La scientifica Trinità digitale e la vita nell’ambiente intelligente
Oggi, proprio adesso, ci troviamo tutti coinvolti in un cambiamento radicale; nulla di nuovo per certi versi poiché il cambiamento continuo è stato la cifra della modernità tanto quanto la distruzione creativa resta, oggi più che mai, la specifica cifra del capitalismo. Tutto nuovo invece se osserviamo spassionatamente l’ambiente entro cui conduciamo le nostre vite quotidiane, se lo confrontiamo con quello che potevano esperire in gioventù i nostri genitori e prima di loro i nostri nonni.
Gli sviluppi globali e locali di questo ambiente, sempre più tecnologicamente pervasivo, superano di gran lunga ogni precedente storico e rappresentano una diversità radicale nella misura in cui esso diventa, e già ampiamente è, un “ambiente intelligente” in grado di interagire con oggetti e persone.
Internet delle cose, big data e intelligenza artificiale ne sono i pilastri che, a loro volta, si fondano su una gigantesca infrastruttura fisica indispensabile per rilevare, raccogliere, elaborare e trasmettere l’informazione digitale che contiene in potenza sapere, ricchezza, conoscenza, potere, bellezza e i loro contrari.
Una trinità tecnologico-scientifica che sta diventando, e in parte è già, il terreno (artificiale) e la base indispensabile non solo per il funzionamento della società ma per la vita stessa dei singoli umani sempre più incapaci di vivere al di fuori di essa.
Senza entrare nell’ambito delle applicazioni industriali e militari, l’internet delle cose (IoT) può essere compreso dal profano (non addetto ai lavori) se solo si pensa alla possibilità (oggi quasi banale) di installare su ogni oggetto della vita quotidiana e su ogni corpo un chip, un sensore elettronico, di fatto un piccolissimo calcolatore, dotato di un indirizzo internet necessario per poter colloquiare con altri calcolatori vicini e lontani. Oggi, ognuno di noi è connesso solamente a pochi di questi dispositivi (uno per tutti: l’irrinunciabile smartphone che accompagna la vita delle persone) ma, nel breve volgere di un decennio, perdurando l’attuale tasso esponenziale di crescita, ognuno potrà (o forse dovrà) essere connesso a centinaia di oggetti intelligenti, a loro volta connessi tra di loro e collegati in una grande rete globale.
In questa prospettiva anche il corpo umano, come fonte preziosissima di informazioni e di dati, è destinato a essere integrato nella rete tramite dispositivi esterni (sensori) e interni (microchip) diventando esso stesso oggetto tra gli oggetti, intelligente non per sé e in sé, ma a causa della tecnologia che su di esso è installata e che consente l’interazione automatica con l’ambiente intelligente circostante di cui diventa parte. Le richieste di sicurezza e di salute rendono queste soluzioni molto appetibili ai cittadini a prescindere da ogni elucubrazione complottista mentre – per inciso e sinteticamente – il tanto discusso 5G è semplicemente l’infrastruttura che si rende necessaria per trasmettere velocemente l’enorme flusso di dati indispensabile a far funzionare l’internet delle cose.
Dall’informazione all’infodemia
L’assoluta centralità dell’informazione quale principale motore della società contemporanea è riconosciuta fin dai primi anni sessanta, quando fu coniata l’espressione “società dell’informazione”; l’avvento dei social e dell’internet delle cose, aumentando esponenzialmente la quantità di dati disponibili, riempie il concetto di un significato più concreto anche agli occhi dei cittadini non addetti ai lavori: essi però colgono solo il lato che riguarda le informazioni codificate in forma linguistica e simbolica, quelle che si possono leggere o guardare attraverso i media e i social, così numerose da aver causato una infodemia che rende quasi impossibile riconoscere la verità dalla finzione o dall’inganno. Esiste però un altro tipo di informazione generata da tutti i sensori installati nell’ambiente intelligente, partendo a titolo d’esempio dalla tastiera del pc, passando attraverso i navigatori dell’auto, per arrivare alle telecamere che ormai popolano ogni territorio. Questa enorme disponibilità di dati e informazioni digitali, in crescita esponenziale, rappresenta un patrimonio dal valore incommensurabile quanto sbalorditivo: da esse si può estrarre di tutto.
