Gennaio-Giugno 2017
6/1/2017
COMPITO
Cammina lento il vecchio viandante e sta più attento. Così ha più tempo per restare con se stesso e ripensare, ma ha anche più fretta, per terminare il suo compito, prima di finire d’invecchiare.
a ciò che vedo e sento, in questa piccola vita singolare, ma toccata da tante vite, c’è nell’esperienza umana, una direzione, un’attrazione, smentita, perduta, sempre cercata, anelata, prima o poi, ritrovata. L’umanità cammina, sbandando, come i vecchi, ma anche come i bambini piccoli, eppure cammina. Il mio persuaso punto di vista e di esperienza mi dice che la storia ha una direzione, un progresso morale e la violenza non è destino. Se qualcuno vede altro, non sentenzi: «Non è così». Tutti sappiamo poco, ma la storia è vita, e “La vita vuole vivere” (Albert Schweitzer) e in questo è intelligente e giusta.
Giuseppe – prete.
10/1/2017
LA PATERNITÀ
In un’epoca in cui la figura del padre sbiadisce, dopo essere stata attaccata, bruciata sulle barricate e poi lasciata in disparte, ci sono uomini a cui piace, chiamare, con gratitudine: padre. Un padre non è chi ha tutte le risposte, ma chi non smette di farsi domande. Un padre sa ammettere, anche davanti ai propri figli, di aver sbagliato, quando accade, ma ciò non gli toglie dignità e autorevolezza, soprattutto un padre desidera che i figli siano in armonia tra loro e siano liberi. La paternità si disegna dentro la relazione col figlio e quindi dentro il movimento: di padre in figlio. Per questo la paternità è un ritorno alla verità di se stessi, un ritorno al padre, alla speranza. Oggi ho incontrato un padre, il cui figlio non riconosce la sua benedizione, quindi la promessa e l’affidamento. Ho pianto!
Giuseppe – prete.
15/1/2017
IL PERDONO
Il perdono ci fa essere superiori a coloro che ci offendono.
Un amico è qualcuno che conosce la canzone nel tuo cuore, e te la può cantare quando ti sei dimenticato le parole.. Mi viene in mente Dostoevskij e cito a memoria: …. Come si possa passare davanti ad un albero e non essere felici di vederlo. Parlare con un uomo e non essere felici di amarlo.. Guardate quante cose belle ad ogni passo. Guardate il bambino, guardate l’aurora, guardate gli occhi che vi guardano e che vi amano…
Giuseppe – prete.
20/1/2017
GIUDA, IL PRETE CHE HA TRADITO
“Raro il pensiero di chi si incammina in un lento sacerdozio. Forse quest’uomo creerà montagne, forse dolci pianure, rimarrà comunque in perenne attesa, come una donna gravida, aspettando che Dio gli esca dal corpo e gli si presenti davanti”.
(Alda Merini)
Giuda è stato un uomo come io sono uomo. Non peggiore, non più peccatore di me… il suo fu un peccato d’ingordigia e di confusione, una colpa di poveraccio, di piccolo ambizioso… non ha capito chi è Cristo… la croce di Giuda non ha forma, è il peso stesso dell’esistenza, è il muoversi in noi d’un groviglio bruciante di mostri. Giuda è un pratico, un calcolatore che ha fatto scuola. “Lavorare in perdita, soffrire in perdita, morire in perdita: stupidità che il nostro mondo non capisce, né scusa, né tollera… meglio vendere il Maestro, diventa inutile” (don Primo Mazzolari). Non capisce che con il Cristo il mondo ha preso una nuova dimensione, la dimensione di coloro che danno la vita per gli altri e la croce… ne è l’unità di misura… Si salva soltanto chi ha fede nella carità.
Giuseppe – prete.
24/1/2017
I CONOSCENTI…
Nelle difficoltà dei nostri conoscenti, troviamo spesso qualcosa che,confessiamolo, non ci dispiace del tutto.
(La Rochefoucauld)
La frase, implacabile, che spesso affiora, è: «Un po’ se la sono meritata». A fronte della comunicazione di una grave difficoltà, magari del nostro vicino di casa. C’è la sottile soddisfazione che non sia successo a noi e naturalmente il giudizio poco caritatevole sull’altro. Un rigurgito dell’egoismo o un leggero o malcelato gusto per le difficoltà altrui? La “massima” ci riconduce a essere più realisti quando confidiamo agli altri le nostre pene, ma soprattutto ci faccia più generosi verso il nostro prossimo. La concordia fa crescere le cose piccole, la discordia disperde quelle grandi.
Giuseppe – prete.
27/1/2017
LE ROSE
Vendi uno dei tuoi pani e comprati un giglio
(Li Bai)
In un’epoca che ci obbliga a vivere nella vertigine e con sempre meno tempo a disposizione, cioè senza disponibilità al gratuito, senza valorizzare la contemplazione e lo stupore, senza l’opportunità di meravigliarci della sorpresa che ci spalanca alla vita, qual è la nostra fisionomia, la nostra vera statura umana? L’utilitaristico è il criterio delle nostre società, ma, noi, non abbiamo bisogno pure dell’inutile? Cioè, accanto al pane, non abbiamo bisogno anche delle rose? Ci serviranno, come afferma il grande poeta cinese, Li Bai!
Giuseppe – prete.
3/2/2017
LA GUERRA
La guerra non cambia niente. Non migliora e non redime, non cancella.
Non fa miracoli. Non paga i debiti e non lava i peccati.
(Renato Serra)
Dopo lo spettacolo, di ieri sera a Schio, mio Eroe di Giuliana Musso, dove con tocco magistrale, attraverso un’interpretazione magnifica e carica di significati, appare il dolore grave e violento della madre di soldati, caduti in guerra, non posso scappare alla sferzata delle parole che abbiamo sentito nell’esame di coscienza, che ci ha proposto. La sua è una confessione, tutt’altro che retorica, perché suggellata dal sangue. Abbiamo capito che le madri e i padri detestano la guerra, capace com’è di sconvolgere l’ordine naturale della vita e della morte. Sono da meditare, quindi, le parole di Giuliana Musso, quando vede nella guerra un mostro che non compie nessuna catarsi, così come accade per ogni violenza o vendetta.
