Qualcosa è andato storto
Una cosa ben strana è la paura, per grandi e piccini. S’insinua col piccolissimo e col gigantesco, con ragni o scarafaggi come con il terremoto o il temporale. Ho paura dei buchi piccoli, scrive un bambino. Nascondono voragini, i buchi piccoli. Cosa potrebbero celare? Ho paura dei carri di carnevale, scrive un compagno, che nelle sfilate fantastica gliene possa cadere uno addosso e si stringe alla mamma e al papà.
A ogni età ci spaventa la separazione, da noi stessi e da coloro che amiamo, per sofferenza, malattia o morte. Io ho paura quando capita qualcosa di brutto ai miei amici, parenti e insegnanti e quindi mi preoccupo. Però dura poco e i miei genitori, i miei amici, i miei insegnanti mi consolano e sono felici. E ho paura anche quando mi faccio male io.
La possibilità di riconoscersi negli altri non è limitata ai legami più stretti. Il timore sopraggiunge quando qualcuno si fa male perché sono preoccupata, quindi vado a cercare qualche cosa per curarlo. Quella paura dura finché quella persona non si sente meglio. Questa bimba ha un ruolo attivo nel fronteggiare la paura, dal momento che chi le è accanto, fosse anche un adulto, sta male e ha bisogno di aiuto, non la può consolare. Qualche volta bisogna darsi da fare anche se si è piccini.
A tanti bimbi questo succede.
Altre sfumature vengono messe in luce. La violenza è il tradimento di ogni relazione possibile e, se si rovescia su un bambino in modo ricorrente, genera la paura di non meritare l’amore. Io ho paura che mi prendano in giro con le parole «Ah ah ah sei ciccione! Sei uno schifo! Sei uno scemo! Sei brutto! Sei un caprone, sei cattivo!». Essere valutati è un carico simile se si trasferisce sulla persona: accade a volte, a scuola, per una malintesa concezione del voto e i bimbi hanno paura di sbagliare. Piccoli narcisi, sono piuttosto spaventati guerrieri, col timore delle cose nuove o delle persone che non conoscono e che potrebbero farli sentire una nullità. Possiederanno gli alfabeti per entrare in relazione? Una paura radicata nel profondo e ugualmente vera per tanti bambini e tanti adulti è quella di perdere il controllo. C’è un bimbo che ha paura della velocità, e in macchina con i genitori chiede di andare piano. Alcuni temono di essere rapiti: Quando vado in piazza ho paura di alcune persone che potrebbero prendermi e scappare, e in piazza tengo stretta la mano di mia mamma.
È il segno di quanto siamo attaccabili, esposti, ed è umano, tanto umano questo avvertire il limite, più della prosopopea che alcuni si ricamano addosso negli anni per pensarsi infrangibili. Bambini, stretti alla mano della mamma potremmo camminare per sempre, ma col sentore che qualcuno o qualcosa possa stravolgere quella certezza.
Il pericolo può irrompere in qualsiasi momento da dove non sappiamo, dall’ombra forse, un altro nascondiglio per ciò che non si vede. Non ci si può fidare nemmeno di ciò che sembra inanimato. Gli oggetti sono tanto più temibili quanto più hanno sembianze umane. Nelle favole della buona notte i giocattoli si svegliano quando i bimbi dormono e li conducono in paesaggi di sogno, ma nelle trame horror quell’animarsi è demoniaco e rovescia la relazione col giocattolo, che cede a un padrone più forte e si impossessa del bambino.
L’accostamento risuona con tutto ciò che ha gli occhi o li riflette. Certi bimbi hanno paura dei quadri, degli specchi, degli sguardi, dei pupazzi.
Di ciò che li osserva e li pesa senza farsi accorgere. Di quello che esterna e concretizza la parte inquietante di noi, quella che non conosciamo e non sappiamo definire ma ci abita senza ombra di dubbio. I bimbi della maestra Renata la sentono, ne scrivono a modo loro. Io ho paura delle bambole, quelle grandi con gli occhi dolci, quelle brutte infami schifose racchie, soprattutto quelle che parlano e le Barbie. Vorrei che quelle bambole non esistessero, scrive un bambino. Quanto è teatralmente perfetta questa sequenza di aggettivi! Le paure di alcuni bambini fanno letteralmente stringere il cuore. È infinitamente triste che dei piccoli possano avere paura del fallimento, di essere dimenticata, di non essere abbastanza per gli altri.
Sentirsi amabili fin da molto piccoli è un dono, lo riceviamo prestissimo con i primi vagiti. Non per tutti è vero, ed è un pasticcio. Se non ce lo imprimono dal principio, che abbiamo valore e dignità molto oltre i nostri pregi e difetti o la buona e la cattiva sorte, diventa complicato ricucire quello strappo. Una bimba di questi scrive anche: ho paura dei miei genitori.
E se i bambini sono il nostro futuro, alcuni di loro lo temono. Io ho paura del futuro perché non so mai che cosa potrebbe succedere, scrive un alunno della maestra Renata e tutto sommato ha ragione, tutto può accadere, ma per fortuna anche in senso positivo. Difatti: Questa cosa dura per qualche minuto e per tranquillizzarmi disegno, oppure penso a quanto sono fortunata e che il futuro non ha tutti i torti, magari mi potrebbe succedere qualcosa di bello.
Soprattutto negli ultimi due anni, dall’invasione dell’Ucraina cioè, ci sono bimbi che hanno paura della guerra. Un alunno chiede candidamente quando scoppierà la terza guerra mondiale. Ma c’è anche chi ne parla per averla vissuta e non per sentito dire, come questo bimbo, arrivato in Italia da lontano. Il ritmo spezzato è quello del trauma, l’unico consentito a chi ha visto sbriciolarsi tutto ciò che teneva insieme il suo mondo. Anche il giustapporsi di dettagli, gli andirivieni, gli istanti sono una rappresentazione a mio avviso concretissima di ciò che un bambino può vivere in guerra, e dice ben più della conta dei morti. Come ci si può fidare del futuro, dopo un’esperienza così? Quando avevo 4 anni gli oggetti si muovevano e dopo c’era il blackout che le luci si spengono e papà è andato ad accendere la luce però dopo 5 minuti non è tornato più, però dopo un’ora è tornato, però come cadevano e si muovevano gli oggetti!, però le finestre erano chiuse e alla fine dopo tre ore non cadevano più gli oggetti e io ecco perché ho paura del buio; ho paura del futuro perché probabilmente potrebbe cadere un meteorite o un asteroide e mi uccidono e mi sparano, ecco perché ho paura del futuro. Adesso sto lontano dagli ubriachi e dai drogati o dalle persone che mi consolano. Poi ho paura della notte, lo so che i mostri non esistono, però è successo qualcosa di storto.
Elena Buccoliero
sociologa, componente la redazione di madrugada.