Già oggi sono disponibili raccolte di dati digitali, così estese in termini di quantità e varietà, da richiedere tecnologie e metodi analitici per spremere da questi archivi conoscenza utilizzabile.
Questi grandi archivi digitali (Big Data) sono il terreno dove si sviluppa una vera e propria scienza volta a estrapolare e mettere in relazione grandi quantità di dati eterogenei, strutturati o non strutturati, allo scopo di scoprire tendenze, individuare legami causali e correlazioni, svelare sce9Noi davanti all’Intelligenza Artificiale Molte persone, convinte che la tecnologia sia dominabile e gestibile, ritengono che l’attuale fase di consumo sostanzialmente acritico possa continuare, fornendo al consumatore sempre nuove opportunità e occasioni per curiose esperienze; lo sviluppo dell’ambiente intelligente, guardato con l’occhio del consumatore, è semplicemente un progresso, un miglioramento rispetto al passato.
In tale visione ottimista non si colgono i rischi ambientali e sociali, né la cifra del cambiamento antropologico delle generazioni che nascono e crescono in un nuovo ambiente così diverso da quello delle generazioni precedenti. Questo ottimismo superficiale nasconde appena il timore latente, la paura che dal godimento di queste tecnologie si possa essere esclusi, che vengano a mancare le risorse economiche e finanziarie per poterne godere i frutti; o, al contrario, che queste tecnologie possano essere imposte dall’alto e diventare quindi manipolatorie e liberticide.
Altre persone, ancora poche per ora, vedono con estremo favore la possibilità dell’ibridazione cosciente, ovvero la scelta di potenziare corpi e menti attraverso la tecnologia: una strada ampiamente descritta nell’immaginario della fantascienza e riccamente articolata nelle riflessioni dei movimenti transumanisti che, nelle forme più radicali, predicono un’estensione indefinita della vita e ipotizzano perfino la possibilità di scaricare la mente (download) su supporti digitali e conquistare in questo modo una sorta di immortalità tecnologica. Già oggi ognuno di noi è un nodo connesso alla rete digitale, alla quale fornisce informazione e dalla quale riceve informazione tramite i dispositivi che sono per noi delle protesi tecnologiche che ampliano le nostre capacità; entro pochi anni è facile prevedere che dispositivi tecnologici saranno installati direttamente sui o nei corpi delle persone iniziando da innocenti applicazioni biomediche peraltro già note.
Ibridazione e potenziamento tecnologico possibile, proponendo la realizzazione concreta della mitica figura del cyborg, mezzo uomo e mezzo macchina, come ultimo e sviluppabile anello di un’evoluzione ormai assoggettata alla scienza, ci fanno intravedere la possibilità di un salto evolutivo decisamente sconvolgente che (per fortuna?) non sembra ancora così prossimo; ma già adesso pongono una domanda inquietante: chi potrà godere delle nuove tecnologie e chi ne sarà escluso? Altre persone ancora, quelli che vedono in questi sviluppi i rischi oltre alle opportunità, quelli che non si sentono semplicemente consumatori passivi e temono l’ibridazione, quelli più attenti a vivere bene il presente piuttosto che attendere un futuro percepito come dubbio, possono guardare all’ambiente tecnologico intelligente come si guarda a una sfida che rimanda innanzitutto verso l’interiorità, una sfida che può portare verso un’evoluzione spirituale.
Evocare il concetto ineffabile di “spirito” può sembrare fuori luogo in un mondo dominato dalla tecnoscienza e dalla presunta razionalità; ma a ben vedere si tratta di una soluzione non propriamente residuale, visto l’attuale grande successo di sette, conventicole, religioni e pseudo religioni, comunità utopiche, discipline e tecniche occulte, misticismo e contattismo, pratiche sciamatiche, esoteriche e new age. Sono insomma risposte sociali attuali che attestano, al di là di ogni dubbio, la grande domanda di senso e di significato, di relazione e di amore, che sotto sotto agita uomini e donne che vivono in un ambiente sempre più intelligente, certo affascinante, ma incapace di rispondere alle domande ultime di pace e felicità.
