La crisi e la dimensione etica del mercato
Capitalismo ed economia di mercato
È ormai ben evidente che la crisi che stiamo vivendo è ben più profonda di una pur grave crisi economica o finanziaria. Ci stiamo accorgendo che c’è bisogno di una nuova riflessione sul capitalismo e sul modello di sviluppo che abbiamo costruito negli ultimi due secoli. Marx, come è noto, aveva teorizzato una natura transitoria del capitalismo, poiché la legge endogena di movimento della storia avrebbe portato al suo superamento. L’idea di un superamento del capitalismo ha dominato il dibattito teorico fino alla seconda guerra mondiale.
L’economista liberale austriaco J.A. Schumpeter, ad esempio, uno dei maggiori scienziati sociali del XX secolo, nell’introduzione a uno dei suoi libri più importanti (Capitalismo socialismo democrazia, del 1942) scriveva: «Può il capitalismo sopravvivere? No, non credo che lo possa». La spiegazione di questa sua profezia consisteva nel deterioramento della funzione innovatrice dell’imprenditore che Schumpeter intravvedeva nella nascita del capitalismo finanziario dominato da poche grandi imprese. Di fine o di superamento del capitalismo non si è più parlato tra gli economisti teorici e liberali fino a questa crisi.
Una delle ragioni di questa eclisse è la confusione, molto comune, tra capitalismo ed economia di mercato: non potendo oggi mettere più in discussione l’economia di mercato, non si mette più in discussione neanche il capitalismo. In realtà, l’economia di mercato non coincide con il capitalismo: quella nasce ben prima del capitalismo, ha conosciuto varie forme non-capitalistiche che hanno convissuto con il capitalismo (si pensi al movimento cooperativo o recentemente all’economia di comunione), e certamente gli sopravviverà.
Occorre rilanciare una nuova stagione di critica del capitalismo, una critica non ideologica che da una parte riconosca i valori del mercato, ma che, dall’altra, riconosca che le società e le civiltà si sviluppano e creano «felicità pubblica» quando il principio di mercato non è l’unico che domina nella sfera pubblica. Il mercato è fattore di civilizzazione, di libertà e di democrazia quando non prende il sopravvento su principi come la reciprocità e la gratuità, ma ne diventa sussidio e pre-condizione.
Investimenti etici
C’è, poi, un aspetto importante di questa crisi che non viene sottolineato sufficientemente dai dibattiti. Chi in questi anni ha fatto investimenti etici (in Banca Etica, ad esempio, ma anche in tante banche cooperative) oggi si ritrova con un risultato al tempo stesso etico, economicamente vantaggioso e molto sicuro. Chi ha dato vita ad aziende di economia di comunione, a una gestione aziendale prudente e sana senza credere alle sirene del lusso facile, o dei grandi guadagni finanziari, oggi ha aziende più robuste e sane. Questa crisi sta infatti mettendo in discussione il sistema degli incentivi e sta cambiando i valori in gioco, anche quelli puramente economici.
Come è avvenuto tante volte nella storia, uno shock (climatico, ad esempio) può determinare l’estinzione di una specie (i grossi mammiferi) e favorire lo sviluppo di organismi più piccoli e agili, che nel precedente clima apparivano svantaggiati. Questa crisi, nonostante la sua gravità e il grande dolore che sta procurando in tanti, può allora essere un’opportunità purché si apra davvero un dibattito sulla sostenibilità del capitalismo a cui abbiamo dato vita, e può creare le condizioni culturali perché altre economie e altre finanze, che fino a pochi anni fa erano viste e considerate come proposte di nicchia e un po’ ingenue, possano svilupparsi e cambiare la natura dell’economia di mercato.
La cultura e i valori possono cambiare l’economia
L’umanità ha conosciuto l’economia (oikos nomos) con la comparsa dell’homo sapiens (e forse anche prima) e i sistemi economici che nella storia della civiltà umana si sono avvicendati sono stati molteplici: dalla caccia all’agricoltura, dall’economia curtense all’economia di mercato. Sono stati gli uomini e le donne con la loro cultura e con le loro scelte e i loro valori a orientare i sistemi economici, che sono durati finché la cultura che evolve sempre non entrava in conflitto con quel dato sistema economico. Si pensi all’ultimo grande passaggio dal feudalesimo all’economia di mercato, un cambiamento epocale che è avvenuto non appena i nuovi valori di libertà ed eguaglianza hanno fatto implodere un mondo fondato su altri valori (gerarchia, disuguaglianza) che l’uomo moderno ha voluto superare.
I sistemi economici cambiano quando la cultura degli uomini e delle donne diventa più complessa dell’economia, quando l’umano sopravanza l’economico. È mia forte impressione che oggi stiamo assistendo a qualcosa di simile: l’individuo che è uscito dalla rivoluzione economica, industriale e culturale della modernità si sta accorgendo che un’economia e un mercato fondati sugli interessi individuali e sulla ricerca dei profitti, che «consuma» comunità, beni relazionali e beni ambientali, sta dando vita ad habitat tristi, nei quali l’animale sociale uomo vive male. Sarà allora, ancora una volta, la sete di vita e il desiderio di felicità delle persone a trovare soluzioni a questa crisi, a questo capitalismo. Ma il risultato «umano» che uscirà da questa crisi dipenderà da tutti e da ciascuno, dal civile, dal politico e dall’economico.
Oggi l’esito è radicalmente incerto, potrà essere progressivo e regressivo: ogni crisi – personale e collettiva – è per sua natura ambivalente. Se ne può uscire rafforzati, magari scoprendo la propria vocazione profonda, oppure peggiorati, incattiviti dalle prove e dalle difficoltà. Sta a noi, tutti insieme, dare il giusto senso a quanto stiamo vivendo. La crisi nell’Abruzzo terremotato di questi giorni ci dice che una crisi può anche rilanciare un grande senso di fraternità nazionale: impariamo da questa crisi per affrontare, tutti assieme, anche la crisi finanziaria che stiamo vivendo, dove però non basta la comunità nazionale, essendo questa la prima grande crisi del mondo globalizzato.
Luigino Bruni
professore associato di economia
Università Bicocca, Milano,
membro del comitato etico di Banca Etica