Giuseppe – prete
5/2/2017
VERO MAESTRO
Sono sempre più attratto, pensando ai maestri incontrati nella vita, dal pensiero che la ragione è un meccanismo prezioso, ma può diventare pericoloso se non è guidata, orientata, da una passione del bene e del giusto. Senz’altro la ragione è autonoma dal potere, ma non dal valore che le dà uno scopo vero e buono. Il vero maestro ci insegna questo, più che approfondire argomenti e nozioni. Perché la gerarchia che più conta è quella della bontà.
Giuseppe – prete.
11/2/2017
CHE SIA BENEDETTA
La vita. Anche nei momenti infelici non sia abbandonata al vento del nulla. Là, in qualche momento la felicità c’è, verrà, ci attende. Questa è fede nella vita, una fiducia possibile, anche se abbiamo assaggiato il suo sapore una sola volta. Possiamo dire che siamo infelici perché conosciamo la felicità, così che nel grigiore quotidiano, l’infelicità non è estranea alla sete e all’esperienza di felicità. Troppe parole per dire poco: siamo sete e là, nella vita, una fonte. Grazie Fiorella Mannoia.
Giuseppe – prete.
12/2/2017
POPULISMO
Tristi persone sono quelle di un popolo che segue lo sbattere di bandiere e stendardi piuttosto che le idee ben masticate.
(Nicolò Machiavelli)
Quando si sentono certi politici urlare a masse adoranti, oppure fra sventolio di bandiere, attaccare verbalmente gli avversari condendoli, spregiudicatamente, di parolacce e insulti, l’implacabile Nicolò Machiavelli gela la loro tentazione, populista e demagogica, con la citazione, sopra riportata, al punto da rendere superfluo qualsiasi commento. Non va mai deprecato il tempo che si consuma nel confronto. Viceversa l’errore che sarà sempre irrimediabile, è quello di risolvere ogni decisione con un applauso.
Giuseppe – prete.
19/2/2017
EDUCARE
“La forza che dà vita”
Gli insegnamenti di vita indicano un evento educativo, trasformativo, che concerne apprendimenti, non intesi, riduttivamente, come contenuti cognitivi. Essi riguardano quelle dimensioni dell’apprendere, strettamente connesse con l’esperienza di vita e inseparabili da essa. La tenerezza amicale, fraterna e paterna, la radicalità esigente, sorridente e tenace, segnano un tratto particolare, i luoghi educativi attraversati. È questa un’esperienza di apprendimenti di vita, un vento educativo trasformativo. L’educatore rappresenta, perciò, una bandiera spostata. Spostata su margini indagati e riaperti, incontrati, colti nella loro generatività. Bandiera su un orizzonte verso il quale si cammina e che ridisegna, continuamente un oltre, sul quale si incontrano persone che si offrono come segnavia.
Giuseppe – prete.
22/2/2017
PENSARE…
Generale, l’uomo fa di tutto. Può volare e può uccidere, ma ha un difetto, può pensare.
(B. Brecht)
C’è poco da aggiungere a questa sferzata contro la guerra e la violenza. Macchine e uomini si assomigliano: sono congegni complicati che possono funzionare e produrre effetti analoghi, pronti a essere guidati, manipolati, usati. C’è, però, proprio quella piccola differenza: l’uomo pensa, è libero e ha una coscienza e può, perciò, diventare incontrollabile. Da oggetto si rivela soggetto. È per questo che tutte le dittature, ma anche le pubblicità e gli attuali condizionamenti mediatici, cercano di appannare o far evaporare proprio la libera scelta umana.
Giuseppe – prete.
1/3/2017
LA MORTE.
La morte è sempre la stessa,
ma ogni uomo muore a modo suo.
(Carson Mc Cullers)
È una frase molto severa, presa dall’ultimo romanzo della Mc Cullers: Orologio senza lancette. La scrittrice ci costringe a riflettere su un tema, esorcizzato dalla cultura attuale, ma che ininterrottamente rientra dalla finestra dello schermo televisivo e dei videogiochi o del computer. È la morte, fenomeno sempre uguale e scontato per noi creature, imprigionate nella gabbia del tempo, eppure sempre inatteso e originale, spesso ben diverso da come lo si è pensato. Esso è, comunque indescrivibile perché personale, unico, definitivo. Ecco, allora, la necessità di prepararsi a questo evento irripetibile con una vita piena e feconda. Il populismo, la malattia del nostro tempo, significa sacrificare il futuro per un presente molto effimero, sta erodendo infatti la cultura democratica europea e nord americana.
Giuseppe – prete.
4/3/2017
DOVE VAI? SE LO SAPESSI SAREI IN QUEL POSTO.
Dio va all’inferno a salvare i perduti. Ciò che è scritto nel Vangelo ha procurato a Gesù la condanna della religione: perché è amore più che morale. L’amore è folle, (sia nel desiderare, che nel donare). È scandalo per i religiosi, è follia per i ragionevoli, è destabilizzazione per la società, è rottura delle gerarchie anche morali. Il Padre di Gesù ama i cattivi quanto i buoni, la sua giustizia è guarire il peccatore. Il vangelo sconvolge, è difficile da accettare. Chi può dire di averlo davvero incontrato? Ci toglie le sicurezze, le gerarchie dei valori, la morale chiara. Stiamo, da viandanti, andando verso quel posto ? Mah!
Giuseppe – prete.