Anche in questo caso i confini tra ricerca seria e moda, tra autenticità e mercificazione sono assai sfumati e non di rado intrecciano antropologia e storia delle religioni, ricerca scientifica e ritualità tradizionale, ascesi e uso di sostanze stupefacenti come sostenevano i profeti della psichedelia degli anni ’60 e ’70 (Timothy Leary e Aldous Huxley ad esempio) che praticarono l’uso di LSD come un vero e proprio sacramento laico.
Certo è che il nuovo ambiente tecnologico pone una sfida che investe non solo l’organizzazione della società ma anche e soprattutto la soggettività e l’interiorità di ogni persona: non prendere sul serio la sfida ci pone nella brutta situazione della rana che, immersa nella pentola d’acqua riscaldata poco a poco, non si rende conto del cambiamento ambientale in cui è immersa, e finisce per essere bollita viva.
Il termine “società dell’informazione” ha più di 70 anni ma solo adesso è data a molte persone la possibilità di apprezzarne il significato concreto. Molti tuttavia pensano ancora all’informazione in modo assolutamente riduttivo, facendola coincidere con le notizie, con quello che si legge e si vede e si ascolta sui media e sui social. Credono di essere padroni di queste informazioni, di poterle usare nella misura in cui esse in qualche modo rispecchiano una realtà oggettiva.
Nulla di più sbagliato. Nel nostro ambiente di vita sempre più digitalizzato bisogna pensare all’informazione in modo molto ingegneristico, in termini di teoria dell’informazione, in puri termini di bit. In quest’ottica, è informazione anche qualsiasi pagamento effettuato con la carta di credito; i flussi finanziari che rendono possibile ogni scambio economico sono informazione; è informazione ogni clic sulla tastiera, così come le onde che consentono la comunicazione radio e wifi. È informazione il flusso di dati che consente il funzionamento del GPS personale; è informazione il contenuto del web e del giornale, come ogni traccia lasciata da ogni possibile dispositivo od oggetto che sia connesso alla rete.
Il riconoscimento di questa onnipresenza dell’informazione e, quindi, della natura pervasiva della digitalizzazione e delle scienze informatiche, permette oggi di integrare ambiti disciplinari estremamente diversi, consentendo un’integrazione di tecnologie considerate fino a poco tempo fa assolutamente indipendenti.
Proprio questa integrazione rappresenta la cifra distintiva della quarta rivoluzione industriale descritta da Klaus Schwab, fondatore e anima del Forum economico mondiale di Davos.
La tendenza globale alla digitalizzazione non ha confini né limiti e si sta sviluppando vorticosamente sia nel mondo fisico inanimato, che nari e prevedere sviluppi futuri, costruire profili personali sempre più precisi man mano che più informazioni vengono integrate. Al livello della vita quotidiana vediamo già adesso la potenza di questi sistemi nella precisione con cui ci vengono suggerite opzioni di consumo in funzione dei nostri comportamenti, rilevati ed elaborati tramite algoritmi; e siamo solo all’inizio! Una così grande disponibilità di dati e di connessioni è una spinta potente anche per far fare un salto di qualità all’Intelligenza Artificiale, disciplina dell’informatica che studia i fondamenti, le metodologie e le tecniche che consentono di progettare hardware e software capaci di garantire al calcolatore elettronico prestazioni che, all’osservatore comune, sembrano di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana quali, ad esempio, le percezioni visive, spazio-temporali e decisionali. Non solo, dunque, macchine dalla straordinaria capacità di calcolo come è stato fino a poco tempo fa, ma anche e soprattutto macchine in grado di apprendere, dotate di abilità per risolvere i problemi in funzione del contesto, capaci di decisione non puramente logiche, capaci insomma di comportamenti intelligenti.
Questa replicazione tecnologica delle attività del cervello e delle forme del pensiero umano intelligente pone delle sfide davvero drammatiche e – sia detto per inciso – ha suscitato forti perplessità perfino al fisico Stephen Hawking, che in questo tipo di sviluppo vede pericoli superiori a quelli già gravi delle armi atomiche.
Questo tre ambiti tecno-scientifici in forte crescita diventano sempre più integrati e sempre più diffusi, generando quello sviluppo inarrestabile che sta alla base della costruzione del nuovo Ambiente Intelligente e che rende e renderà il mondo esperito dalle persone nella vita quotidiana così originale e così diverso da come lo abbiamo vissuto fino a poco tempo fa.
