Armido Rizzi, teologo alternativo

di Di Sante Carmine

Con la morte di Armido Rizzi (14 aprile 1933 – 17 agosto 2020) scompare un grande teologo, che ha lasciato tracce profonde nel campo della riflessione biblica, ermeneutica, teologica, cristologica, fenomenologica e nell’ambito degli studi relativi alle religioni e all’etica. Presentando all’Istituto di Studi Umanistici Leusso di Roma il libro nel quale ho ricostruito il percorso intellettuale rizziano 1 , Piero Coda (professore ordinario di teologia e ontologia trinitaria e coordinatore del dipartimento di teologia, filosofia e scienze umane presso l’Istituto universitario Sophia di Loppiano), ha affermato di non temere di collocare il pensiero rizziano alla stessa altezza di Lévinas e di Rosenzweig, pensatori ebrei ritenuti oggi unanimemente due dei massimi filosofi del Novecento, la cui caratteristica è di aver fatto risuonare nella Bibbia una musicalità – un senso o logos – inedita in occidente.
Ma più che per il suo pensiero teologico, Rizzi si è caratterizzato soprattutto per la sua esistenza teologica, intesa – come scrive in una sua pagina – come «l’identità tra teologia ed esistenza: sia nella direzione del servizio, di un’esistenza spesa per l’elaborazione e la diffusione della parola teologica, sia in quella anteriore complicità “a caro prezzo”, per cui la stessa esistenza del teologo si lascia plasmare dalla meditazione teologica a mano a mano che questa viene maturando e prendendo forma».
Espressione di questa straordinaria corrispondenza tra la sua teologia e la sua esistenza è stato il Centro culturale di S. Apollinare (Fiesole) da lui fondato nel 1980 e da lui animato fino al 2007, anno della chiusura per motivi da lui indipendenti e causa di molte sofferenze. Oltre alla promozione di incontri, conferenze, weekend e settimane estive di studio (con la pubblicazione, fra l’altro, di 67 Quaderni di S. Apollinare e 18 quaderni contenenti le relazioni della Scuola della pace) il Centro era anche soprattutto – con la collaborazione della moglie Alberta e della figlia Benedetta – un luogo ospitale dove stranieri, appartenenti ad altre religioni, credenti, atei ed emarginati erano accolti gratuitamente e fraternamente, ascoltandoli e lasciandosi da essi ammaestrare.
Tra le persone ospitate merita attenzione un giovane musulmano semi-analfabeta e ligio alle prescrizioni coraniche al quale, in prossimità della Pasqua cristiana, Rizzi chiese durante la cena: «Secondo te, chi sono le persone che vanno in paradiso?». Immediata la risposta: «In paradiso, Armido, ci vanno le persone giuste».
Riportando questo episodio in uno dei suoi scritti Rizzi commenta con ironia: «Il Concilio ecumenico Vaticano II ha impiegato anni di discussioni (1962-1965) per arrivare alla stessa conclusione.
Anch’io ho impiegato molti anni di studio per capire ciò che il mio ospite semi-analfabeta già da sempre sapeva. Ciò vuol dire allora che si accede al vero non attraverso la scienza (il sapere) ma la coscienza (il sapere morale)».
In questo aneddoto, al quale Rizzi faceva spesso riferimento nel suo magistero di instancabile conferenziere, si cela la profondità e originalità del suo percorso teologico e della sua attualità sorprendente. In un’epoca come l’attuale in cui il cristianesimo e le chiese sono in crisi, il relativismo si impone dominante, la logica del mercato e del denaroso domina sovrana e il pianeta è minacciato nella sua stessa sopravvivenza dalle ingiustizie, dalla violenza, dallo sfruttamento e dall’inquinamento: come sfuggire alla tentazione della sfiducia e dell’impotenza e dove trovare il coraggio per continuare a sognare e lottare per un futuro per tutti più giusto e felice? La risposta rizziana è disarmante e potente allo stesso tempo: nelle profondità di ogni essere umano – nel suo “cuore” secondo il linguaggio biblico – si cela l’appello insopprimibile al bene. Appello anteriore a ogni religione, filosofia, ideologia, estetica, egoismo e soggettivismo e che sollecita instancabilmente alla giustizia, alla responsabilità e all’amore per l’altro in quanto altro. Appello che può essere rimosso, occultato, negato ma non cancellato, appunto perché non proviene dall’uomo ma da un altrove rispetto all’uomo. Appello che risuona nelle profondità di ogni essere umano e che attende solo di essere riscoperto, dissotterrato e ascoltato. Appello che si iscrive nel volto di ogni uomo, soprattutto in quello degli indifesi, dei sofferenti, dei poveri, degli sfruttati e dei perseguitati. Appello che coincide con la stessa coscienza etica, intendendo per etica non l’insieme dei principi astratti che disciplinano i comportamenti umani e neppure le pratiche sociali elaborate e approvate socialmente bensì la voce meta-storica che, fuori dalla storia, inabita la storia rischiarandola e sollecitandola perché non precipiti nell’indifferenza e a trionfare sia il male.
Nelle migliaia di pagine degli scritti rizziani a risuonare è sempre la forza di questo appello dal quale emana quel fuoco incandescente, fonte ininterrotta di speranza e di coraggio per vivere, sognare e lottare.

Carmine Di Sante teologo e biblista

1 C. Di Sante, Dentro la Bibbia. La teologia alternativa di Armido Rizzi, Gabrielli Editori, San Pietro in Cariano VR 2018. Il libro si compone di 12 capitoli e ricostruisce le grandi coordinate della sua teologia da lui rivendicata con fermezza come alternativa: nel duplice senso che vuole essere una teologia altra e che soprattutto mette al centro l’altro dall’io: Dio, e i poveri nel cui volto – per ricorrere al linguaggio di Emmanuel Lévinas – Dio «si incarna», si rivela e parla.