Stanotte ho dormito nel letto di papà!
«Sai, stanotte ho dormito nel letto di papà ed era comodissimo», scrive Laura, 8 anni. Un biglietto gioioso che a posteriori ammette diverse interpretazioni, non sapendo noi se il letto fosse una possibilità di coccole buone o solo un luogo dove sentire il babbo vicino in sua assenza.
Lo sapeva certamente, allora, la maestra Renata Cavallari, che da molti anni intrattiene una corrispondenza personale con i bambini che vogliono raccontarle di sé stessi, nella scuola primaria dove insegna religione. A tutti risponde individualmente, con l’inchiostro verde che è il colore della speranza, accogliendo emozioni difficili e dispensando piccoli consigli.
Nella breve rassegna di oggi ci occupiamo proprio dei biglietti che riguardano i bei rapporti con il papà e gli ostacoli che la vita di ogni giorno frappone, rimandando a una uscita successiva delle grandi domande i messaggi che descrivono conflitti e incomprensioni.
Effettivamente non sono pochi i biglietti gioiosi.
«Oggi vado a giocare a ping pong con mio papà, ieri mi ha regalato due racchette bellissime» – scrive ad esempio Riccardo, 10 anni, unendo la gratificazione del dono al piacere di fare qualcosa insieme al genitore. Anche Emma, 7 anni, ci porta in un clima di coesione familiare e di festa: «Sai che ieri era il compleanno di mio papà? E domani quello di mia sorella?».
Il messaggio di Asia, 9 anni, è pieno di orgoglio: «Mio papà è andato a Hollywood e ha fatto la foto con dietro la scritta gigante!». Come lei Lorenza, 7 anni: «Mio papà va a Londra, in Inghilterra!». Alberto, 10 anni, parla di un viaggio diverso: «Mio papà è partito per la Tunisia, mi dispiace un po’ ma sono contento perché rivedrà i suoi familiari che da tanto tempo non vede».
Purtroppo, per i bambini e le bambine, i problemi da affrontare non mancano, dovuti prima di tutto alle esigenze lavorative dei genitori. «Come si fa a fare stare a casa un papà se ha la banca a Milano?», si domanda Emilia, 6 anni. Anna, 8 anni, scrive: «Sai che mio papà tutti i martedì parte per Brindisi e torna giovedì? Io mi sento sola e mi viene quasi da piangere». S’intuisce che in seguito il babbo ha avuto problemi di lavoro, e ormai all’ultimo anna della primaria Anna, giudiziosa e molto probabilmente sostenuta dai genitori, scrive: «Lo sai che mio papà il prossimo martedì deve partire per Foggia e ritorna giovedì e poi riparte martedì ecc. forse fino alla fine dell’anno? Anche l’anno scorso lo ha fatto. Io sono tanto triste però almeno riprende a lavorare».
La distanza è un problema prima di tutto per la mancanza di chi va via, ma questo genera avvicendamenti nella cura dei bambini che non sono sempre graditi. Ne parla Annalisa, 9 anni: «Cara Renata, io non voglio che mio papà se ne vada via perché mi tocca stare con la figlia della sua assistente e lei non mi sta per niente simpatica».
Le esigenze lavorative pesano anche nel rapporto con la madre, come racconta Federica, 9 anni: «L’altro giorno è venuta un’amica di mia madre a trovarmi perché mamma è a Perugia per due mesi a fare un master. Infatti sto a casa con mio padre». Giovanna, 9 anni, vive un cambiamento della routine quotidiana dovuta al lavoro della madre e sembra un po’ disorientata: «Quest’anno mia mamma è andata a lavorare a Cento. Così tutte le mattine mi sveglio con papà. Qualche volta la sento andare via e le dico “ciao!” per la scala. Con il papà arrivo sempre in ritardo…».
Qualche volta si cercano le strade per stare comunque insieme, come succede a Margherita, 9 anni, che per fare una cosa così bella come stare col papà deve rinunciare a un’altra piacevole come la scuola: «Domani purtroppo non sono a scuola, perché io e il papà non stiamo mai insieme a giocare e allora mi porta in ufficio con lui». Sabrina, 8 anni, aveva la prospettiva di partire con il babbo ma ha dovuto smorzare l’entusiasmo: «Comunque quel viaggio è un po’ una delusione perché papà ci va per lavoro e non potrò stare insieme a lui, che peccato!!!». La soluzione di Luana, classe prima, è più radicale: «Ciao Renata, io a settembre parto e vado a vivere dove lavorerà il mio papà!».
Quando intervengono problemi di salute a carico del babbo i bambini stanno in pensiero. Sofia, 8 anni: «Oggi mio padre ha sbattuto la spalla e se l’è rotta… sono un po’ triste per lui», e Carmen, 9: «Sai che domani mio papà viene operato e dopodomani è il suo compleanno? Peccato che venga operato proprio adesso». Anche Nora, 7 anni, torna sul tema: «Cara Renata, ieri stavo giocando con un’amica e improvvisamente la mamma mi ha detto che il papà stava male, che aveva mal di schiena e il vomito quindi io ho pianto perché ero triste».
Aurora ha il babbo in ospedale per un intervento chirurgico di cui noi ora, a posteriori, non sappiamo nulla, se non la preoccupazione che ha generato nella piccola. Emerge in più biglietti. Il primo in nostro possesso è stato evidentemente preceduto da uno scambio con l’insegnante che aveva cercato di consolare la bambina. «Cara Renata, grazie mille per il tuo consiglio ma non posso vivere in serenità in questi giorni perché mio papà è in ospedale e io non vedo l’ora che torni a casa e qualche volta mi metto a piangere per questo motivo». Il dopo intervento ha un decorso positivo e la bimba ne parla: «Cara Renata, ti do una bella notizia, domani andrò a trovare mio padre in ospedale dove è operato». C’è bisogno di tempo per tornare a casa ma Aurora ha ritrovato la speranza e la pazienza: «Cara Renata, grazie per dirmi queste cose su mio padre… Sta migliorando molto, non sa alzarsi dal letto e dal divano ma vabbè».
Emma, 9 anni, descrive eventi simili. Dapprima: «Cara Renata, c’è mio padre che sta male ed è all’ospedale da domenica, e mi manca tantissimo», e più avanti: «Cara Renata, molti hanno pregato per il mio babbo e anche per questo è andata tutto bene.
Pensa che sono passate solo due settimane e già non si vede quasi più niente!».
Chiudiamo con due bimbe che si sfogano con l’insegnante raccontando la tristezza per la mancanza del papà e chiedendo un consiglio che le aiuti a stare meglio. A distanza di anni non sappiamo se l’assenza fosse transitoria o permanente, dovuta a ragioni di lavoro o familiari o di altro genere, ma ascoltiamo la voce delle bambine.
Carolina, 7 anni, scrive: «Cara Renata, in questi giorni non so perché ma sento molto la mancanza di mio padre, anche quando gioco con le amiche mi sento così… Come posso fare?».
Antida, 9 anni: «Ciao Renata, a me manca mio padre, cosa posso fare?».
P.S. I nomi dei bambini e delle bambine sono stati cambiati nella redazione dell’articolo.