Cara Renata, queste cose non le dire a nessuno, proprio a nessuno
Tanti bambini vivono situazioni familiari difficili. La maestra Renata, insegnante di religione, offre ai suoi alunni la possibilità di una corrispondenza personalizzata. I bimbi le scrivono quando vogliono sfogare la tristezza o la rabbia, oppure per raccontare un fatto, domandare un consiglio, esporre una curiosità.
E a ciascuno lei risponde, sempre con la penna verde che ha il colore della speranza.
Gioele per esempio, 8 anni, vorrebbe fare da paciere in famiglia, ma non sa come porsi: «Mia sorella è arrabbiata con mio padre, cosa posso fare?». A parti invertite Giada, 8 anni, racconta: «Qualche giorno fa a casa mia c’è stato un grande litigio tra mia mamma e mio fratello e ogni sera è più o meno così. A me questa situazione non piace. Mi puoi dare qualche consiglio?». Sulla stessa lunghezza d’onda ecco Lucrezia, 8 anni, a ricordarci quanto l’aggressività incontrollata (qui non sappiamo se urla o sberle) faccia stare male anche chi vi assiste: «Eravamo sul divano, a un certo punto mio fratello ha rovesciato tutta la scatola dei giochi. La mamma lo costringeva a mettere a posto ma lui non voleva, allora la mamma ha provato il piano B, a me non è piaciuto per niente. Sono corsa in camera piangendo».
Laura, 9 anni, vive forti conflitti familiari. La questione è articolata: «Cara Renata queste cose non le dire a nessuno, proprio a nessuno. 1) Mio papà litiga con mio fratello di 21 anni; già una volta è scappato e io con mia mamma siamo andati a cercarlo e io l’ho pregato di ritornare, e appena è scappato mi sembrava di avere perso per sempre il tesoro, a me è successo già e non voglio ripeterlo. 2) Mio fratello piccolo sembra il re e io la serva, il bello è che mi comanda lui, eppure io sono più grande».
Clara e Mattia si lamentano perché i rispettivi padri stanno sempre attaccati al cellulare, e questo fa sorridere per una questione generazionale – di per sé è una cosa molto seria – però è un dettaglio rispetto ad altre confidenze. Ad esempio Ioana, 9 anni: «Mio papà non ascolta le mie opinioni e fa solo quello che vuole lui». Lorenzo espone un quadro familiare oppressivo, nel quale il padre ma anche i nonni e gli zii paterni lo trattano duramente se non è all’altezza delle aspettative: «Il lavoretto che ho fatto ieri, “per i genitori”, nel mio caso è solo per la mamma perché papà non mi vuole più e mi obbliga ad andare in piscina e mi chiama “ciccione di merda”. Per i “nonni” intendevo la mamma di mia mamma perché quelli di papà mi danno i calci e non mi parlano più se non vado in piscina, e uguale fanno gli zii». Sembra improbabile che questo trattamento porti il bambino a desiderare lo sport o lo dieta.
Beatrice, 9 anni, non si sofferma sulle punizioni fisiche ma sul peso del giudizio: «Mio papà mi tratta male. Ieri, quando è venuta la mia amica a fare i compiti con me, ho fatto due errori e mio papà ha detto che non sono una brava bambina davanti a lei. Allora ci sono rimasta male e mi sono messa a piangere». Anche Marco, 10 anni, è avvilito: «Ti chiedo aiuto perché non so cosa fare con la mia famiglia, sembra che ogni cosa che faccio sia sbagliata. Io però mi sto impegnando, con pochi risultati». Enrico, 7 anni, ha un problema più circoscritto: «Cara maestra Renata, mi puoi dare consigli per prepararmi presto alla mattina e non essere sgridato?».
Gianluca, 8 anni, introduce un tema spinoso: «Ciao Renata c’è un problema, i miei genitori non mi ascoltano mai». E Simona, 9 anni: «Mio papà non mi vuole mai ascoltare, io con lui non riesco a parlare di niente, mi puoi dare un consiglio per favore?».
