Francesco, la Chiesa, le donne
Riconoscimento del genio femminile
Fin dall’inizio del suo pontificato papa Francesco ha sottolineato come la Chiesa sia chiamata a riconoscere in maniera più decisa il genio femminile. Nella Evangelii gaudium, la sua prima esortazione apostolica promulgata il 24 novembre 2013 – ricorrenza della solennità di Gesù Cristo Re dell’Universo, si legge: «Il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita sociale, per tale motivo si deve garantire la presenza delle donne anche in ambito lavorativo e nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti, tanto nella Chiesa come nelle strutture sociali».
Molta attenzione c’è stata in questi ultimi anni al tema del ruolo della donna in ambito ecclesiale e nella società e molto dibattito è tutt’ora in corso. «Dobbiamo promuovere l’integrazione delle donne nei luoghi in cui si prendono decisioni importanti». Il Papa esorta a una maggiore considerazione delle donne, per rompere quel soffitto di cristallo che esiste in ogni ambiente della vita sociale, rendendole protagoniste nella progettazione di misure che interessano la vita delle famiglie, gli ambienti educativi e l’avvenire dei giovani.
Nuove nomine, nuovi ruoli
Le nomine di Catia Summaria a promotore di Giustizia della Corte d’appello dello Stato Città del Vaticano e di suor Nathalie Becquart a sottosegretario al sinodo dei vescovi sono segnali interessanti. Nathalie Becquart, nata nel 1969 e suora dell’Istituto La Xavière – Missionnaires du Christ Jésus dove ha emesso i voti perpetui nel 2005, è la prima donna ad avere diritto di voto nel sinodo. Una figura straordinaria quella di questa donna che ha studiato teologia e filosofia al Centre Sèvres (il seminario gesuita di Parigi) e sociologia presso l’École des hautes études en sciences sociales. Ha inoltre seguito un corso di teologia presso la Boston College School of Theology and Ministry dove si è specializzata in ecclesiologia, conducendo ricerche sulla sinodalità. Proprio Suor Nathalie ha parlato all’assemblea plenaria dell’Uisg, l’Unione internazionale delle superiore generali, dal titolo: Abbracciare la vulnerabilità nel cammino sinodale – maggio 2022 che si è svolta a Roma e si è così pronunciata: «Le donne hanno un ruolo fondamentale, ma non sono le sole: ancora più importante è imparare a diventare Chiesa di uomini e di donne che camminano insieme con pari dignità, seguendo la chiamata a essere comunità di comunità».
Tra il dire e il fare: le distanze
Quanto afferma Becquart è ancora una prospettiva per il futuro, di fatto la parità non esiste in grembo alla Chiesa come nella società civile. Anche se all’interno del mondo ecclesiale esistono figure illuminate che propongono una maggiore parità e soprattutto un maggiore riconoscimento del ruolo delle religiose e delle laiche (non subordinato a quello dei preti). Anche dalle cronache quotidiane sappiamo che ai discorsi non sempre seguono i fatti. Basti pensare al numero dei femminicidi, alla disparità di reddito nelle stesse posizioni lavorative, ai ruoli apicali o manageriali che, di fatto, sono riservati agli uomini, alla povertà che è più forte tra le persone anziane di sesso femminile che maschile. L’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza il fatto che le donne hanno la stessa dignità e gli stessi diritti degli uomini. Il papa stesso, in un videomessaggio agli organizzatori della Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, ha fatto notare come siano «doppiamente povere le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti». Di qui la necessità di «considerare la condizione delle donne e delle bambine, sottoposte a molteplici forme di sfruttamento, anche attraverso matrimoni forzati, schiavitù domestica e lavorativa».
Il diaconato alle donne
Un papa sicuramente attento al tema della parità in tutte le sue sfaccettature che spesso deve attendere la lentezza della macchina burocratica dello Stato pontificio, degli altri Stati nazionali e del Sinodo dei vescovi. Una questione che il papa avrebbe voluto che si concludesse in maniera diversa è il diaconato delle donne. Il 12 maggio 2016 in un incontro con le Superiore generali degli ordini monastici femminili, le suore pongono chiaramente la questione: «Cosa impedisce alla Chiesa di includere le donne tra i diaconi permanenti, proprio come è successo nella Chiesa primitiva? Perché non costituire una commissione ufficiale che studia la questione?». Tre mesi dopo, nell’agosto del 2016, il papa istituisce la Commissione di studio sul diaconato delle donne. Purtroppo, dopo due anni di lavoro, la commissione si arena e non si giunge ad alcuna conclusione. Sul ruolo delle donne nella chiesa, laiche o consacrate, Francesco dice di voler «arrivare a una cosa che va oltre le funzioni, ma che non è stata ancora maturata, che ancora non abbiamo capito bene, su questa teologia della donna dobbiamo andare avanti». Per quanto riguarda le donne prete dice solo: «Non si può fare, Giovanni Paolo II l’ha detto chiaramente». Questo tema mi sembra approfondibile in ambito ecclesiastico e il papa avrebbe potuto prendere una posizione più decisa. Nella storia della Chiesa non è mai esistita una diaconessa? Nemmeno tutti gli storici del Vaticano ne sono sicuri.
