sul palco dei premi distribuiti ai partecipanti Gianni Castellan ha parlato per ore a spiegare gli obiettivi della marcia, a presentare i gruppi e a presenziare alle premiazioni, assieme a Lella Costa che ha voluto onorare della sua presenza la nostra grande manifestazione, con tremilaseicento iscritti senza contare gli osservatori, i curiosi, gli amici. Una marea. Lo spettacolo ha continuato nel pomeriggio e la sera, con lo stand gastronomico e le canzoni in concerto. Lella ha poi visitato il nostro presidente ancora convalescente sostituito all’occasione dal vice presidente, con una simpatia inferiore, ma con un tono professionale spiccato, almeno per quel che si sente dire. Giornata splendida, sole bianco, prati verdi, alberi ombrosi, volti sorridenti, alcuni rubizzi, altri scuri, altri bianchi, tutto secondo le statistiche dell’ascolto.

2/3 ottobre 2004 – Osnago (Lc). Fiera di San Giuseppe Artigiano. 7° festival di Viaggi Luoghi e Culture. Immaginimondo organizza una serie di incontri, spettacoli, mostre e proiezioni per gli studenti delle elementari e delle superiori. Tra gli organizzatori la sempre ed ovunque presente Daniela Dell’Angelo; nel sabato assieme a Cornacchione nei panni del Povero Silvio c’era Macondo rappresentato da Farinelli in controfigura, che il presidente era ancora latitante, per parlare del viaggio, del partire, del suo significato, cui seguiva la conversazione esilarante di Antonio. Allo stand di Macondo presenti Lele, Andrea, Luca. Numerosi gli studenti che assediavano il comico, costretto a ripetere la sua firma su carta, cortone, cartongesso, pelle umana fino all’oblio.

9 ottobre 2004 – Fano (Pu). Decimo anniversario di don Paolo Tonucci, già parroco a Camaçarì in Bahia, che alcuni amici di Macondo hanno conosciuto alla fine degli anni Ottanta e con il quale hanno mantenuto i rapporti fino alla sua morte. Fare memoria e andare avanti questo era il titolo della settimana di incontri, conversazioni e filmati tenuti in vari luoghi, religiosi e civili di Fano. La frase stava ad indicare il desiderio di non fermarsi ai ricordi, ma di andare oltre per realizzare il suo messaggio, che era l’annuncio del vangelo ed insieme la partecipazione alla vita del popolo, alle sue fatiche, alle sue lotte, nelle sue angustie, e nelle sue difficoltà.

20 ottobre 2004 – Milano. Presentazione del libro di Giuseppe Stoppiglia, Camminando sul confine. Intervengono Moni Ovadia, Franco Riva, Don Gino Rigoldi, Guido Formigoni. Parla anche l’autore; nel finale interviene il clown Procopio con il suo linguaggio ingenuo ed irridente. Linguaggio diretto, comunicazione immediata, punta direttamente alle radici delle questioni, libertà e liberazione, libertà e bene comune; queste erano le parole usate dai relatori per introdurre il tema e il significato del libro, che la casa editrice Città Aperta ha voluto inaugurare al pubblico. Era presente il direttore della casa editrice Mario Bertin. Presenti una settantina di persone, tra cui vari amici di Milano e dintorni.

23 ottobre 2004 – Venezia. Stefano Benacchio, redattore di Madrugada, vola a Miami, anche per aprire nuovi spazi di collaborazione attorno alla rivista Madrugada, ospite degli amici Luca e Roberta Zaramella.

27 ottobre 2004 – Pove del Grappa (Vi). Due amici brasiliani in visita a Macondo, Mario e Sebastiano della associazione Amar. Sono ospiti della Comunità di Mira, su invito della dottoressa Monica Lazzaretto, all’interno di un progetto di formazione e di scambio di conoscenze delle sensibilità, delle solidarietà sociali, e delle tecniche di recupero e di inserimento di persone emarginate. Vari sono stati gli incontri con gruppi ed associazioni, tra cui il Gruppone di Treviso e la parrocchia di Rossano, che ha condotto anche quest’anno per la seconda volta un gruppo di ragazzi e ragazze a vivere l’esperienza dei ragazzi di strada a Rio de Janeiro.