8/3/2017
DONNE
Gli uomini fanno le opere, ma le donne fanno gli uomini
(Romain Rolland)
Lo scrittore francese, ma anche artista musicologo, filosofo e critico letterario, a me è diventato graditissimo per il suo tentativo di smitizzare le classificazioni che privilegiano il genio maschile. È vero, ci sono capolavori letterari, artistici, musicali, architettonici, elaborati da uomini, ma quella meraviglia che è la creatura umana, è plasmata e sboccia nel grembo di una madre. È legittimo, perciò, il canto dell’antico poeta ebreo, il salmista: “Sei tu, o Dio, che mi hai intessuto grembo di mia madre. Ti rendo grazie perché mi hai fatto un prodigio stupendo”. La Donna è, probabilmente, l’essere che più si avvicina a Dio, capace di tramutare la sofferenza nella forza della Vita. È un fiore eterno che non appassisce col vento freddo della malinconia. È il sole che non s’arrende all’arrivar della sera.
Giuseppe – prete
12/3/2017
SENTIERI
Da quanto tempo non camminiamo per strada fischiettando o non troviamo scorciatoie silenziose con un filo di erba fra le labbra e senza fretta né pretese, credendo semplicemente nel valore di essere? Da quanto tempo non benediciamo i sentieri che non ci portano da nessuna parte e che, proprio per questo, ci danno la possibilità di stare, vagare, di misurare il momento solamente con il peso e la leggerezza del nostro stesso camminare? Quando ci muoviamo da un luogo all’altro, siamo normalmente legati ai motivi che giustificano lo spostamento. Purtroppo -lo riconosciamo- un simile viaggio è troppo corto. Esiste, però, un altro viaggio, che comincia solo quando le domande su quello che ci stiamo a fare lì, smettono d’interessarci. Siamo lì, punto e basta. Non è il sapere e l’utilità che lo definiscono, ma l’essere stesso, l’espressione profonda di sé. La vera sapienza non consiste in una conoscenza previa, ma in qualcosa che si scopre abitando il cammino.
Giuseppe – prete.
18/03/2017
LA VITA
La Vita è troppo bella per essere insignificante!
Ho riso quando non era necessario. Ho amato! Sono stato riamato, ma anche respinto. Non sempre ho saputo ricambiare l’amore ricevuto. Ho gridato per tante gioie. Ho pianto ascoltando la musica o guardando le foto.
Ho telefonato solo per ascoltare una voce. Ho avuto paura di perdere qualcuno molto speciale (che ho finito per perdere)… ma sono sopravvissuto! E vivo ancora! E la vita, non mi stanca mai. È veramente bello battersi con persuasione, vivere con passione, perdere con classe e vincere osando, perché il mondo appartiene a chi osa! Giuseppe – prete.
(per il giorno di San Giuseppe 2017)
24/03/2017
LA MESSA È FINITA
Dopo l’articolo di Alberto Melloni su Repubblica del 23/2/2017
Sono appena cinquantadue anni che sono prete, ho sempre sofferto (tantissimo in seminario) ma ho capito da sempre che non dovevo esercitare un ruolo e fare cose canoniche. Con le comunità e soprattutto con Gaetano, ho scoperto la laicità, il non ruolo del sacerdote.
Amo le persone che la vita mi fa incontrare e non è vero che il prete ama o deve amare tutti, e un modo per non amare nessuno. Amo chi soffre, chi è debole , chi si appassiona, chi viene giudicato ingiustamente e amo pure te che mi stai leggendo. Una volta in balia dell’AMORE ai poveri e ai deboli, alla donna e a colui che non crede, mi sento libero e liberato. Da 50 anni aspetto che la chiesa decida di fare un concilio, che elimini certe dottrine del Concilio di Trento e i seminari, dove si passano giorni e anni di calvario. Ho saputo dai miei viaggi e da sempre ho sognato, se un giorno un papa sudamericano arriverà a Roma, rovescerà i tavoli dei mercanti e caccerà i mercenari dalle chiese. Siamo a buon punto? Si! E’ finito l’eurocentrismo della chiesa e non vi sembri una cosa da poco conto, e dalla nebbia si profila la donna che, dentro al suo sacerdozio, presente dal suo battesimo, è la creatura che si avvicina più a Dio, per la sua gratuità.
Giuseppe – prete.
26/3/2017
L’INSENSATEZZA
Dobbiamo scoprire la grammatica della compassione, l’arte della clemenza, la via quotidiana della bontà. Potremmo reagire dicendo “Non voglio essere troppo buono, non voglio correre il rischio di essere imbrogliato da chi non è nel bisogno”. Chi siamo noi per giudicare gli altri? Molto più rari sono quelli disponibili ad amare, a guardare senza pregiudizi, in modo generoso e disinteressato, perché ciò che trasforma è l’esperienza d’amore.
Ricordo una donna che conobbi molto bene quando ero ancora un ragazzo e che faceva l’elemosina a chiunque gliela chiedesse. La penso spesso, anche oggi. Certamente capiva di essere spesso imbrogliata, ma quando le chiedevano, lei dava. Questo gesto, che pare insensato, salva il mondo. L’insensatezza di quella donna riempie d’amore il mondo, più di tutti gli espedienti di una saggezza che facilmente si trasforma in trincea per difenderci dalla vulnerabilità nostra e altrui.
Se ameremo solo coloro che, a nostro giudizio, lo meritano, il mondo non verrà contaminato mai da Dio. Magnifica e tanto ispiratrice l’immagine, ripetuta da Gesù: “Dio fa sorgere il sole sia sui buoni, sia sui cattivi”.
Giuseppe – prete.
1/4/2017
AVVENTURA FECONDA.
La nostra vita è piena di cose. Troppe! Ostacoli che si vedono oppure non si vedono, ma che ci fanno camminare come fossimo schiacciati dal loro peso. Col tempo costruiamo attorno alla nostra vita una tela invisibile di prigionie insignificanti, che fanno implodere la nostra libertà. Ipotecati dal materialismo, con l’unica preoccupazione di far crescere le provviste nei nostri granai oppure ostaggi di un vuoto crescente, che ci rende incapaci di spiccare il volo.