Se l’evoluzione è questa, e tale sarà a meno di drammatiche catastrofi, viene da chiedersi da un lato se ci saranno esclusi dal “paradiso” tecnologico e, dall’altro, se sarà possibile, per chi è incluso, uscire dal sistema, ritirarsi per così dire in qualche luogo libero dalla connessione. Certo è che ognuno dovrà fare i conti con questa realtà, inventarsi il modo per vivere in questo nuovo ambiente intelligente reso possibile dall’internet delle cose, dai megadati e dall’intelligenza artificiale. Ma come?
Noi davanti all’Intelligenza Artificiale
Molte persone, convinte che la tecnologia sia dominabile e gestibile, ritengono che l’attuale fase di consumo sostanzialmente acritico possa continuare, fornendo al consumatore sempre nuove opportunità e occasioni per curiose esperienze; lo sviluppo dell’ambiente intelligente, guardato con l’occhio del consumatore, è semplicemente un progresso, un miglioramento rispetto al passato.
In tale visione ottimista non si colgono i rischi ambientali e sociali, né la cifra del cambiamento antropologico delle generazioni che nascono e crescono in un nuovo ambiente così diverso da quello delle generazioni precedenti. Questo ottimismo superficiale nasconde appena il timore latente, la paura che dal godimento di queste tecnologie si possa essere esclusi, che vengano a mancare le risorse economiche e finanziarie per poterne godere i frutti; o, al contrario, che queste tecnologie possano essere imposte dall’alto e diventare quindi manipolatorie e liberticide.
Altre persone, ancora poche per ora, vedono con estremo favore la possibilità dell’ibridazione cosciente, ovvero la scelta di potenziare corpi e menti attraverso la tecnologia: una strada ampiamente descritta nell’immaginario della fantascienza e riccamente articolata nelle riflessioni dei movimenti transumanisti che, nelle forme più radicali, predicono un’estensione indefinita della vita e ipotizzano perfino la possibilità di scaricare la mente (download) su supporti digitali e conquistare in questo modo una sorta di immortalità tecnologica. Già oggi ognuno di noi è un nodo connesso alla rete digitale, alla quale fornisce informazione e dalla quale riceve informazione tramite i dispositivi che sono per noi delle protesi tecnologiche che ampliano le nostre capacità; entro pochi anni è facile prevedere che dispositivi tecnologici saranno installati direttamente sui o nei corpi delle persone iniziando da innocenti applicazioni biomediche peraltro già note.
Ibridazione e potenziamento tecnologico possibile, proponendo la realizzazione concreta della mitica figura del cyborg, mezzo uomo e mezzo macchina, come ultimo e sviluppabile anello di un’evoluzione ormai assoggettata alla scienza, ci fanno intravedere la possibilità di un salto evolutivo decisamente sconvolgente che (per fortuna?) non sembra ancora così prossimo; ma già adesso pongono una domanda inquietante: chi potrà godere delle nuove tecnologie e chi ne sarà escluso? Altre persone ancora, quelli che vedono in questi sviluppi i rischi oltre alle opportunità, quelli che non si sentono semplicemente consumatori passivi e temono l’ibridazione, quelli più attenti a vivere bene il presente piuttosto che attendere un futuro percepito come dubbio, possono guardare all’ambiente tecnologico intelligente come si guarda a una sfida che rimanda innanzitutto verso l’interiorità, una sfida che può portare verso un’evoluzione spirituale.
Evocare il concetto ineffabile di “spirito” può sembrare fuori luogo in un mondo dominato dalla tecnoscienza e dalla presunta razionalità; ma a ben vedere si tratta di una soluzione non propriamente residuale, visto l’attuale grande successo di sette, conventicole, religioni e pseudo religioni, comunità utopiche, discipline e tecniche occulte, misticismo e contattismo, pratiche sciamatiche, esoteriche e new age. Sono insomma risposte sociali attuali che attestano, al di là di ogni dubbio, la grande domanda di senso e di significato, di relazione e di amore, che sotto sotto agita uomini e donne che vivono in un ambiente sempre più intelligente, certo affascinante, ma incapace di rispondere alle domande ultime di pace e felicità.
