Impigliati nella ragnatela
Parto per il Belgio, destinazione Maastricht. Lo so, non è in Belgio. Giordano verrà a prenderci per portarci nelle Fiandre, a parlare agli italiani che hanno lavorato nelle miniere di carbone. In aereo Giuseppe Stoppiglia scrive il controcorrente: Se vuoi che il mondo si apra a te, apri prima la tua mano, mentre l’operatrice di volo tiene tra le mani il salvagente.
Adesso che l’aereo decolla, apro il monografico, dedicato a Internet, alla Rete, che avevo ricevuto alla partenza. Nel guscio Giovanni Realdi si chiede se questo continente (la rete) stia cambiando il nostro modo di conoscere il mondo; se stia mutando la modalità con la quale diamo senso alle cose. Risponde Marco Opipari in Pensare il cyberspazio e scrive del rischio reale che i media (i mezzi di comunicazione) monopolizzino l’immaginario collettivo. Alessandro Bruni ne Il senso dei sensi si chiede se la facilità (di accedere al computer) sia per l’individuo un segno di libertà nel sistema o se invece lo renda dipendente. Chiude Guido Turus con La conoscenza senza direzione, ma non senza senso e afferma che la realtà varia a seconda del mezzo comunicativo che usiamo.
Adesso sono a quota ottomila (e chi mi prende quassù?), butto l’occhio sulla vignetta elettorale e mi sovviene Augusto Cavadi che su Opinione pubblica e consenso sociale scrive che i sondaggi che verificano il programma di governo diventano stravolgimento della verità.
L’angolo dei libri è uno spazio di pace, difeso, come in aereo la toilette dai rilevatori di fumo, qui in terra dai rilevatori di fanfaluche.
Flavio Zilio, Tempi moderni Stiamo attraversando una piccola perturbazione e sto ascoltando la rubrica primavere arabe: la Syria; la voce è di Nico Veladiano: chiede a padre Paolo Dall’Oglio cosa succede nella Syria di Bashar al Asad, trascinata in una guerra civile.
Passa il carrello delle bevande mentre leggo Diritti e libertà nell’età della rete di Fulvio Cortese: oggi il web (la rete) mette in crisi tutta la saggezza del diritto costituzionale.
E adesso mano all’atlante. Per carte d’Africa scrive Karim Metref sull’Algeria che ha da sempre un ruolo strategico nel continente e nella regione.
Per economia|politica il dottor Fabrizio Panebianco scrive: «È tempo di ricominciare a riflettere sulle relazioni, sugli scontri tra economia e politica».
Ogni tot anni, nel cielo di Macondo, a madrugada, all’alba, compare come la cometa di Halley il diario minimo del nostro direttore Francesco Monini. Non sappiamo se provenga dalla Fascia di Kuiper ma è sempre un pezzo stellare. Peccato che brilli così saltuariamente, ma forse è proprio per questo che è atteso come la notte aspetta l’aurora.
Atterraggio, zum, rock, zum… atterraggio. Sciogliere le cinture di sicurezza, mettere al riparo la cronaca di Macondo e dintorni dalle manomissioni del cronista incompetente. E passare in agenzia a prendere le foto del servizio di questo numero, curato dagli Amici della fotografia di Pove del Grappa.
Buona lettura!