Terra, acqua e foresta brasiliana
Tra natura e mercato
Gennaio, febbraio e marzo sono i principali mesi dell’anno in cui Madre Natura in Amazzonia promuove il festival dell’acqua per le piogge invernali. Questo festival si protrae fino a giugno e a luglio. Le piante diventano più verdi, i fiumi e i laghi straripano, i pesci sono felici di poter sfuggire dalle reti dei pescatori in questo ciclo della vita che si ripete ogni anno, o meglio, si ripeteva quando Madre Natura era rispettata.
Oggi non è più così, perché uno dei maggiori nemici dell’Amazzonia, il neoliberalismo, impone un nuovo ciclo della vita. La dittatura del capitale esige la sottomissione dell’Amazzonia alle leggi del mercato, al fine di sostenere i mercati dell’Europa, della Cina, dell’India e dell’America del Nord. La colonizzazione distruttrice viene imposta ai popoli e a Madre Natura in questo antico Paradiso verde. È necessario esportare le ricchezze abbondanti nella regione per sostenere il mercato in difficoltà dei Paesi ricchi con minerali, legno, soia, bestiame ed energia elettrica (alla fine, ogni lingotto di alluminio che esce dall’Amazzonia porta con sé migliaia di KW di energia generata dalle centrali idroelettriche).
Il Brasile, uno dei Paesi emergenti dei BRICS, ha bisogno di continuare a crescere e a crescere ancora. Oggi considerato la sesta economia più ricca del pianeta, sogna già di diventarne la quinta e poi la quarta, soppiantando l’Italia e la Gran Bretagna. Per questo il Governo Federale garantisce un finanziamento generoso ai proprietari terrieri e ai coltivatori di soia nel mercato agricolo, vìola leggi costituzionali per costruire più di cinquanta centrali idroelettriche lungo i fiumi amazzonici e usa squadroni militari per zittire le voci di quelli che resistono alle distruzioni del loro «habitat».
L’apparato del Governo Federale è accecato dalla megalomania della crescita a qualsiasi costo, foss’anche mediante la distruzione di Madre Natura. Per fare ciò riceve un appoggio incondizionato di deputati e di senatori opportunisti, anche con la sottomissione del potere giudiziario.
Un caso clamoroso
Madre Natura però reagisce, lancia messaggi. In questi primi mesi dell’anno essa ha dato un segnale di resistenza. Il Governo Federale ha imposto ai popoli degli Stati di Rondìōnia e di Acre, comeàanche ai popoli del Paese fratello della Bolivia, due grandi centrali idroelettriche lungo il Rio Madeira. Una di esse, quella di Santo Antìōnio si trova a cinque chilometri del capoluogo Porto Velho e l’altra, quella di Jirau, sta a centodieci chilometri più a monte e più vicina alla Bolivia.
La dittatura del mercato esige queste opere disastrose per le popolazioni amazzoniche per garantire energia abbondante ai fini della crescita economica del Paese. Il Governo Federale chiama tutto ciò «energia pulita» per illudere le popolazioni del Sud del Paese e dei Paesi europei, convinti che l’Amazzonia sia ancora il polmone del mondo.
Nel frattempo è arrivato l’inverno amazzonico, allorquando le due centrali idroelettriche del Rio Madeira erano già quasi completamente costruite con uno sbarramento alto 54 metri. Le acque hanno cominciato a salire al punto che la centrale di Santo Antìōnio ha minacciato di straripare e di riversarsi sul capoluogo Porto Velho. Gli ingegneri, per evitare la tragedia, hanno aggiunto un altro metro ai 54 dello sbarramento. Di conseguenza, le acque del lago sono risalite, inondando l’idroelettrica di Jirau, centodieci chilometri a monte. Le piogge ora continuano a cadere e il Rio Madeira è già arrivato a diciannove metri oltre il livello di guardia.
Questo volume d’acqua ha rialzato il fiume e ha provocato un disastro immenso in Bolivia: centomila capi di bestiame sono morti affogati e sessanta persone del vicino Paese sono già morte annegate. Per i campi e per le foreste inondati i danni possono arrivare a più di cento milioni di dollari, oltre alle malattie che ne verranno con l’abbassamento delle acque e con la putrefazione di molti animali. In Brasile lo Stato dell’Acre è restato isolato perché l’unica via che lo lega al resto del Paese è stata invasa dalle acque della diga di Jirau. Cinquemila famiglie di Porto Velho hanno perso le loro case e i loro beni e sono ricoverate in chiese e in scuole della città.
La Presidente della Repubblica brasiliana ha sorvolato la regione allagata in Rondìōnia e in Acre, è tornata a Brasìlia e in televisione ha tenuto un discorso in difesa delle due idroelettriche.
Madre Natura in Amazzonia è insanguinata e dilapidata per garantire la vita buona al mercato del Primo Mondo. Il Governo brasiliano si presta a questo rituale macabro, per il quale la sacerdotessa Dilma Rousseff svolge il suo compito con fedeltà di serva. Così è ora l’Amazzonia.
Purtroppo sono ancora pochi i brasiliani che sentono i dolori di Madre Natura e che tentano una resistenza. Le briciole del Progetto Bolsa famìlia e altre operette assistenzialiste addormentano le coscienze di gran parte della popolazione.
Edilberto Sena, sacerdote diocesano,
diocesi di Santarém, Pará, Brasile
già direttore di Radio Rural,
impegnato per la difesa dell’Amazzonia