Anche in questo caso i confini tra ricerca seria e moda, tra autenticità e mercificazione sono assai sfumati e non di rado intrecciano antropologia e storia delle religioni, ricerca scientifica e ritualità tradizionale, ascesi e uso di sostanze stupefacenti come sostenevano i profeti della psichedelia degli anni ’60 e ’70 (Timothy Leary e Aldous Huxley ad esempio) che praticarono l’uso di LSD come un vero e proprio sacramento laico.
Certo è che il nuovo ambiente tecnologico pone una sfida che investe non solo l’organizzazione della società ma anche e soprattutto la soggettività e l’interiorità di ogni persona: non prendere sul serio la sfida ci pone nella brutta situazione della rana che, immersa nella pentola d’acqua riscaldata poco a poco, non si rende conto del cambiamento ambientale in cui è immersa, e finisce per essere bollita viva.
Il termine “società dell’informazione” ha più di 70 anni ma solo adesso è data a molte persone la possibilità di apprezzarne il significato concreto. Molti tuttavia pensano ancora all’informazione in modo assolutamente riduttivo, facendola coincidere con le notizie, con quello che si legge e si vede e si ascolta sui media e sui social. Credono di essere padroni di queste informazioni, di poterle usare nella misura in cui esse in qualche modo rispecchiano una realtà oggettiva.
Nulla di più sbagliato. Nel nostro ambiente di vita sempre più digitalizzato bisogna pensare all’informazione in modo molto ingegneristico, in termini di teoria dell’informazione, in puri termini di bit. In quest’ottica, è informazione anche qualsiasi pagamento effettuato con la carta di credito; i flussi finanziari che rendono possibile ogni scambio economico sono informazione; è informazione ogni clic sulla tastiera, così come le onde che consentono la comunicazione radio e wifi. È informazione il flusso di dati che consente il funzionamento del GPS personale; è informazione il contenuto del web e del giornale, come ogni traccia lasciata da ogni possibile dispositivo od oggetto che sia connesso alla rete.
Il riconoscimento di questa onnipresenza dell’informazione e, quindi, della natura pervasiva della digitalizzazione e delle scienze informatiche, permette oggi di integrare ambiti disciplinari estremamente diversi, consentendo un’integrazione di tecnologie considerate fino a poco tempo fa assolutamente indipendenti.
Proprio questa integrazione rappresenta la cifra distintiva della quarta rivoluzione industriale descritta da Klaus Schwab, fondatore e anima del Forum economico mondiale di Davos.
La tendenza globale alla digitalizzazione non ha confini né limiti e si sta sviluppando vorticosamente sia nel mondo fisico inanimato, che nel mondo propriamente digitale, che in quello biologico. È innanzitutto in questo quadro, dove il concetto chiave di “informazione” ha sostituito per importanza quelli di “materia” e di “energia”, che va collocata la sfida dell’Intelligenza Artificiale (IA).
Intelligenza Artificiale non è solo la ChatGPT
Questo termine è entrato nel campo della ricerca tecno-scientifica circa a metà degli anni cinquanta del secolo scorso e ha vissuto alterne vicende punteggiate da notevoli successi, da grandi entusiasmi e delusioni. Per molti, l’idea di intelligenza artificiale è connessa quasi esclusivamente alla recente diffusione di ChatGPT che ha aperto una certa discussione sull’uso e sulla attendibilità delle informazioni ottenute con questo strumento specifico.
In realtà la situazione è molto più complessa, sicuramente affascinante e decisamente più rischiosa.
La sfida dell’Intelligenza Artificiale va infatti affrontata in riferimento al contesto tecnologico, economico e sociale, entro cui si pone e non certo e non solo in relazione alla possibilità di emulare il ragionamento umano e i processi di apprendimento, che fino a poco tempo fa si ritenevano esclusivo dominio dell’uomo. Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale – piaccia o meno – avanza parallelamente allo sviluppo di un ambiente artificiale intelligente di dimensioni planetarie e con ramificazioni che stanno crescendo in modo esponenziale.
