Né intelligente né artificiale e peggiora l’apprendimento scolastico

di Andrea Gandini

La chiamano Intelligenza Artificiale generativa, in realtà sono macchine che apprendono da dati e testi, il loro vero nome sarebbe “learning machine” (macchine che apprendono). Raccolgono ed elaborano dati senza pagare alcun copyright, come fece Google maps in passato, quando rilevò tutte le strade del mondo senza chiedere permesso, e ora ci vende il servizio, traendo molti profitti. Sa fare più velocemente di noi i conti e trovare correlazioni ma, come dice Federico Faggin, una volta su 5 sbaglia e dice sciocchezze. Se sarà regolata, potrà aiutare nei lavori di routine e aiutare a risolvere certi problemi. Per esempio nella traduzione fa risparmiare l’80% del lavoro ma se non sai quella lingua non puoi correggere le parti dove sbaglia. Quando finalmente ci sarà l’auto a guida autonoma (ma ci vorranno anni) potremo non acquistare più l’auto e affittarla solo quando ci serve, essere parcheggiate fuori città con molti vantaggi. Già oggi aiuta i chirurghi in certe operazioni che sono diventate più sicure e meno invasive, come tante innovazioni del passato.

Ma non potrà mai innovare o creare, un aspetto che è solo dell’Essere Umano, in quanto è in grado di elaborare solo quanto già creato e scritto. Nel problem solving i risultati e i confini sono noti, ma nell’innovazione né i risultati né i confini sono noti e per questo l’AI non sa creare. In tal senso l’AI non è né intelligente, né creativa e se si legge il bel libro scritto da Kate Crawford (Né intelligente, né artificiale, Il Mulino, pag.312, 20 euro, 2023) si scoprirà che non è neppure “artificiale”.

Il fatto è che viviamo in un mondo in cui si pensa sempre meno per cui è facile manipolare le parole stesse.

Il libro è frutto di un lavoro collegiale di molti studiosi di tutto il mondo sull’Intelligenza Artificiale. Esso mette a nudo tutti i suoi (molti) lati oscuri quasi mai narrati. Non si tratta di essere contrari alle innovazioni tecno-scientifiche ma la storia insegna1 che vanno a beneficio di tutti solo quando sono regolate in modo che facciano l’interesse di tutti e non, come ora avviene (e così è stato spesso anche in passato), di un ristrettissimo gruppo di miliardari con effetti che possono distruggere ulteriormente il Pianeta e le nostre vite già minate da molte altre “modernizzazioni” non regolate. La rivoluzione industriale del 1750 con macchine che aumentavano la produttività del telaio tessile del 300% ha peggiorato la vita per 100 anni. Solo con l’arrivo dei sindacati e di leggi che regolavano il lavoro e poi con l’anti trust nel 1880 c’è stata una ripresa delle condizioni di vita e di lavoro della maggioranza dei cittadini inglesi e americani. Anche allora ci fu una grande “riconfigurazione” spostando milioni dalle campagne alle città super affollate e invivibili con nuove malattie e orari di lavoro che aumentarono ma senza aumenti di salario.

Vediamo cosa c’è dietro l’AI. Il primo aspetto riguarda la “Terra”. Per alimentare queste “learning machine” si depredano moltissime aree quasi sempre in Africa, Sud e Centro America, Asia danneggiando chi vive in quelle comunità. A Baotou (Mongolia interna) c’è un lago di 8 km. di diametro pieno di fango nero tossico, da cui si estraggono le terre rare, contenute però solo nello 0,2% dell’argilla estratta. Tutto il resto diventa rifiuto sparso nei torrenti e nelle colline inquinate da ammonio e altri contaminanti. Così è in mille altri luoghi “lontani” da noi che non vediamo ma esistono (dalle piccole isole indonesiane a largo di Sumatra alle miniere in Africa dove si lavora in regimi semi-schiavistici).

