La lotta di Valdeci
Nel 1987 era arrivata nella nostra città una coppia povera e semplice proveniente dall’interno dell’Amazzonia, che aveva costruito una casa modesta, su un terreno fuori della città, molto vicino all’aeroporto di Santarém. Ciò che aveva attratto il signor Valdeci e la signora Luzerina era che, pur distante dalla città, l’abitazione che avevano costruito era molto vicina al lago di Juà, formato da un torrente e dal fiume Tapajós, che offriva loro la possibilità di una buona pesca sia per mangiare che per vendere il pesce al mercato della città.
Siccome non c’era nessuno che reclamasse la proprietà di quel terreno, la coppia rimase lì stabile, mise al mondo figli, piantò mandioca, alberi da frutta, tipo mangueira e cajueiro; avevano il lago ben vicino, ricco di pesci. Passarono gli anni, i figli crebbero, si sposarono, e si fecero una casetta una di qua, un’altra di là, vicini ai genitori. Le nuove famiglie avevano tanti figli, lavoravano e stavano bene assieme.
Poco tempo fa, è arrivato sul loro terreno un imprenditore dalla città, che reclamava lo sgombero di tutti i residenti, come se avessero occupato abusivamente la sua proprietà. Il signor Valdeci, sorpreso, gli andava spiegando che abitava in quella terra da molti anni e mai nessuno era venuto a reclamarne il possesso.
Di risposta l’imprenditore affermava di avere i documenti di proprietà e che i familiari di Valdeci dovevano lasciare quella terra. A riprova che ne aveva il potere, l’impresario passò alle minacce contro quegli abitanti, fino a inviare un trattore per abbattere una di quelle case, con il rischio di uccidere una bambina che stava dormendo nella sua stanza.
Ogni volta che Valdeci cercava la polizia per denunciare l’invasore, la polizia aveva sempre una scusa pronta per non registrare la denuncia. Questo stava a significare che l’imprenditore era in combutta con la polizia perché non intervenisse.
Un amico propose a Valdeci un avvocato in difesa delle famiglie aggredite, ma l’avvocato era legato all’imprenditore e non portava mai avanti la difesa dei residenti che stavano subendo violenza.
Poi nel 2023 un giudice emise la sentenza che obbligava i residenti a consegnare la terra all’imprenditore e di conseguenza alle dieci famiglie con ben 19 figli restavano solo venti giorni, fino al 15 agosto per abbandonare il terreno. Impotenti di fronte al potere economico dell’imprenditore, che era riuscito a convincere il giudice a dargli ragione, il signor Valdeci si trovava tra le mani la sentenza di dover abbandonare la terra, lui, i figli e tutti i nipoti.
Due settimane prima, un avvocato dell’organizzazione di solidarietà “Terra dei diritti” aveva convocato i membri dei movimenti sociali di Santarém per entrare in lotta in difesa degli oppressi. Si aprì un nuovo processo, il giudice sospese la sentenza di espulsione delle famiglie e si è aperta la seconda istanza giudiziaria. Il tribunale di Belém nel Pará ha ordinato un’ispezione per un confronto e così le famiglie restano sulla loro terra, in attesa del nuovo processo, con la speranza di restare sul terreno contestato e di averne la conferma definitiva di proprietà.
Succede poi che essendo le dieci famiglie residenti povere, le loro case sono fatiscenti e a rischio di cadere. Ma possono iniziare le nuove costruzioni quando avranno la sentenza definitiva.
Così si ripete la storia biblica della lotta tra Davide e Golia nella nostra Amazzonia.
Edilberto Sena
educatore popolare e attivista ambientale