Internet dei contenuti e internet delle cose
Come noto, internet rappresenta la chiave di volta di questa architettura: oggi circa 5 miliardi di persone sono connesse attraverso computer e dispositivi mobili; a rigore non sono affatto le persone a essere connesse ma le macchine: le persone sono semmai sempre più isolate, nel senso che stanno perdendo la capacità di comunicare direttamente con l’ambiente circostante (off line) limitandosi a fruire e scambiare informazioni on line (cosa ben diversa dal comunicare).
L’internet dei contenuti che tutti conoscono rappresenta solo la parte più visibile di un sistema gigantesco composto da tutti i dispositivi e gli oggetti collegati alla rete: sensori, telecamere, tag, lettori di codici (ecc.). È il cosiddetto internet delle cose (IoT) al quale vengono collegati ogni giorno milioni di nuovi oggetti, attraverso i quali si sta strutturando un ambiente intelligente su scala globale, l’ambiente sempre più popolato di sensori e terminali all’interno del quale oggi ci muoviamo in quanto esseri dotati di corpo.
Internet dei corpi (i nostri corpi)
Proprio i corpi rappresentano adesso la frontiera emergente e, in prospettiva, la più colossale fonte di business del futuro; il confluire dell’informatica e della digitalizzazione nella sfera biologica apre orizzonti che vanno dal già reale impianto di dispositivi collegati alla rete esterna fino alla concreta possibilità di creare organismi con caratteristiche specifiche attraverso la modifica del DNA (editing).
Il corpo è quindi destinato a diventare la fonte di informazione e lo spazio di azione principale delle tecnologie bio-digitali. L’internet dei corpi (IoB) rappresenta una nuova frontiera che – già largamente superata per gli animali – sarà presto varcata dagli umani a livello di massa superando e rendendo obsolete le attuali connessioni esterne.
Per effetto di queste tecnologie, il mondo nel quale viviamo si mostra come un gigantesco flusso di dati digitali che vengono prodotti, elaborati, trasmessi, archiviati e analizzati. Questi flussi rappresentano di per sé un colossale settore economico e finanziario i cui sviluppi stanno portando – sia detto per inciso – alla distruzione dell’uso della moneta cartacea e alla sua completa sostituzione con forme di moneta digitale. Il possesso e il governo di questi dati sono l’asset principale della nuova economia digitale.
L’enorme quantità di dati (big data) generati da queste connessioni, il cui numero aumenta esponenzialmente di giorno in giorno, rappresenta la base su cui l’intelligenza artificiale può lavorare, il cibo di cui essa si nutre.
Macchine milioni di volte più potenti, più veloci, più energivore
Per consentire la trasmissione di questi dati, le attuali infrastrutture non sono più sufficienti: da ciò la necessità assoluta di velocizzare gli scambi informativi attraverso il passaggio al protocollo 5G e superiori e di aumentare la capacità di calcolo dei computer. Se, infatti, per decenni l’aumento della potenza di calcolo è andato di pari passo con la miniaturizzazione dei circuiti elettronici, con un andamento empiricamente espresso dalla legge di Moore (secondo il quale la velocità di calcolo raddoppia ogni 18 mesi), i nuovi computer quantistici sono (saranno) in grado di esprimere potenze di calcolo milioni di volte superiori ai vecchi modelli.
Quasi inutile aggiungere che, per far funzionare tutto questo sistema interconnesso e in fortissima crescita, servono enormi quantità di energia.
In questo quadro generalissimo che ci ricorda il dubbio concetto di transizione digitale, l’intelligenza artificiale si pone innanzitutto come lo strumento indispensabile per regolare e gestire in ogni settore (dalla sanità all’industria, dai trasporti al commercio) questa inconcepibile complessità informativa fatta di flussi e di archivi, la cui esistenza è resa possibile da un’architettura fisica che abbraccia tutto il pianeta.
Questa delle macchine è una “intelligenza” capace di elaborare e di apprendere, che non richiede tuttavia alcuna consapevolezza ma solamente chiari obiettivi, potenza di calcolo e tanta informazione da macinare.
Verso un “uomo potenziato” e subalterno?
Di fronte alla forza degli algoritmi che la compongono, il singolo essere umano, il consumatore, rischia di essere assolutamente e totalmente impotente. Già oggi si trova a vivere in un ambiente tecnologico che lo domina ampiamente e lo dominerà completamente nel prossimo futuro se non interverranno cambiamenti radicali quanto imprevedibili.