La questione del sacerdozio
Ciò che invece è certo è che non è mai esistita nella Chiesa cattolica una sacerdotessa. Potrebbe trattarsi di una semplice convenzione culturale anche se è impervio poggiare sulla Scrittura e sulla tradizione della Chiesa per introdurre questa novità. Se si trattasse unicamente di una funzione sociale, la Chiesa potrebbe seguire l’evoluzione della società come ha fatto quando ha permesso che le suore dirigessero asili, scuole, orfanatrofi, ospedali, case di riposo e che le badesse dirigessero monasteri. Nella Chiesa cattolica però il sacerdote non si definisce in primo luogo per quello che fa, ma si dice che lui agisce in Persona Christi (è Cristo che agisce attraverso di lui). Durante l’ordinazione riceve lo Spirito di Cristo per rappresentarlo, in modo supremo, quando celebra l’Eucaristia e dice «Questo è il mio corpo» o nel sacramento della riconciliazione quando dice «Io ti assolvo dai tuoi peccati». Nell’Ultima Cena, quando è stata istituita l’eucarestia erano presenti tutti maschi (gli apostoli), questo è il problema e questo è l’ancoraggio storico che impedisce di prendere strade diverse.
Questo tema della fedeltà alla tradizione è stato messo in discussione dalla teologia femminista che afferma che l’uso dell’ordinazione femminile è esistito per tutto il primo millennio di vita delle comunità cristiane. Afferma inoltre che esistono dei limiti e dei condizionamenti culturali nell’espressione del messaggio di Gesù e, soprattutto, nella sua trasmissione. Gli aspetti riguardanti il simbolismo eucaristico vengono messi in discussione, in modo particolare per quanto riguarda i presupposti androcentrici che lo informano (cui la Chiesa contrappone la centralità di Maria e la teoria della complementarità dei sessi) e della rivendicazione della piena eguaglianza spirituale di tutti i cristiani proclamata da San Paolo nella Lettera ai Galati.
Si potrebbe osservare che l’appartenenza al genere maschile non era l’unica caratteristica di Gesù: egli era anche ebreo, ma tale requisito non viene richiesto come prerogativa per l’ammissione agli ordini. Molti teologi rivendicano la piena eguaglianza spirituale di uomini e donne, e dunque la somiglianza di ogni cristiano, senza distinzioni, con Gesù Cristo.
Tutto questo è stato ritenuto da papa Francesco indiscutibile, questa apertura al sacerdozio delle donne non riguarda e non riguarderà il suo pontificato. Tutto l’apparato della Chiesa ufficiale è d’accordo con lui.
Che il tema sia di difficile trattazione, spinoso, discuti
bile e rivoluzionario è indubbio, come l’interesse storico, politico ed escatologico a proseguire la ricerca e il dibattito sul tema, anche ascoltando quello che le donne che vivono pienamente la Chiesa hanno da dire.
Paura delle donne nella Chiesa?
«Non dobbiamo aver paura di dare spazio alle donne» – sostiene Francesco. Parole che ci aiutano a tenere viva una riflessione profonda che può aprire un varco all’interno della Chiesa e in tutto il mondo civile. Tale riflessione sul ruolo delle donne condizionerebbe, di fatto, alcuni paradigmi della vita civile europea e permetterebbe l’apertura del dibattito anche in quei territori del mondo completamente “fermi” sulla questione.
C’è nella Chiesa maschilista paura delle donne? In alcuni casi sicuramente sì. Non ci sono dubbi però sul fatto che Gesù Cristo, la cui vita è stata scandita da incontri con figure femminili importanti nella storia della salvezza, non abbia avuto alcun timore del genere femminile. Poi la Chiesa non è riuscita a valorizzare quel “genio femminile” riconosciuto alle soglie del Duemila da Giovanni Paolo II. Ma la strada è aperta e la speranza in un’accelerazione riguarda quasi tutte le esponenti del genere femminile, sia appartenenti alla Chiesa cattolica che no.
Si può tornare a quel che dice suor Becquart quando parla di donne che «devono confrontarsi con il clericalismo e possono essere esposte a forme di disuguaglianza» (luglio 2019). Donne che «si sentono chiamate a non avere paura di andare avanti osando anche porre questioni come quella del diritto di voto» (gennaio 2020). Possiamo dire che ora il sinodo dei vescovi diventa “anche” uno spazio di ascolto, riconoscimento, reciprocità e leadership per le donne nella Chiesa. Questo impulso va riconosciuto a papa Francesco così come gli va riconosciuta una forte attenzione al tema.
Catina Balotta
sociologa e valutatrice indipendente
Si occupa di politiche di welfare con particolare attenzione al tema delle pari opportunità