Linee, curve, angoli

di (Ap/Ps)

Ci sono linee che vorremmo sempre dritte, mai turbate da variazioni, linee continue, pressoché infinite; linee accelerate che diventano quasi frecce lanciate verso il futuro. Ci pare di averle in nostro dominio, noi che ci sentiamo conquistadores del tempo, delle vite nostre e degli altri.

Solamente in uno spazio astratto la linea più breve tra due punti è una linea retta. Nella realtà, negli spazi concreti, di ogni giorno, la via più breve è quella che riusciamo a immaginare tra i tanti ostacoli, tra i sensi unici e i divieti di accesso, tra gli stop e i lavori in corso. Ci sono curve che affaticano il cammino, troppo frequenti, articolate, imprevedibili, curve a gomito, in salita che sono sfide nel percorso che vien voglia di mollare, ma poi continui e le riconosci e ci stai dentro come un esploratore che aspetta il seguito, assecondando e non sai neanche il perché.

Se le si prende troppo veloci le curve ci portano a sbattere, la forza centrifuga ci sbalza fuori, ci trascina lontani da noi stessi. Fuori strada. In un fosso. Poi ci sono angoli che fanno fermare e guardare; così, improvviso, arriva un raggio di sole e colpisce una pietra, un apparente insignificante decoro, un muro scrostato. Alcuni sono persino spigoli, altre sono variazioni più morbide ma sono tutti così, che uno si ferma e sorride e dà respiro all’esistere.

Messi all’angolo: capita, più spesso di quanto vorremmo. La posizione scomoda, spigolosa può però diventare favorevole. Costringe a fermarsi, a darsi tempo, nello spazio improvvisamente ristretto. Se il primo esercizio è vivere1 forse questo è lo sguardo minimo, essenziale, vitale, rigenerante…

Complicate geometrie esistenziali: da un punto bisogna pur partire, avanti dritti ed è linea, poi una curva stretta e dietro – subito – un angolo, non si passa e si torna indietro; un nuovo inizio, punto a capo, con un diverso progetto di linea in testa, più prudente (la lezione l’abbiamo imparata), prendere larga la curva, cercare un angolo di pace, tra le mura di un giardino, sotto un melograno, carico di frutti pieni di punti, di altri futuri possibili.

(Ap/Ps)

1Alessandra Pigliaru, Chandra Candiani, se il primo esercizio è vivere, Il Manifesto, 27 settembre 2023.