Oltre ai costi di inquinamento e di depredazione della Natura, ci sono quelli di trasporto. I container in tutto il mondo (super inquinanti in quanto usano petrolio e carbone di scarsa qualità) trasportano 250 milioni di tonnellate all’anno e sono resi invisibili dalla complessità delle catene di approvvigionamento avviate con la globalizzazione. Si scoprono quando gli Houthi dello Yemen bloccano il mar Rosso perché salgono di 100 milioni i maggiori costi per le aziende italiane con fornitori esteri. Uno degli aspetti del capitalismo odierno è nascondere (dietro i prodotti sugli scaffali) le reti di approvvigionamento e non indicare sull’etichetta chi coopera al prodotto finale nei vari passaggi e quanto sono pagati chi lo produce. Ne sanno qualcosa gli agricoltori (specie se piccoli contadini) che ricevono una piccola quota di quanto paga il consumatore finale al supermercato, mentre a noi clienti viene indicato chi ha confezionato il prodotto e dove. Ma a noi interessa chi l’ha coltivato e quanto prende questo contadino e se sfrutta altri lavoratori o meno. Tutte cose che guarda caso non vengono scritte, nonostante sappia tutto (chi vende).

Il secondo aspetto riguarda il crescente uso di energia che non è per nulla rinnovabile ma quasi sempre si basa su carbone, gas e nucleare (e acqua per raffreddare i server) che cresce ad un ritmo incessante anno dopo anno. Oggi siano al 2% di consumo energetico per mantenere i cloud ma già si stima arriveremo tra 2-3 anni al 4% mondiale e via di seguito in progressione. Già oggi l’emissione di anidride carbonica per l’infrastruttura computazionale nel “cloud” (un cielo che in realtà è in terra o sottoterra) è pari a quella dell’industria aeronautica e nel 2040 sarà del 14% delle emissioni globali di gas serra. Per fare una domanda a chat-Gtp che sarà inglobato negli smartphone (da aprile 2025 per Apple) il consumo di energia è 10 volte quello odierno per una domanda a Google. Ciò spiega perché tutte le big tech stanno investendo nel nucleare: per supportare l’AI non c’è abbastanza energia.

Il terzo aspetto è lo sfruttamento di lavoro umano tramite le piattaforme di crowdwork (lavoro nella folla), dove Esseri Umani pagati pochissimo immettono etichette e dati per alimentare le “learning machine”, chiamate Intelligenza Artificiale. Un lavoro banale e routinario (come tale intercambiabile) svolto da migliaia di studenti occidentali, poveri messicani, africani, asiatici, cottimisti digitali sottopagati (nulla a che fare con gli ingegneri che fanno gli algoritmi) e probabilmente saranno loro, prima o poi a rivoltarsi (caso mai organizzati più che dai sindacati dai norcos) e bloccare milioni di servizi, lasciandoci altri milioni di poveracci (che siamo noi) a “piedi”, caso mai in piena notte con l’auto-taxi che non si muove.

La “learning machine” è nata in realtà 50 anni fa come un grande progetto pubblico finanziato con soldi della Difesa militare. Ora è stata privatizzata da pochissime big tech che la vogliono usare per aumentare i loro profitti. Nella narrazione mainstream è un cloud, una “nuvola” nel cielo pulito che innova, che aiuterà tutti con automazioni varie, telemedicina, guida autonoma, riconoscimento facciale, etc.

In realtà, se non viene “democratizzata”, regolata, conosciuta nei suoi effetti (anche dannosi) e costi reali diventa un processo infernale di “astrazione” ed estrazione di materie rare che inquina, energivoro, fa uso di lavoro sottopagato per alimentarsi, classifica le persone, guida droni e armi militari (che è l’uso più promettente per ora e già operativo nelle varie guerre, altro che guida autonoma), saccheggia spazi pubblici, beni comuni, volti in strada, immagini ovunque senza alcuna autorizzazione e rivendica una neutralità della scienza che ha soprattutto logiche di potere e di business.