Così facendo dimentichiamo la legge più profonda della vita, la quale va accolta nel paradosso dell’amore. Quando consegno la vita, come dono, è allora che si moltiplica. Quando mi abbandono, è allora che mi trovo. Quando affermo che “la mia vita è tua”, ecco che in quel momento, mi appartiene veramente. L’accumulazione per accumulare non porta da nessuna parte. La vita sarà un’avventura feconda, solo se saremo certi di questo amore.
Giuseppe – prete.
5/4/2017
NOSTALGIA
Benedetti siano gli istanti e i millimetri e le ombre delle piccole cose
(Fernando Pessoa)
Quella di F. Pessoa è un’intuizione folgorante, vorrebbe ricordarci che ogni goccia di tempo e di materia, ogni millimetro di spazio, ogni bagliore e ogni ombra, contengono un microcosmo che la nostra superficialità ignora, presi come siamo da ciò che è clamoroso e appariscente. Chi conosce il profumo di fieno tagliato? della terra arata, bagnata dalla pioggia? dell’uva spremuta nella cantine? dell’oliva franta? della paglia sparsa nel campo quando si raccoglie il grano e del latte appena munto? Oggi, quei profumi sono spenti, come i petali di rose quando si staccano. Annotava Giacomo Leopardi, in modo altrettanto fulminante: “I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto”.
Giuseppe – prete
7/4/2017
I CATTIVI
È cattiva la gente che non ha provato il dolore
(Carlo Cassola)
Una frase lapidaria che va contro la convinzione di molti, pur fondata, che la sofferenza incattivisce la persona. In realtà, il dolore scioglie il gelo dell’indifferenza, risveglia dal sonno la ragione, purifica dall’egoismo. L’orrore a Iblid mi ha perforato gli occhi. Dacia Maraini scrive: «Se gli uomini praticassero di più l’amore materno ci sarebbero meno guerre!». «La guerra è una questione maschile: è un infanticidio ritardato. Per le donne e le madri non esisterebbe».
La vita di viandante mi ha fatto scoprire che un mondo fondamentalmente maschile, nel quale la donna non ha alcuna funzione, è sempre più un mondo senza Dio, poiché, senza madre Dio non può nascere. Per fortuna il mondo non è tutto maschile e proprio per questo il mondo non è ancora senza Dio. Questa “maternità” o “dimensione dell’anima”, per me, è la radice della vera relazione con Dio.
Giuseppe – prete.
13/4/2017
LAVANDA DEI PIEDI E DELLE MANI
Che significato diamo al gesto di Gesù “Si alzò da tavola?” Significa che non basta stare in chiesa, cantare i bei canti liturgici, ma bisogna uscire fuori, se vogliamo costruire la pace. Prego Dio che per alcuni anni faccia tacere i teologi o i comizianti e che sorga dal sottosuolo della terra il ribollire della prassi, che renda credibile il nome di Gesù. Essere scaraventati fuori sulle strade del mondo. Stiamo troppo tempo seduti a tavola, creando un cristianesimo sedentario, assopito, sonnolento. “Depose le vesti, i paramenti e cinse un asciugamano”. Noi lucidiamo le scarpe alla gente quando abbiamo bisogno di qualcosa, perché non laviamo i piedi e le mani come fece Gesù? Forse, come diceva alcuni anni fa Jaques Maritain, non stiamo diventando, anche noi, adoratori del tempo e dell’effimero?
Giuseppe – prete.
13/4/2017
LA CROCE
La croce non è un palo dei romani, ma il legno su cui Dio ha scritto il suo vangelo.
(Alda Merini)
Leggo le parole di Alda Merini e rivedo la sua ricerca spirituale, mentre sto pensando all’immagine cruda di Gesù. Sotto un cielo livido e cupo, in un paesaggio squallido e disabitato, si staglia la figura di Cristo, infisso su una croce di tronchi, straziato dai chiodi enormi e crivellato di ferite.
Sommessamente, vorrei dirvi che la croce di Cristo non è il palo di un supplizio, escogitato dai romani per gli schiavi e i rivoluzionari. È un Vangelo aperto, un annuncio non di morte, ma di liberazione dal dolore e dalla caducità. So che è fatica credere, ma basta affidarsi a Lui.
Giuseppe – prete
14/4/2017
CONSOLAZIONE
Mi addormento, bisognoso di una consolazione che,
non posso domandare agli uomini e non implorare da Dio.
(Gianni Stuparich)
Queste poche parole potrebbero essere scritte, oggi, da molte persone, magari all’interno di un condominio molto affollato. Hanno nel cuore un’amarezza indicibile e invincibile. Anche chi sta sullo stesso pianerottolo, non può o non vuole essere disturbato. La “desolazione”, che deriva dall’aggettivo solo, descrive lo stato di abbandono e di isolamento. Il suo contrario è appunto “consolazione”, un’azione che spesso neghiamo al prossimo per indifferenza o per egoismo. Pascal ammoniva, con saggezza, nei suoi “pensieri”, che “Basta poco a consolare, perché basta poco ad affliggere”.
Giuseppe – prete.
15/4/2017
SILENZIO…
Chi pensa che il silenzio sia il contrario del rumore, del frastuono, della chiacchiera e dello spreco di parole, della comunicazione coatta ed ininterrotta, delle musichette dovunque e sempre, allora mi viene da pensare che al solo pronunciare la parola “silenzio” il cuore si distenda e la mente si apra. Non si parla di silenzio, se lo si teme o lo si esclude, lo si esorcizza. Nel nostro modo di vivere e di pensare, forse, qualcosa non va o si è perso. Pensare a una cosa in modo esclusivo e prolungato, la fa esistere, rende più reale la realtà, sommersa dal rumore di fondo della nostra inarrestabile tendenza alla distrazione plurima e interattiva. Gli artisti o i filosofi, chi crede in Dio o vuole semplicemente pensarci, devono mettere a tacere la fastidiosa , divorante tentazione di pensare contemporaneamente ad altre cose come spegnere il telefono o altri dispositivi, questo crea un contatto inedito con se stessi. Solo quando ho capito che ho un intimo bisogno di silenzio, ho potuto mettermi alla sua ricerca.
