Economia contro politica

di Panebianco Fabrizio

È tempo di ricominciare a riflettere su queste relazioni, su questi scontri tra economia e politica. Stiamo vivendo tempi in cui rischiamo di essere sopraffatti dagli eventi, dalla crisi economica e dalla crisi della politica di fronte agli eventi economici. L’equilibrio tra i ruoli della politica e dell’economia, i loro limiti e le loro reciproche influenze devono essere quantomeno ripensati e guardati con uno sguardo complessivo. Diversamente, il rischio è quello di lasciarsi convincere, di volta in volta, del primato dell’economia sulla politica o viceversa, senza capirne le implicazioni sulla nostra democrazia, sul nostro benessere, sulla nostra libertà. Il rischio è quello di trovarci con un assetto istituzionale ed economico che è fortemente cambiato, senza che noi comprendessimo o capissimo la posta in gioco. Abbiamo vissuto, come necessità, l’esistenza di governi tecnici e il probabile ritorno della politica, seppure i ruoli di ciascuna delle due parti siano ormai cambiati senza che una riflessione seria sia stata compiuta, almeno nel nostro Paese.

Questi sono i motivi di un cambio di direzione che, da questo numero in poi, osserverete in questa rubrica. L’economia e la politica, spesso terminologicamente associate in discipline come l’economia politica o la politica economica, rivelano contrasti profondi quando si tratta di pensare e intendere alcuni concetti fondamentali per il nostro vivere. Come politica ed economia infatti definiscono, e come intendono coniugare, i concettiàdi democrazia, libertà, uguaglianza, lavoro, capitale, altruismo, sviluppo?

Credo che una riflessione di questo tipo sia doverosa per tre motivi principali. Innanzitutto, l’equilibrio tra economia e politica, sul quale si è fondata la storia del dopoguerra in Italia e si è costruita l’idea di Europa, è andato sgretolandosi negli ultimi anni. Occorre perciò avere idee nuove per costruirne uno nuovo, modellato sulle esigenze attuali. In secondo luogo chi fa politica sembra faticare in questa comprensione, riproponendo schemi di interpretazione elaborati per affrontare situazioni precedenti, con il rischio fortissimo di essere inadatti e favorire conseguentemente forme di disaffezione alla costruzione della polis. Infine chi fa economia è quasi sicuro del fatto che la politica sia solamente uno strumento per condurre buone politiche economiche, faticando a trovare obiettivi ideali più alti che possano motivare le scelte nazionali, e quindi non considerando fini non materiali per l’agire politico.

Rompere questi muri di incomprensione e creare ponti solidi è quindi un obiettivo primario, oggi sempre più urgente, per ricominciare a costruire una alleanza tra economia e politica, oggi purtroppo rivali.