L’accoglienza al Baobab di Roma
Roma è la prima capitale europea incontrata da chi fugge da luoghi di fame e di guerra. È la prima grande metropoli con cui il migrante entra in contatto durante il suo viaggio. Roma dovrebbe essere città multietnica, crocevia di storie e culture; ma questa città è da tempo simbolo di esclusione ed emarginazione. Migliaia sono i migranti abbandonati a loro stessi sui cigli delle strade romane.
Sgomberi quotidiani a Baobab
Tra questi, anche quelli che Baobab Experience, un gruppo di cittadini volontari, accoglie ogni giorno cercando di garantire loro dignità in condizioni che dignitose non sono: all’addiaccio con soli sacchi a pelo come giaciglio. Nove è il numero degli sgomberi che Baobab Experience ha subito dal 30 settembre, nove le volte in cui i volontari hanno provato ad allestire dei campi informali, in luoghi sempre diversi intorno alla Stazione Tiburtina, da quando la tendopoli di Via Cupa è stata definitivamente sgomberata. Nove le volte in cui si è dovuti ripartire da zero, con vestiti e tende donati dalla cittadinanza e distrutti nei furgoni dell’AMA, l’azienda municipalizzata per la raccolta dei rifiuti; nove le volte in cui si è andati alla ricerca dei migranti terrorizzati, sparsi in giro per la città e in cui si è atteso il ritorno dalla questura di chi è stato identificato innumerevoli volte dal giorno del proprio arrivo in Italia, venendo poi di nuovo gettato in strada.
Ma a fronte di nove sgomberi, sono più di 60.000 i migranti, richiedenti asilo o relocation e transitanti, passati per l’accoglienza informale di Baobab Experience da giugno 2015. Sessantamila, tra uomini, donne e bambini, a cui sono stati garantiti, con le sole donazioni della cittadinanza solidale, non solo tre pasti al giorno e un luogo dove dormire che fosse, per quanto precario, meno pericoloso della solitudine dell’abbandono, ma anche assistenza legale e medica, visite culturali, attività sportive e, soprattutto, «umanità», attraverso un’accoglienza basata sulla conoscenza reciproca, sul mutuo riconoscimento tra volontario e migrante. Baobab Experience ha garantito e garantisce ogni giorno informazioni dei propri diritti, sulle malattie e infortuni non curati, che affollano le storie dell’accoglienza nella nostra città. E lo fa in strada, subendo un accanimento istituzionale fatto di sgomberi quotidiani, senza che alcuna soluzione alternativa sia mai stata avanzata dall’amministrazione romana, nonostante le molte proposte, tavoli, sit-in, appelli. È così che la giustizia rende illegale ciò che sarebbe giusto e giusto ciò che è illegale.
Un sistema di accoglienza inefficiente e ingiusto
La mancata accoglienza nella capitale è una storia che parte da lontano, si muove attraverso la colpevole connivenza e indifferenza delle istituzioni locali nella mala-gestione del fenomeno migratorio e approda nella miriade di strutture di un sistema di accoglienza frammentato e disomogeneo, con problematiche legate tanto a un’assistenza inefficiente per i migranti quanto a condizioni lavorative non ottimali per gli operatori professionali.
Il Comune di Roma ha sempre trattato la questione sociale dei migranti come un problema di ordine pubblico: sgomberando gli accampamenti informali e criminalizzando chi tentava di fornire solidarietà e accoglienza, favorendo la creazione di «invisibili», persone tagliate fuori dalla società e private dei diritti umani fondamentali.
Violazioni sistematiche e abusi in deroga alle norme nazionali e internazionali, costringendo centinaia di migranti alla strada. Nel contempo, a causa dei criteri restrittivi e discriminatori, lo strumento della relocation stenta a decollare e centinaia sono i richiedenti asilo che si trovano a subire le conseguenze di un sistema inefficiente e ingiusto. A subire le conseguenze di tutto questo tanti bambini non accompagnati, che, nonostante abbiano il diritto a ottenere un permesso di soggiorno per minore età, molto spesso si trovano abbandonati a loro stessi e privi di ogni tipo di assistenza. Ciò che si vive a Roma è in realtà solo lo specchio delle scelte e delle politiche nazionali ed europee sull’immigrazione. Nel frattempo, oltre 16.000 sono i migranti morti dal 2010 nel tentativo di raggiungere le nostre coste, 5.000 solamente dall’inizio del 2016. Numeri che palesano le colpe di un’Europa incapace di garantire i diritti umani fondamentali ma che, al tempo stesso, spende milioni di euro per tentare di spostare il problema delle migrazioni lontano dai propri occhi, bloccando i migranti – come in Turchia – in lager appositamente creati o addestrando la marina libica per evitare le partenze.
Europa, cittadella impaurita
È evidente la necessità di porre fine a queste politiche europee, contrapponendo alla violenza delle frontiere e dei muri una nuova idea di Europa, fondata sulla libertà di movimento e l’assistenza e la protezione alle persone e alle comunità in fuga da territori devastati dal colonialismo della stessa Europa. Le migrazioni sono un fenomeno strutturale che necessita di soluzioni sistematiche. Noi singoli cittadini e persone privilegiate non possiamo però aspettareàla fine delle interminabili controversie europee in tema di migranti, non possiamo esimerci dal pretendere ora e subito un cambiamento nelle nostre città e nelle nostre piccole comunità. Migliaia di migranti, dopo aver affrontato un viaggio della speranza, trovano ad attenderli solo la strada con l’ulteriore violazione dei propri diritti. Non possiamo più tollerare che uomini, donne e bambini siano costretti a dormire in strada e che i cittadini disponibili ad accoglierli siano addirittura perseguiti perché cercano di fornire loro una minima assistenza umana.
I bambini sono le vittime più ingiuste, più indifese, più vulnerabili. Chi sanerà le loro ferite da grandi? Rifiutati in un’età che conosce solo il gioco, le carezze, la dolcezza degli abbracci, una volta rifiutati andranno da adolescenti a ingrossare le file dei terroristi? Vivranno per sempre nel rancore e nel desiderio di vendetta contro coloro che non hanno avuto nessuna pietà di loro? La grande Europa appare una cittadella assediata, impaurita dall’arrivo dei miserabili. Sarebbe questa la grande occasione per dimostrare al mondo di quale civiltà essa sia fatta aprendo le porte e abbattendo la muraglia dell’indifferenza e dell’odio.
Elena Spinelli
studiosa del fenomeno migratorio,
docente di «Metodi e tecniche del servizio sociale»,
Università di Roma La Sapienza, ha lavorato per anni come assistente sociale in un servizio per immigrati.