Giuseppe – prete.
24/4/2017
AMICIZIA
Ciò che avvicina gli amici, quello che li lega l’uno all’altro, è la scoperta di un’affinità interiore, puramente gratuita, ma forte da far persistere nel tempo l’affetto, la complicità, la relazione e la cura. Se volessimo spiegare che tipo di affinità è questa, non sapremmo farlo. Non c’è, infatti, ragione valida che spieghi un’amicizia vera e duratura al di fuori di questa. “Perché era lui e perché ero io”. Il resto non ha importanza. L’amicizia è una fraternità, dove noi scegliamo. Gli amici sono fratelli e sorelle per la vita. Presenze in ogni ora della vita, baluardi discreti, ma irremovibili; compagni di viaggio, anche quando non sono fisicamente al nostro fianco. Gli amici parlano un linguaggio particolare: basta una parola per capire tutto. A volte, solo uno sguardo è sufficiente a loro, per scoprire quanto si muove dentro di noi.
Giuseppe – prete.
27/4/2017
SE LA BELLEZZA È…
La bellezza è una cosa torbida e paurosa,
perché è indefinibile e definirla non si può,
perché Dio non ci ha dato altro che enigmi.
La bellezza non è solo terribile, ma è anche misteriosa.
(F. Dostoevskij)
Produciamo e consumiamo immagini in continuazione, senza soffermarci sul tipo e sulla qualità delle stesse, senza educazione al loro discernimento e senza attenzione alla dimensione estetica.
La bellezza non è un estetismo fine a se stesso, ma è annuncio, compagnia, sostegno, incoraggiamento: è uno dei segni che le promesse di Dio non restano incompiute, è una delle esperienze che facciamo della sua presenza nella nostra vita.
Giuseppe – prete.
30/4/2017
DISEGUAGLIANZA
Non c’è nulla che sia ingiusto
quanto far le parti uguali fra diseguali
(don Lorenzo Milani)
Il prete fiorentino, è stato definito il prete del futuro o della verità atemporale, un uomo dall’intelligenza, dall’umanità e spiritualità assolutamente straordinari. C’è, infatti, in questa sua affermazione, una parzialità che è, paradossalmente la pienezza dell’imparzialità e della giustizia, quando si esercita nei confronti dei deboli, degli indifesi, degli ultimi. Quando il diritto -diceva Cicerone- diventa troppo rigido e freddo, rischia di trasformarsi in una clamorosa ingiustizia. È immorale tra diseguali, amministrare un’astratta uguaglianza di principio.
Giuseppe – prete.
4/5/2017
AL COSPETTO DI DIO
Si può credere che Dio esiste,
ma vivere alle sue spalle.
Chi ha vera fede in lui,
vive al suo cospetto.
(Martin Buber)
È stato Martin Buber, il filosofo ebreo viennese, a sviluppare il tema del dialogo interpersonale tra l’io’ e il ‘tu’, dove l’altro poteva essere il ‘TU’ divino. Davanti a Dio sta sereno chi ha il cuore e le mani pure da ogni colpa o ingiustizia, come ci sta l’orante sincero e il peccatore pentito. C’è, però, chi si illude di nascondersi allo sguardo divino, che scruta i cuori e i reni di tutti. C’è, infatti, chi vive alle spalle di Dio, approfittandone, con una religiosità ipocrita, interessata, economica. Cristo, che pure ha tanto perdonato, ha sempre scrollato, costoro, dalle sue spalle e da quelle di Dio.
Giuseppe – prete.
FESTA DI MACONDO 13 e 14 MAGGIO 2017.
SIAMO ALL’ULTIMA SETTIMANA, QUELLA CHE CI INTRODUCE E PREPARA ALL’INCONTRO DELLA FESTA DI MACONDO.
Non ho scoperto nuove terre, ma ho raccolto buoni frutti dai campi attraversati e tutto ho cercato di rendere ai passanti sulla mia via. Mangiare, carissimi amici e amiche amatissime, non è solamente piantare, raccogliere, trasformare e cuocere il cibo. Mangiare è soprattutto dono, spiritualità, amicizia, fraternità, bellezza, calore, sapienza, colore, semplicità, compagnia. Se la vita vi aggiunge anni, vi sta affidando talenti da impiegare e da far crescere. Ora, in quanto anziani, siete liberi dall’ossessione competitiva, basta che ciascuno o ciascuna sia se stesso e se stessa. Dovete essere vivi, vivi sempre, fino alla fine.
Giuseppe – prete
9/5/2017
CARI AMICI E SIMPATIZZANTI DI MACONDO.
«E questa fredda sera di marzo, mamma, io torno. Ritorno nella casa che prima io e poi tu lasciammo.
Che lungo andare, mamma, un lungo camminare come un sogno. Sorridente, ti ritrovo come sempre e più forte di sempre, il tuo cuore senza braccia tutto a te mi stringe.
Non serve raccontarti di me e di questi anni in lontananza. Tu ben sai tutto perché da dentro di me hai visto sempre. Mi gioverebbe sapere di te e del tuo nuovo mondo … ma occorre aspettare per sapere, attendere bisogna l’altro incontro».
Sentieri
Da quanto tempo non camminiamo per strada fischiettando o non troviamo scorciatoie silenziose con un filo di erba fra le labbra e senza fretta né pretese, credendo semplicemente nel valore di essere? Da quanto tempo non benediciamo i sentieri che non ci portano da nessuna parte e che, proprio per questo, ci danno la possibilità di stare, vagare, di misurare il momento solamente con il peso e la leggerezza del nostro stesso camminare? Quando ci muoviamo da un luogo a l’altro, siamo normalmente legati ai motivi che giustificano lo spostamento. Purtroppo – lo riconosciamo – un simile viaggio è troppo corto. Esiste, però, un altro viaggio, che comincia solo quando le domande su quello che ci stiamo a fare lì smettono d’interessarci. Siamo lì, punto e basta. Non è il sapere e l’utilità che lo definiscono, ma l’essere stesso, l’espressione profonda di sé. La vera sapienza non consiste in una conoscenza previa, ma in qualcosa che si scopre abitando il cammino.
