La forza del silenzio

di Alberto Camata

Un Oceano di Silenzio scorre lento
senza centro né principio
Franco Battiato

L’essere umano sa di non essere solo materia. Se lo fosse non proverebbe, come spesso accade, un senso di insoddisfazione, la sensazione di una mancanza, un disorientamento che necessita di una risposta.

Questa risposta non è ricercabile nel mondo delle cose, nel mondo fattuale, anche se la società occidentale ci invita a cercare nel mondo oggettivo, anzi ci facilita la vita offrendoci le soluzioni con la persuasione, la seduzione pubblicitaria. Ci spiega che il disagio interiore che ci inquieta va sedato con la somministrazione di oggetti finalizzati a un fulgore estetico del singolo che trova la sua piena realizzazione nel sentirsi ammirato e invidiato.

Purtroppo questa frenesia al consumo di cose e di se stessi collide davanti alla realtà ultima della morte. La società capitalistica è inadatta ad affrontarla e ne trascura l’esistenza invitandoci a sopperire ai segnali che ci manda il corpo attraverso l’invecchiamento, il quale ci avvisa che la morte si sta avvicinando. Allora ci si rivolge alla chirurgia, ci si maschera in una parvenza di giovinezza diventando una sorta di goffi Peter Pan incapaci di volare, narcisisti che si specchiano nei rivoli dei social postando foto filtrate raccontando ciò che non siamo, o meglio, raccontiamo l’illusione di ciò che abbiamo deciso di diventare: ridicoli.

Dobbiamo far rumore, non dobbiamo concedere tempo al silenzio, perché il silenzio è la porta proibita che ci apre all’interiorità. Invece dobbiamo concentrarci sull’esteriorità su come appariamo e sugli oggetti che ci rendono elitari e invidiati, vivere il presente consumando ogni secondo al massimo delle nostre capacità vanesie.

fiore di loto

Come è silente, come è vacuo!

Questa frase la troviamo nel capitolo 25 del Tao Te Ching. Lao Tzu la usa per descrivere il caos, non inteso come confusione, ma come un qualcosa di indefinibile e senza forma che c’era prima del Cielo e della Terra, è silente, cioè senza suono, è vacuo, cioè vuoto.

Se avete dimestichezza con le discipline yoga e le religioni orientali, sapete che prestano molta attenzione al silenzio e al vuoto. È il primo passo, assieme alla scelta nonviolenta, per intraprendere un cammino di ricerca interiore. Sono discipline che da noi stanno avendo seguito perché diamo la responsabilità alla cultura giudaico cristiana l’evolversi dell’Occidente verso una società capitalistica. Ma non è così, Gesù propone una società alternativa a questa: comunitaria, inclusiva e basata sul servizio.

Anche nella nostra società, prima o poi, un momento di silenzio accade e lì sono guai. Se lo accogliamo il silenzio si muove e si insinua come l’acqua in minimi pertugi, in avvallamenti, in insenature che le cose accumulate in noi e pressate tra di loro hanno naturalmente formato e le sposta lasciando spazio a ciò che veramente ci serve: il vuoto.

È nel vuoto che facciamo conoscenza con la dimensione immateriale che chiamiamo spiritualità.

Nel caos della nostra società, frenetica, rumorosa, dal canto ammaliante che attira gli sprovveduti verso vicoli scuri dove spolparli, Dio non lo si trova. Ci è stato detto che Dio è morto. Ed è vero, in questo tipo di società consumistica Dio non c’è.

Se qualcuno lo invoca si allude a un Dio fantoccio, fatto su misura, lontano da noi che ci osserva e sta attento alla minima infrazione, un Dio che ama i riti ma non il fare, asseconda il Potere e allevia le pene dei vinti invitandoli a pregare. È un dio che non disturba il manovratore e che gradisce le offerte ricche, ama le opere buone che sanno di tronfia carità ma non di giustizia, un dio che in guerra si schiera con gli interessi del potente di turno. Insomma non siamo progrediti nemmeno un po’ rispetto alla società ingiusta e corrotta contro la quale si era battuto Gesù. Anzi, le parole di Gesù sono state addomesticate all’interesse predominante: Mammona.

Solo si è aggiunto il caos, il rumore che distrae e non consente l’introspezione.

Perché il Sistema lo sa che la sua vulnerabilità sta nel silenzio. Si fa silenzio e lui crolla.

Per questo è frenetico e rumoroso, distrae da se stessi, dal chi siamo e che cosa facciamo qui. Nessuna domanda profonda è lecita, leggerezza serve! Se a un dio ci vogliamo rivolgere, che sia Mammona.