30 ottobre 2004 – Ferrara. In via delle Scienze la Cooperativa Le Pagine inaugura una libreria per i ragazzi. È un avvenimento importante, perché apre un mondo di ricerca, di fantasia e di sapere ai minori, senza distoglierli dai loro giochi, realizzato dalla mente fertile del presidente Francesco Monini assieme ai suoi collaboratori. Sulla strada davanti alla porta di ingresso ancora chiusa due trampolieri, un uomo ed una donna, stendono un cordone che sostiene pagine illustrate di carta. La folla preme sulla strada stretta alle spalle del sindaco, che taglia il cordone inaugurale-ombelicale per non essere travolto dai bambini che cantano. Nasce la libreria e la folla di fanti e infanti, spingendo, finalmente entra nella sala colma di libri e carica di voci. Francesco tiene in mano le carte di un discorso che non farà.

Gaetano Farinelli

redazionale
Bolivia e Peù
Le immagini di questo numero di Madrugada

Emozioni che si ricevono e si trasmettono

Perché la fotografia? Che cosa si vuole trasmettere utilizzando quella piccola scatola nera? Sono domande che chi ama fare foto, e di un certo tipo, spesso si pone. Almeno a me capita spesso. E la risposta non è sempre pronta dietro l’angolo, anzi. Difficilmente spiegabile in maniera del tutto razionale. Credo che la fotografia sia prima di tutto emozioni. Che si ricevono e che si trasmettono. In maniera piuttosto istintiva.

Una realtà senza filtri

Bolivia. Peù. Potrei raccontare della natura splendida di quei luoghi, dei paesaggi, tanto vasti da sembrare infiniti; ma ciò che più mi ha colpito, che mi ha coinvolto visceralmente, è stata la gente di quei luoghi. Una realtà talmente diversa da quella in cui viviamo, che per chi non è preparato (e anch’io lo ero fino a un certo punto) può risultare addirittura surreale, oltre che scottante per la crudezza con cui talvolta ti si mostra. Parlando in termini fotografici, la definirei senza filtri. Ecco perché preferisco parlare di esperienza di vita piuttosto che di viaggio. La fotografia è stato prima di tutto uno strumento per venire a contatto con quella gente, con quelle realtà. Un modo di avvicinarsi alle persone, piuttosto che di allontanarsene (come spesso capita facendo foto alla giapponese, un click e via, così a casa abbiamo un bell’album di ricordi). Ma fare fotografie in questo modo non è sempre facile, anzi. Tu comunque appari spesso ai loro occhi come un ricco turista in vacanza, a cui andare a chiedere due spiccioli o vendere qualcosa. E risulta difficile abbattere questa barricata. Occorrono sensibilità e umiltà da parte di chi ha la macchina fotografica in mano.

Scattare e a volte poi pentirsi

Quando mi è capitato di riuscire ad infrangere questa barriera, parlando con la gente, giocando con i bambini, rispondendo a un sorriso, allora quello che ho ricevuto sul piano umano è stato unico. Difficilmente descrivibile a parole. La maggioranza delle foto che mi hanno soddisfatto di più, non a caso, sono state fatte nelle missioni in cui ci siamo fermati durante il nostro cammino. Dove più che in ogni altro luogo è stato possibile un contatto umano con la gente del posto.
Rimane il fatto che in diverse situazioni non sono riuscito (e non ho voluto) tirare fuori la macchina. Credo sia stato giusto così. Il lato umano ha prevalso su quello del dover portare a casa una splendida foto, forte, di impatto. Molte volte è stato difficile scegliere come comportarsi. Mi è anche capitato di aver scattato delle foto per poi essermene pentito. Magari il risultato dello scatto è stato notevole, ma non la considero comunque una buona fotografia.
Sono trascorsi ormai un anno e mezzo da quella esperienza. Ogni volta che riguardo le fotografie che ho scattato in quei luoghi torno a rivivere le sensazioni provate laggiù. Questa è la grande magia che esperienze di questo tipo rendono possibile, grazie anche a quella piccola scatola nera.

Luca De Antoni
e-mail: lachi.liuc@virgilio.it