Sono passati nove mesi dal giorno in cui abbiamo ricordato, al raduno dei motociclisti, suo figlio, nel primo anniversario della morte. Michela, la mamma, sapeva che il marito mi aveva consegnato gli scritti e le foto migliori, ma una sofferenza inestricabile, nascosta a tutti, le aveva impedito di rispondere a ogni mio tentativo di contatto.
Mi aveva visto entrare, in silenzio, quasi furtivamente. Prima di abbracciarmi mi aveva fissato per alcuni istanti e parlato direttamente ai miei occhi… mi aspettava? Non lo so. Era bella, impegnata con i clienti e con i fornitori («se mi fermo un attimo, piango») e molto elegante. L’eleganza le era connaturale; direi di più, era il suo modo di essere. Chi possiede il vero “gusto” rompe ogni regola, e detta le prossime. Un’icona autentica dell’eleganza, avendo ottenuto dalla vita il dono di esserne completamente pervasa.
Siamo rimasti alcuni minuti in piedi a parlare, mentre gustavamo un tè caldo. Basta un’ora o due d’insonnia e la notte si riempie di presenze, di suoni che echeggiano voci e parole di persone entrate nella nostra vita. Alcune sono solo un fotogramma della memoria, ma negli spazi che la notte finalmente concede, si animano e parlano. Altre sono presenze intime: voci, sguardi, parole tutte che parlano d’amore.
Ecco, io sono la ragazza bionda che hai visto in moto, con il mio uomo. Non so parlarti dell’amore, ma so bene cos’è: come ricolma la vita, più della salute, più del sole. L’amore è attività, non è aspettare di essere amati. Io sono una donna che vive per credere nel amore: non il tuo o il mio, ma quel amore di cui vive il mondo. Piuttosto che fare grandi cose, il nostro amore è ricevere. Non nasce da noi, l’amore: «Anche se dessi ai poveri tutto ciò che possiedo, anche se donassi il mio corpo come martire e non avessi l’amore, non sarei nulla». Dunque, l’amore è altro, è più ancora del generoso altruismo.
Tentavo di capire e accennavo qualche risposta. È l’amore che ci fa buoni e non siamo buoni perché amiamo. Il vuoto che portiamo dentro, la nostra impotenza, non arrestano il nostro amore ma lo richiamano. Chi rinuncia all’amore per non soffrire, si inganna. È un infinito dentro uno spazio angusto, per questo ci fa gemere sotto la sua pressione. E se l’amore non esiste nel mondo, esiste nella speranza. Meglio vivere nella speranza, piuttosto che nel mondo crudele e spento dei realisti. Ci siamo lasciati, commossi. C’era il lavoro, che fa barriera a ogni sentimento. Ci siamo promessi una cena di melanzane alla parmigiana. Sono uscito confuso, con un odore acre di partenze, di ritorni e di andirivieni, di rumori antichi in un bar moderno, di lontananze vocianti, ma gioiose, come era la sua casa, piena di ricordi e adesso vuota. Queste mie parole sono la coda di un lungo silenzio. Non ci sono ragioni, c’è solo la voglia di guardare il soffitto e sentire il tempo fissato dalla memoria. Le ho detto della casa, dove ho vissuto per più di trent’anni. Adesso è vuota e ogni volta che ci vado è un colpo al cuore. Rimangono gli oggetti, muti, in attesa. La polvere che si adagia su tutto, ma la vita continua. Questa mattina mi sono accorto, mentre rincorrevo le lucertole al sole, di sentirmi inutile, piccolo, un granello di sabbia, polvere. Tante cose dobbiamo ancora dirci, raccontarci e comunicarci, come dal finestrino di un treno in partenza. Tu sei proprio così, vento che scende dal monte…
Un discorso oscuro, contorto e sofferto, per introdurre il tema della Festa nazionale di Macondo 2017 a Bassano del Grappa (Vi), e usa parole che aiutino a costruire anche sulle macerie: «Giusto è nei riguardi del bambino colui che adempie quanto gli ha promesso»
Il rapporto tra generazioni si è già spento e non si tratta di proporre una tregua, ma di costruire un’alleanza, che non c’è più, tra padri e figli, tra nonni e nipoti, dove oggi c’è solo rottura, in nome di una divinità che ha imposto nuove regole, cui ha assoggettato il mondo. In nome del cambiamento, dell’efficienza e della tecnica si ritorna a voci corrispondenti a libero mercato, libero scambio, libera circolazione di capitali, sul cui altare vengono immolati esodati, esuberi, precari, perché ci dicono che l’economia ha le sue leggi assolute. L’economia ha le sue leggi assolute.
Le nuove divinità fremono e hanno cancellato la rete di solidarietà e di responsabilità, sostituendola con il gioco d’azzardo. Hanno tolto dal vocabolario la parola fiducia, perché prevalga l’interesse particolare del più forte, dietro la massima «liberi tutti».
Macondo è nato per creare luoghi d’incontro e di relazione, non partiti. Questi ultimi sono nati in nome della diversità, e sono diventati luoghi di divisione e lotta di potere. Ora li chiamano movimenti per nascondere il fatto che sono una proprietà privata (vedi Forza Italia, Movimento Cinque Stelle).
La festa di Macondo è un luogo d’incontro tra persone che arrivano da esperienze lontane, sia dal punto di vista spaziale sia dal modo in cui la vita si esprime nel gesto quotidiano. Troppo spesso si guarda alle persone con disattenzione, con pregiudizio.