I bambini cercano l’armonia e soffrono quando viene a mancare. Scrive Paolo, 10 anni: «Ieri mia mamma e mio papà hanno litigato e si sono insultati. Anche mia mamma e mio fratello, infatti sono triste». O Eleonora, 9 anni: «I miei genitori litigano sempre, tu cosa mi consigli?».
I litigi possono sciogliersi con le separazioni, ma la fase di passaggio è difficile da attraversare. Marina, 8 anni, si domanda: «Perché i miei genitori sono separati?». Torna sul discorso qualche tempo dopo, rendendosi conto di avere ancora intatto il legame con entrambi i genitori: «Anche se i miei sono separati, io sono un po’ triste ma va bene lo stesso perché li vedo, a volte la mamma, a volte il papà».
Anche i nuovi partner del papà o della mamma possono diventare persone estremamente significative e i bambini soffrono se i legami si rompono. Carlo, 9 anni: «Fra un po’ di giorni il compagno di mia mamma se ne va perché litigano sempre ma io mi ci ero affezionata perché è da quando ho 3 anni che lui vive con me». In seguito, il bambino racconta del nervosismo della mamma, che ricade su di lui e sul fratellino: «Mia mamma in questi ultimi momenti si arrabbia sempre con me e mio fratello per cose che non sono colpa nostra tipo questa mattina che non trovava le chiavi della macchina e si è arrabbiata con noi ma le aveva lei in tasca del giubbino».
I bambini sono capacissimi di trovare soluzioni, non si sa perché i grandi non si consiglino con loro. Antonio, che a 7 anni si rattrista vedendo il papà sempre solo, fa una proposta molto seria: «Cara Renata, tu vorresti sposare il papà? Me lo dici per favore? Se non capisci dimmelo subito». A volte gli adulti sono lenti, Antonio è pronto a spiegare.
Diamo spazio infine a Denise, una bimba che, negli anni, ha scritto tanti messaggi alla maestra. In terza si confida poco per volta: «Cara Renata, sono triste perché il mio vero papà è in un brutto posto». Poi: «Il mio papà vero è in prigione perché non pagava le tasse del Comune». C’è da credere che questa sia la versione pensata per lei. Inizia per la bimba l’attesa del fine pena, che si scontra con la burocrazia, le dilazioni e le incertezze della giustizia. «Mio papà doveva tornare venerdì scorso ma tornerà in settimana». Poi: «Mio papà non è uscito dal carcere. Mi viene da piangere». Finalmente, cautamente: «Beh, mio papà è uscito di prigione però non so se è vero o un falso allarme». Non si arriva a giugno che Denise riprende: «Cara Renata, mio papà è tornato in carcere».
L’altalena prosegue in quarta quando Denise sfoga la sua delusione: «Cara Renata, mio papà non è in carcere», ma poi: «Va molto male. Mio padre è di nuovo in carcere, io lo odio perché promette e non mantiene». I suoi sentimenti oscillano tra il desiderio di riabbracciare il genitore («Mi manca mio papà, assai, nessuno mi vuole e mi odiano tutti»), la sofferenza («Mio papà è ancora in prigione, il mio cuore è pieno di dolore») e la rabbia («Arriva il Natale. Però per me mio papà è morto. Non vedo l’ora di cambiare scuola»). In quinta assistiamo a un lieto fine, che ci auguriamo abbia retto nel tempo: «Cara Renata, lo sapevi che papà è uscito dal carcere? Sono andata da lui a mangiare la pasta con le sarde e io, mia cugina e lui abbiamo giocato a nascondino!».
P.S. Tutti i nomi dei bambini e delle bambine sono stati cambiati.
Elena Buccoliero
sociologa, componente la redazione di madrugada (con la collaborazione dell’insegnante Renata Cavallari)