Amici per sempre

di Elena Buccoliero

«Cara Renata, tre giorni fa è arrivato un bambino nuovo nel mio condominio, io vorrei conoscerlo ma sono timida e non so come fare. A me sembra un bravo bambino a vederlo, ma non so. Come posso fare? Tu cosa consiglieresti?».
La richiesta di aiuto è espressa da una bambina di nove anni. È una degli alunni di Renata Cavallari, insegnante di religione in una scuola primaria e da oltre quindici anni promotrice di una corrispondenza diretta con i bambini che desiderano parlarle di sé.
Passando in rassegna i messaggi ci accorgiamo che non è cambiata nel tempo la centralità dell’amicizia, presente in una miriade di biglietti per esprimerne gioie e difficoltà.
È ai momenti belli che dedichiamo questo spazio della nostra rubrica Grandi domande.
Il rapporto tra coetanei e la ricerca di un’attenzione speciale si conferma, per la fascia di età 6-11 anni, la principale palestra per conoscersi e sviluppare le molteplici competenze necessarie per intrattenere relazioni paritarie con gli altri. Alla timidezza di Cloe, ad esempio, fa eco la scoperta di Anna, otto anni, che si è trovata nello stesso imbarazzo ma lo ha superato: «Una settimana fa volevo conoscere una bambina ma avevo paura, mi sono sforzata e alla fine l’ho conosciuta. Si chiama Lory e fa la terza».
Superate le barriere, gli amici sono protagonisti nella festa. Compleanni, grandi occasioni, sacramenti sono progettati e attesi. Laura, 10 anni: «Non puoi neanche immaginare quanto io sia felice perché questo sabato sarà il compleanno della mia amica e ci saremo noi del Club delle Fantastiche 5. Poi ci saranno anche Lollo, Marco, Sauro e Nicola, e perlopiù io resterò a dormire. La prossima settimana ti farò sapere com’è andata». E Anna, 8 anni: «Cara Renata, alla festa eravamo in otto e abbiamo fatto la caccia al tesoro con i proverbi, abbiamo fatto un laboratorio in cui c’era una sagoma a forma di unicorno che dovevamo decorare e abbiamo mangiato la pizza!».
Queste bambine descrivono feste pensate per loro dagli adulti, o quantomeno insieme a loro. Pomeriggi divertenti, sicuri, istruttivi.
Fa da controcanto Monica, 10 anni, che mostra un altro aspetto dello stare insieme, più spontaneo e meno sorvegliato. Dimensioni che possono integrarsi nell’esperienza complessiva dei bambini e delle bambine. Scrive infatti Monica: «Cara Renata, domenica per me era stato bellissimo perché io, Donato e mio cugino siamo andati in cerca di gatti e abbiamo trovato un gattino abbandonato. Quindi siamo andati al mio bar per prendere il panino con il prosciutto cotto e gli abbiamo dato tutto il prosciutto cotto. Poi siamo andati a casa. Spero che stia bene».
Un’atmosfera da “ragazzi della Via Pal” avvolge i piccoli esploratori, con il merito della generosità e della cura verso quel gattino abbandonato e affamato.
Anche in assenza di occasioni particolari, stare insieme è una festa. «Ciao Renata vorrei raccontarti di quando verrà la mia amica a cena da noi» – scrive Federica, 9 anni. «Lei è una mia compagna di danza che però non vedo da un anno, perché è stata male e quindi non è venuta. Ci conosciamo dalla materna. Non vedo l’ora che sia sabato».
Bambini e bambine si emozionano quando si ospitano per la notte. Con anticipo raccontano alla maestra Renata il progetto di accogliere un amico o di fermarsi da lui, da lei. A 6, 7 anni sono probabilmente le prime occasioni per dormire fuori senza i familiari. È il tempo per mettere alla prova il proprio livello di autonomia ma anche per conoscersi nell’intimità del pigiama, per condividere i riti del sonno e del risveglio. Ci si mostra così alle persone importanti, quelle con cui si può essere pienamente sé stessi.
Tra le gioie delle amicizie ci sono i doni. Quelli di compleanno sono un pacere prevedibile, i bambini ne parlano godendo dell’oggetto ricevuto, corrispondente ai desideri o sorprendente, ma più ancora colpiscono i doni non programmati. Lalla, 7 anni, scrive all’insegnante: «Lo sai che Gioia mi ha regalato la sua bicicletta perché le era piccola?». E Adele, 8 anni: «Renata, io ho un’amica molto grande che mi ha regalato una foto con tre ragazzi che sono veri». È un peccato non poterle chiedere che cosa intenda per “veri”, forse vuol dire che la fotografia ritrae amici e non cantanti o altri personaggi pubblici? In un tempo in cui anche i più piccoli fruiscono del web e ne sono interpreti, questa sarebbe una bella occasione per interrogarsi su ciò che è vero e su ciò che è falso.