Elia e il suo tempo

Nel Primo testamento si racconta che il Re Acab e la moglie Gesabele avevano abbracciato un nuovo dio, Baal, e rigettato il Signore. Tutta Israele si era dimenticata del Signore e a Elia era stato dato incarico di risvegliare il popolo. Per questo chiese ad Acab di radunare il popolo presso il monte Carmelo per una sfida tra lui e i profeti di Baal. Lui era solo, i profeti di Baal 450. Dovevano sacrificare due giovenchi al loro dio, ma senza accendere il fuoco, lo avrebbe acceso il Dio vero dopo averlo invocato.

I 450 cominciarono al mattino, dopo aver squartato l’animale e posto nella pira, a danzare, cantare e invocare Baal anche con riti di sangue, A mezzogiorno non era accaduto ancora nulla.

A mezzogiorno dopo averli scherniti, Elia costruì un altare con dodici pietre, vi pose la legna e le carni dell’animale, quindi bagnò tutto con acqua per tre volte e invocò il Signore. Il fuoco cadde dal cielo e tutti si prostrarono. Elia, zelante, fece catturare i 450 falsi profeti e li scannò.

Acab di ritorno dalla moglie Gesabele la informò che Elia aveva ucciso i suoi profeti, al che lei inviò un messaggero da Elia per dirgli che il giorno dopo avrebbe fatto la stessa fine.

Questo ci dice come reagisce il Potere: a Gesabele non le è importato nulla che il Dio vero fosse un altro, a lei, per il suo dominio, servivano i profeti uccisi. Lo vediamo tutt’oggi. Nessuno Paese occidentale accusa Israele di genocidio e gli intima di fermarsi, la valutano una giusta risposta per liberare gli ostaggi presi da Hamas. Gli interessi economici superano tutto, anche i fiumi di sangue innocente.

Elia andò a rifugiarsi nel deserto, si sentiva un fallito e non aveva voglia di nulla. Eppure il Signore per due volte mandò un messaggero per offrirgli pane e acqua, Doveva trovare le forze e mettersi in cammino. Camminò per quaranta giorni e quaranta notti verso il monte Oreb (più conosciuto come monte Sinai).

Sta scritto nella Bibbia:

Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco il Signore gli disse: «Che fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita». Gli fu detto: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: «Che fai qui, Elia?». (1Re 19,9-13)

Bellissima questa scena. Quando pensiamo a Dio lo dipingiamo come forte e violento («Che Dio ti fulmini!»). Invece Dio non si manifesta nella potenza e nella violenza, come credeva Elia che si era vendicato verso i falsi profeti; Dio non appare nel vento impetuoso, nel terremoto e nel fuoco. La violenza appartiene agli uomini non a Dio. Dio si presenta in un vento leggero, una dolce brezza.

Altresì è bella l’immagine della caverna. Molti guru e santi induisti trovano rifugio nelle caverne. La caverna è il luogo simbolo dell’utero, da lì deve uscire l’uomo nuovo.

Il silenzio dirompente

Dio è morto, dicono. Probabilmente lo è per un sistema capitalistico. Tuttavia se facciamo come Elia, ci mettiamo in cammino nel deserto, lontano dal frastuono e dalle luci artificiali, abbandonando tutto, gli attaccamenti, che poi sono le preoccupazioni, i risentimenti, i pensieri e ci dirigiamo verso la nostra caverna interiore, il silenzio diventa necessario e prima o poi incontriamo il divino. Non dobbiamo avere fretta, la fretta è un attaccamento, dobbiamo restare vigili e in attesa che qualcosa accada. Non dobbiamo avere ambizioni di cercare Dio, arriva lui quando decidiamo di dare spazio al Bene. Se nasce la consapevolezza che Dio non è altro ma è il Tutto, allora pure noi siamo nel Tutto. Gli induisti ci dicono che questa è la via alla beatitudine, una propria elevazione verso la realtà che una mente offuscata dalla mondanità non riesce ad assaporare. Gesù no. Lui si aspetta un cambiamento collettivo, una società fondata sul servizio, una società di pari, che lui chiama Regno di Dio; solo così, insieme, si vivono le beatitudini. Prima o poi sentiremo la voce che ci dice: «Che fai qui?». Il silenzio, la riflessione o la preghiera, chiamatela come più vi aggrada, non è fine a se stessa, ma ti spinge a camminare, a fare. Ci dà un senso.

Foto in HD di fiore, natura, pianta e yoga in Wichita, Kansas, USA di Jay Castor (@jayicastor) da Unsplash.com

Alberto Camata

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