La festa è un momento di gioia e di serenità per salvare la vita di ogni donna e di ogni uomo dalla dimenticanza collettiva e quindi dall’irrilevanza umana; un esercizio all’ascolto interiore e universale, perché umano.
Giuseppe – prete.
12/5/2017
LA BESTEMMIA
Mettere la verità prima della persona
è l’essenza della bestemmia
(Simone Weil)
Affascinata dal cristianesimo, Simone Weil, lei ebrea, ha offerto intuizioni filosofiche e teologiche veramente folgoranti. La citazione, qui riportata, rivela ai nostri giorni, che il fondamentalismo sacrifica ad una verità dogmatica, spesso degenerata, tante persone, ponendole sull’altare di un idolo mostruoso. L’essenza della bestemmia sta proprio nel negare il vero Dio! La cui immagine suprema è proprio la creatura umana. Su questa linea si sono mosse e si muovono tutte le ideologie, quando diventano potere e dominio, compresa la ‘ragion di stato’, che ha macchiato le strade della storia con il sangue di milioni di persone. Per finire, Simone Weil scriveva pure, “Ciò che fa capire se uno è passato attraverso il fuoco divino, non è certo il suo modo di parlare di Dio, ma è il suo modo di parlare dell’uomo e della terra”.
Giuseppe – prete.
18/5/2017
DOPO LA FESTA
Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua abilità ad arrampicarsi sugli alberi, passerà tutta sua vita a credersi stupido.
(Albert Einstein).
La battuta di Einstein è fulminante e ci costringe a discutere circa i contenuti di qualsiasi iniziativa. Ho partecipato a tutte le 29 feste di Macondo, contribuendo sempre alla scelta del tema. Quest’anno la partecipazione alla tavola rotonda del mattino, ha sfiorato nel massimo affollamento, il 54% delle sedie preparate in sala grande (circa 400). Visto la qualità e la sensibilità dei relatori, il loro fascino e la passione consumata, devo confessare la mia tristezza e delusione, convinto che “emergenza educativa” e “l’urgenza di un nuovo umanesimo” siano i piloni su cui, non solo Macondo, ma ogni uomo o donna di buona volontà, deve costruire il passaggio nell’epoca della superficialità e dell’individualismo distruttivo, come l’attuale.
Saranno discutibili, ma non vanno mai moralizzate le priorità e le scelte dei macondini doc, assenti. Vorrei capire, però dove e perché abbiamo sbagliato, cosa non ha funzionato, se Macondo deve smettere il suo impegno di punzecchiare un dibattito sterile e logorato dai luoghi comuni,difendendo l’aspetto egoistico di un benessere poco armonioso. Stiamo dimenticando che senza un’educazione alla gratuità non capiremmo mai, che ciascuno di noi è nato, per vivere la sua e l’altrui umanità.?
Nonostante le mie tante letture, non mi risulta che mai, ci sia stato un filosofo, che abbia sopportato, pazientemente, il mal di denti.
Giuseppe – prete.
25/5/2017
A MAGGIO!
È piovuto a lungo, maternamente e placidamente. Doveva succedere a marzo o tardivamente ad aprile, è successo solo ora. Non importa, siamo ancora in tempo per tutto: la terra ha bevuto bene e lentamente, a fondo, ogni cosa si è lavata a modo. Il lago del Corlo s’è colmato e le rane, forsennate, impazzano, le albicocche non vedono l’ora di zuccherarsi le gote, l’orzo, indomito, ha alzato la testa. Solo le ciliegie hanno sofferto la sete. I fringuelli sono arrivati anche dall’estero per farsi una bevuta ristoratrice, qui da noi, dove si è sparsa la voce che ci manca la forza d’animo di fucilarli.
Giuseppe – prete.
28/5/2017
AMORE
Il nostro amore è testardo come un mulo,
vivo come il desiderio, crudele come la memoria,
stupido come i rimpianti, tenero come il ricordo,
freddo come il marmo, bello come il giorno,
fragile come un bambino.
(Jacques Prévert)
In realtà il vero amore è come la vita. Un impasto di bene e male, di grandezza e di miseria, eppure è una realtà che Ci fa essere persone e non animali o cose. Indimenticabile resta la definizione di Sofocle: “Una parola ci libera da tutto il peso e il dolore della vita, quella parola è amore. È per questo che nella Bibbia, l’amore è definito come ‘la fiamma divina, che le gradi acque non riescono a spegnere nei fiumi travolgenti’.
Giuseppe – prete.
1/6/2017
FARE
Non chiedete cosa può fare il vostro Paese per voi,
chiedete piuttosto cosa potete fare voi per il vostro Paese…
cosa possiamo fare assieme per la libertà dell’uomo.
(John Kennedy)
Possiamo capire, da questa citazione quanto sono cambiati gli Americani e pure gli Europei! A dominare è il verbo fare, vocabolo di un impegno operoso. Significativa è, oggi, l’inversione dei ruoli. Prima di accampare dei giusti diritti, dovremmo essere coscienti dei nostri doveri di cittadini. La consapevolezza dell’etica sociale, se diffusa a livello popolare, alla fine esprime politici migliori.. Vale a dire la coscienza viva per cui tutti siamo necessari agli altri e non esiste il primato di una nazione su un’altra.
Giuseppe – prete.
4/6/2017
UN FUTURO DA SCRIVERE
Carissimi Gianluca e Barbara. Sposi. Ogni cosa che entra in voi, in voi si fa vita. Da ieri ve ne dovete fare un’opinione personale. Un’opinione vera, ma non verità. Verità, però, umile nella sua essenzialità, consapevoli della marginalità della conoscenza e della provvisorietà dei giudizi. Disposta a continue verifiche di qualità, libera perché non si può credere contro la propria volontà, obbediente, perché contiene in sé il senso costruttivo dell’incontro e della risposta. Se non avete autonomia di pensiero e di coscienza, altri penseranno e agiranno per voi, se non avete autorità su voi stessi, sarete l’eco di altre voci, la caricatura di altri poteri. Ricordate che nessun uomo è ‘minore’ di un altro, in questo è la sua dignità. Né di un altro ‘maggiore’, in questo sta la sua verità. Verità e dignità sono la ragione nobile dell’uomo, la coscienza del suo valore.