Sara, 9 anni, ha ricevuto un dono molto speciale, di quelli che non si comprano e che testimoniano l’importanza dell’amicizia: «Questa mattina è stato molto bello perché la mia amica Federica mi ha fatto conoscere suo padre». Non conosciamo la situazione ma si intuisce che questo papà non è una presenza consueta accanto a Federica, forse è molto impegnato con il lavoro, o non è sempre in città. Sara sperimenta che conoscere gli affetti più cari dei propri amici è un atto di fiducia e disponibilità reciproca, un modo per approfondire il legame.
Giulio, 8 anni, teneramente confida alla maestra Renata: «Non riesco a dire al mio amico Claudio quanto gli voglio bene». Sarà un fatto tutto personale, ci sarà in parte lo zampino di un’educazione che ancora impone soprattutto ai maschi di non parlare di emozioni? Non lo sappiamo, ma è molto bello che Giulio senta il desiderio di dire a parole l’affetto per l’amico.
In un’età di legami che continuamente si instaurano, si spezzano e ricominciano – e avremo modo di vedere quanto siano fitti gli intrighi, cocenti i chiarimenti, gelosi i legami – ci sono momenti luminosi in cui l’affetto sembra assoluto: «Io e Claudia siamo amiche per sempre» – scrive Manu, 7 anni, mentre Lia e Rosy, 9 anni, firmano un biglietto congiunto: «Siamo molto amiche e nessuno ci può separare».
Le relazioni evolvono. Qualche volta è bello cambiare idea e scoprire nei compagni pregi imprevisti. «Ho conosciuto un lato di Veronica molto divertente», scrive Lele, 10 anni. E chiosa: «È buona anche se non sembra». Ginevra, 11 anni, fa un’esperienza simile: «Io e Annalisa abbiamo fatto pace. Non siamo migliori amiche, questo è ovvio, ma ci sopportiamo e aiutiamo nei momenti di bisogno». E non è poco, quando ci si trova nella stessa classe non per scelta e si ha tanto tempo da trascorrere insieme.
Antonia, 10 anni, scrive un biglietto particolarmente intenso: «Renata, lo sai che Nadia è la mia migliore amica ma anche un maschio ed è Giorgio. Le mie migliori amiche sono così brave che sono più brave di me. Lo sai, Renata, che ieri è stata una giornata stupenda perché Giorgio si è vestito da principe». Molto spesso nella scuola primaria le amicizie sono tra persone dello stesso sesso, oppure si tingono di romanticismo. Nelle parole di Antonia c’è un po’ tutto questo – deliziosa la sua ammirazione per l’amico vestito da principe, dev’essere stato davvero bellissimo – ma colpisce anche la capacità di apprezzare la bravura delle amiche, scartando la tentazione del confronto competitivo. È un dono che solo una bambina con una buona fiducia in sé stessa può avere (le mie amiche sono più brave di me e questo mi rende orgogliosa di loro, non mi fa sentire inferiore), segno probabilmente di una guida attenta da parte dei genitori.
L’amicizia è una relazione corroborante nella costruzione dell’identità, in ogni fase della vita ne facciamo esperienza. Quando si prevede una discontinuità – per Letizia, 10 anni, si tratta di un trasloco – poter contare sugli amici è rassicurante, grazie alla scuola che fa da cornice quotidiana: «Ho saputo in che giorno esatto devo lasciare la mia casina. Sto spostando tutti i vestiti e i giochi per il trasloco, però venire a scuola mi tira su di morale perché per me è bello stare a scuola e con i miei compagni!». Se poi il cambiamento atteso influisce sui rapporti con i compagni, ad esempio perché si è giunti alla fine del quinto anno di scuola primaria, un po’ di magone è inevitabile. Ecco Pietro: «Ciao Renata, non vorrei mai che la scuola finisse, non perché voglio fare lezione, ma perché vorrei continuare a stare con i miei amici, anche se qualcuno verrà alle medie con me».
Le relazioni danno conforto e allegria, si diventa tristi quando non ci sono. «Se in giardino non c’è una mia amica, non so cosa fare e quindi mi sento un po’ triste», scrive Debora, 9 anni, e come lei Vittoria, sua coetanea: «Molto spesso mi sento un po’ sola, come posso fare per stare meglio?». Ludo, 10 anni, vorrebbe affrontare questa condizione esistenziale: «Cara Renata, grazie di averci sempre ascoltato, aiutato. Avrei una domanda da farti: ti sei mai sentita sola? Io mi sento sempre così. Mi dai un consiglio? Grazie».
Marcello, 10 anni, indirettamente risponde a Ludo quando scrive alla maestra Renata: «Io, quando sono triste, i miei amici mi tirano su facendomi ridere o ascolto i loro consigli oppure ascolto la musica (solo quella allegra). Ci sono altri modi ma questi secondo me sono i più efficaci».

Elena Buccoliero

sociologa, componente la redazione di madrugada
(con la collaborazione dell’insegnante Renata Cavallari).