Non a caso Elon Musk suggerisce come unica soluzione possibile a questa sfida – in piena coerenza con quanto sopra illustrato – il potenziamento tecnologico dei singoli esseri umani, installando nei loro corpi dispositivi tecnologici in grado di aumentarne drasticamente le performance cognitive.
Da un punto di vista più sociologico la creazione di un simile ambiente computazionale, (ambiente intelligente), è parte integrante del processo di liquefazione della società descritto da Zygmunt Bauman. Più precisamente, la digitalizzazione in corso rappresenta propriamente una liquefazione del mondo fisico, un inglobamento del mondo reale (offline) nel mondo virtuale (online), la trasformazione di quella che poteva essere detta fino a pochi anni fa “realtà sensibile” in una “realtà aumentata” e navigabile tecnologicamente.
Il sistema tecnologico computazionale libera l’informazione espropriata agli umani (miniere di dati) da ogni sua radicamento dalla vita sociale, la sgrava da ogni considerazione morale, politica, valoriale, contestuale, sociale. Essa diventa puro dato tecnico, computabile automaticamente.
Piaccia o meno, da tutto questo – in particolare dalla crescita esponenziale dell’internet delle cose, della potenza computazionale, e dall’Intelligenza Artificiale – derivano alcune conseguenze fondamentali dalle profonde implicazioni sociali, filosofiche e antropologiche.
La prima riguarda l’aumento proporzionale di creazione di valore finanziario attraverso l’estrazione di informazioni e l’esproprio di dati personali utilizzati per alimentare un’economia predittiva, radicata in una società del rischio che è, paradossalmente, iper organizzata e al contempo descritta (dai media) come estremamente insicura e pericolosa e come tale percepita dai cittadini. In assenza di rimedi drastici (che non si vedono all’orizzonte), tale processo concentrerà la ricchezza verso l’alto in misura superiore a quanto già succede oggi.
La seconda riguarda l’aumento esponenziale del controllo sui singoli cittadini (meglio: consumatori) con la possibilità non solo di sanzionare e punire ma anche di escludere dal sistema (ad esempio bloccando i conti correnti a fronte di una violazione, o al mancato rispetto di norme imposte dal potere costituito).
Si ha, sotto questo duplice profilo, un effetto paradossale: il trionfo dell’iper competizione propria del libero mercato di ispirazione neoliberista e – contemporaneamente – il trionfo del potere coercitivo dello Stato sul cittadino.
Una terza conseguenza, connessa alla enorme e crescente disponibilità di informazioni in real time elaborabili tramite algoritmi di Intelligenza Artificiale, fa balenare la possibilità di una società basata sulla sperimentazione costante e potenzialmente estesa a tutta la popolazione mondiale; una società caratterizzata da pratiche di ingegneria sociale diffuse, profonde e sistematicamente pervasive.
In tale situazione è la politica stessa che rischia di essere spazzata via, in quanto lenta e obsoleta, per essere sostituita da decisioni strategiche che possono essere prese in modo più veloce ed efficiente dagli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale.
Concentrazione della ricchezza e del potere, iper controllo sulle persone, manipolazione sistematica tramite l’ingegneria sociale sono rischi che aumentano man mano che, insieme all’integrazione tecnologica digitale, cresce l’isolamento sociale e la paura.
Metaforicamente parlando, osservati dal punto di vista dell’Intelligenza Artificiale, considerati nella prospettiva del capitalismo digitale, gli esseri umani connessi alla grande rete sembrano essere semplicemente delle risorse naturali sfruttabili a piacere per generare profitto.
Così potrebbe finire l’utopia libertaria che la tecnologia digitale sembrava promettere solo poche decine di anni fa. E così finirà senza un impegno diffuso e una nuova consapevolezza che riporti in primo piano la persona e la società al posto del consumatore e del mercato.
Mai come oggi riprende vigore la fatidica domanda: «che fare?» (prima che sia davvero troppo tardi).
Bruno Vigilio Turra
sociologo, libero professionista, particolarmente interessato alle dinamiche di apprendimento, all’innovazione sociale e alle nuove tecnologie, componente la redazione di madrugada