Giuseppe – prete.
7/6/2017
VITA… REALE.
La vita, la comprendo sempre meno e l’amo sempre di più
(Jules Renard)
La nostra non è una conoscenza monocroma; la ragione non è, certamente, importante, come lo è l’esperienza, ma filosofia e scienza non ci bastano, anzi talora imprigionano la vita in stampi perfetti, ma freddi e gelidi. Per fortuna c’è anche la conoscenza per amore o nella fede o attraverso il sentimento, o nella poesia e nell’arte. Ed è con questo arcobaleno conoscitivo che si comprende veramente e si ama la vita.
Gianluca, lo sposo – i lettori mi concedano di esprimere i sentimenti che si sono scatenati in me, quasi per incanto, venerdì scorso al Matrimonio di Stretti di Eraclea – sta recitando le sue preghiere e nell’orizzonte della sua memoria sfilano le tante persone che hanno varcato la soglia della morte. Le chiama per nome, facendole rivivere : si presentano infatti coi loro volti sorridenti , come se nelle loro vene palpitasse ancora il sangue della loro esistenza terrena. E’ la grande forza del ricordo, un riportare al cuore, facendo rivivere chi si è amato, in una presenza che è reale, in forme diverse, se volete, sia per il cristiano, sia anche per il non credente.
Giuseppe – prete.
11/6/2017
FELICITÀ
Come spiegheresti la felicità a un bambino?
Non glielo spiegherei, gli darei un pallone da giocare.
(Dorothee Selle).
La concezione teologica della giornalista francese, protestante e successivamente docente universitaria di teologia, fu di forte impronta sociale. Cristo, vero uomo, ci rende presente e operante in noi il Dio trascendente. In questa luce riusciamo a comprendere la sua battuta che abbiamo citato, nell’atto gratuito, incarnato nel gioco, dove scopriamo la pienezza della vita. E’ nell’amore autentico – che è donazione libera e totale – che gustiamo la felicità pura. Riducendo il gioco ad affare sportivo con un giro vorticoso di interessi, l’amore ad una mera esperienza di godimento sessuale, abbiamo perso il sapore della libertà e della gioia genuina. Non sappiamo più giocare in senso genuino ed è per questo che non conosciamo la vera festa e la felicità intatta.
Giuseppe – prete.
14/6/2017
INSEGNARE
Tutti coloro che sono incapaci d’imparare,
si sono messi a insegnare
(Oscar Wilde)
Lo scrittore raffinato, con la lingua tagliente, come mi piace definire Oscar Wilde, nella sua battuta, come in tutti i paradossi, mescola verità ed esagerazione.
Ci sono, infatti, dei docenti capaci di rendere odioso all’alunno ogni capolavoro di arte o di letteratura, di scienza o di filosofia, perché non li hanno mai imparati o perché sono confusi e prolissi nell’esposizione.
Papini aggiunge che arrivano a “non dire niente e a dirlo male”. Oscar Wilde, va ancora più in là, quando afferma: “Agli esami gli sciocchi fanno domande a cui neppure i saggi non sanno rispondere”. Posso del resto testimoniare di aver incontrato dei docenti straordinari sia in giovinezza, sia in età matura, ma ugualmente, prima di accusare gli studenti di superficialità e di svogliatezza, dovrebbe fare un esame critico anche chi insegna, me compreso, anche se non uso mai il verbo insegnare.
Giuseppe – prete.
14/6/2017
FEDE NON È DEVOZIONE.
Carissimo Gianluca, mio giovane amico, siamo puntini che pensano fra due estremità, tra un prima e un dopo. Siamo, però, anche comportamento. Vivere il senso profondo del mistero, da uomini onesti, è quello che persone non vincolate da certezze chiamano senso della religiosità, e rappresentano, così, un disporsi all’avventura della vita. Penso che ci sia più fede nella ragionevole inquietudine del dubbio, che piuttosto nella rituale quiete religiosa, di una certezza, data per scontata. Non appare un’autentica vergogna che dei piccoli uomini pensino, che la Verità esista solo per loro? Quanto più degni e nobili sono gli atti terreni degli uomini, se sono indipendenti da un atto remunerativo! Ma alla carne dell’uomo è impossibile tale purezza. Il dubbio affina l’anima, più di una rozza certezza.
Giuseppe – prete.
30/6/2017
IL COMMIATO
Stiamo, lentamente, imparando, io e Gaetano, l’arte del commiato. Personalmente l’ho appresa un po’ dalla tradizione russa. Prima di partire restiamo uno accanto all’altro, per alcuni istanti, in puro silenzio per poi congedarci in un modo leggero, quasi allegro, come non stessimo per assentarci realmente. Quegli istanti di silenzio, però, hanno allacciato i nostri cuori con una forza che solo rare parole potrebbero avere.
Quando, negli addii della vita, ci sembra che sia rimasto qualcosa o quasi tutto, da dire, è bello pensare cosa ha detto il silenzio, lungo il tempo. È quello più profondo e più significativo che siamo in grado di condividere con gli altri e non trova linguaggio migliore del silenzio. Ora, non ci rendiamo conto che stiamo sempre accomiatandoci da qualcosa o da qualcuno. È un dono meraviglioso, è la vita che ce lo dà. È scoprire la tenerezza, come gesto di libertà. Ci vediamo gli uni e gli altri partire e ritornare, con la fiducia che nulla si interrompa. Torniamo a udire mille volte le voci (ciao – arrivederci) di quanti amiamo, in tal modo prolunghiamo l’incontro, straordinario e interminabile, in cui consiste, in fondo, la nostra esistenza.
Giuseppe – prete.