Uno studio (Generative AI can Harm learning) apparso su “The Warton School Research Paper” (citato anche da Roberta Cocco su Il Sole 24 ore del 25.10.2024) condotto nelle scuole superiori “ha mostrato come l’accesso a Gpt-4 migliora le prestazioni degli studenti, ma riduce l’autonomia nel momento in cui questi stessi strumenti mancano”. In sostanza è come avere una calcolatrice avanzata che fa conti e testi più in fretta, ma nel momento in cui ti sei abituato ad averla (e hai progressivamente perso le tue capacità), quando non ce l’hai più, diventi un handicappato rispetto a chi non l’ha usata. L’idea infatti che l’uso delle tecnologie non ti faccia perdere altri sensi è infantile e quindi bisogna soppesare bene vantaggi e perdite.

Così sarà anche per la guida autonoma dell’auto che avremo (forse) tra 5-10 anni, ma sarà bene che si mantenga la coscienza attiva se il percorso è arduo e la velocità è sostenuta se vogliamo sopravvivere agli eventuali “errori” dell’AI. Ne sa qualcosa Musk la cui Tesla a guida autonoma doveva uscire nel 2022 ed è rinviata a sine die, in quanto alle prese con numerose cause per incidenti mortali.

L’AI generativa permetterà di migliorare la produttività umana in alcuni lavori ma pone ampi interrogativi sulle conseguenze che può avere sull’apprendimento scolastico. Per gli studiosi del paper citato l’AI è una “stampella” che ostacola lo sviluppo delle competenze necessarie per affrontare problemi complessi. E tanto più sono giovani tanto più crescono i danni nell’uso di queste “learning machine”, così come dannoso è l’uso di Ipad anziché di libri per studiare in età scolare.

In definitiva una ennesima modernità che se è senza regole distrugge la prosperità diffusa e per dirla con Friederich Nietsche: “La falsificazione con cui ciò che è eterogeneo e incalcolabile viene reso uguale, simile e calcolabile”.

Intanto siamo alle prese in Occidente con quello che lo psicologo americano Jonothan Haidt2 ha chiamato il più grande danno fatto a infanzia e adolescenti dalle tecnologie, da quando lo smartphone (2007) è usato in modo massiccio. Sono soprattutto i nati dal 1995 in poi che hanno sostituito il gioco col telefono che hanno sviluppato un brusco aumento di ansia, depressione e autolesionismo e di tutte le malattie mentali, per cui si è formato un movimento di massa in vari paesi che chiede niente smartphone prima delle scuole superiori, niente social prima dei 16 anni, nessun smartphone a scuola (incluse le superiori) e molto più gioco senza supervisione dei genitori. Il problema è che questo fenomeno ha colpito in modo enorme bambini e adolescenti (anche giovani e adulti ma molto meno), mentre non ha coinvolto chi ha più di 50 anni e quindi chi governa non se ne rende conto.

E’ interessante osservare infine che i nuovi miliardari (Musk, Bezos), in una logica di potenza e immortalità vogliano colonizzare e privatizzare lo spazio pubblico: “i primi astronauti che andranno su Marte devono essere pronti a morire” ha dichiarato Musk, nonostante ci sia un Trattato ONU del 1967 che vieti di privatizzare lo spazio come uno degli ultimi beni comuni. Ma Obama nel 2015, col Commercial Space Launch Act che permette di estrarre gratis risorse dagli asteroidi, ha di fatto incentivato questi privati, consapevoli di come un uso intenso delle “learning machine” (AI) rischia di portare, prima o poi, al collasso della nostra Terra. Idee sempre più demenziali della cosiddetta “modernità” come anche quelle di diete che prolungano la vita e trasfusioni di sangue da adolescenti. Vampiri in libera circolazione nel “libero mercato”. E il bello è che si vorrebbe che questa modernità fosse esportata al resto del mondo con la scusa che noi siamo l’Asse del Bene e “democrazie” e gli altri autocrati o democrature, cioè l’Asse del Male o del Caos.


1 Vedi anche il libro di Daron Acemoglu e Simon Jhonson (Potere e Progresso, il saggiatore, pag. 658, 32 euro), recenti premi Nobel.

2 La generazione ansiosa. Ed.Rizzoli, 2024, euro 22.

Andrea Gandini

Andrea Gandini

Economista, analista del futuro sostenibile.