Democrazia cristiana e cittadinanza sociale
Figura complessa
Toniolo è una figura molto complessa, come complesso è il tempo che rappresenta. Non può sfuggirci il fatto che Toniolo viene dopo Rosmini. C’è uno spirito del tempo che sicuramente sta sollevando pensatori, filosofi e tematiche nuove, lo Zeitgeist che soffia per tutti, naturalmente anche per la Chiesa, anche se essa di fatto contribuisce a determinarlo. In questo contesto, la figura di Toniolo, come quella di Rosmini, ci appare come una figura eminentemente contraddittoria. Perché contraddittoria è anche la storia di quel decennio del primo Novecento. Se non ci soffermiamo e non riflettiamo, non comprendiamo, a mio parere anche come cattolici, la grande importanza della beatificazione di Toniolo.
In un tempo contradditorio: Leone XIII e Pio X
Toniolo, personaggio complesso, dunque. Non dimentichiamoci che nel 1891 Leone XIII emana la Rerum Novarum, che nel 1904 Pio X scioglie le Opere dei Congressi, che c’era Murri che voleva fare la Democrazia Cristiana, e che, contemporaneamente, c’era la battaglia anti-modernista. Di questo periodo esiste una lunga corrispondenza epistolare tra Toniolo e un pensatore cattolico lasciato un po’ in ombra, Caissotti di Chiusano. In essa Caissotti elenca a Toniolo i pericoli di passare per modernista, perché questo era l’elemento di fondo. La questione non riguardava tanto l’emergere della questione sociale, perché essa, come sanno tutti coloro che conoscono un po’ di storia dei movimenti sociali, nasce, dal punto di vista cattolico, non in Italia, ma in Belgio. È la scuola belga che fonda il pensiero sociale. Alla fine dell’800 ci sono pellegrinaggi operai in Vaticano di straordinaria ampiezza. Leone XIII imposta una politica che non è solo di riflessione, ma anche di carattere pastorale nei confronti del mondo operaio. È un’assoluta novità su cui oggi forse si riflette poco. Essa è contrassegnata poi da una svolta con l’arrivo di Pio X, che non la pensa assolutamente come Leone XIII e che scioglie l’Opera dei Congressi. Il Non expedit impediva che si realizzasse una cittadinanza politica dei cattolici, ma, al di là degli insegnamenti papali, la cittadinanza socialeàdei cattolici si era già inverata. Quello che non si poteva raggiungere con la cittadinanza politica si raggiungeva con la cittadinanza sociale. Nascono in quel periodo migliaia di casse rurali, di organizzazioni professionali, le leghe bianche nelle campagne, i sindacati… Nel 1919, per vie separate da quelle di Sturzo, viene fondata la C.I.L. (Confederazione Italiana del Lavoro), che già durante la I Guerra Mondiale dà vita a potenti leghe di mestiere. Nasce già allora la differenza tra sindacato di classe e sindacato di mestiere. Troviamo qui le radici della differenza tra la C.G.I.L. e la C.I.S.L.
Toniolo, persona molto controversa, va vista dentro questo grande movimento di riflessione e di rinnovamento sociale e politico. E la sua esperienza può offrire anche in questo momento un «eccesso di superamento del Non expedit», con una sovraesposizione politica dei cattolici, la cui presenza politica deve forse essere alimentata da un profondo studio teorico. È questa un’indicazione di straordinaria attualità e ne abbiamo continue prove che vengono da ogni parte, come dal recente libro di Stefano Fassina Il lavoro prima di tutto. L’economia, la sinistra, i diritti, a cui aggiungerei «i doveri», secondo un’indicazione alla Toniolo, perché senza rapporto fra diritti e doveri non c’è un rapporto tra economia e morale. Non è straordinario che il libro inizi e finisca con riferimenti alla Caritas in Veritate di Benedetto XVI? Qualcosa vorrà pur dire tutto questo. È tornata l’ora dell’economia morale, in cui i cattolici devono tornare a far valere il loro peso, anche se la loro presenza politica ci appare debole e frastagliata. Bisogna tuttavia tenere presente che l’influenza del cattolicesimo sulla politica non va misurato dal numero dei seggi in parlamento.
I confini della scienza economica
A proposito di economia morale, i fisiocratici separano l’economia dalla morale e l’economia dalla filosofia perché devono «matematizzare» tutto e tracciare dei princìpi su tutto, come, per esempio, sull’incontro della domanda e dell’offerta, che sono poi delle semplici banalità. Gli economisti e l’economia neoclassica hanno messo in moto un atteggiamento imperialistico dell’economia nei confronti delle altre discipline. Il fatto che si voglia spiegare l’altruismo secondo dei teoremi economici, il fatto che escano continuamente libri che parlano di una teoria economica della corruzione, non è accettabile perché la corruzione è un fenomeno eminentemente sociologico e antropologico. Il processo di reificazione non è consistito tanto nella separazione, quanto nel fatto che si pretende di spiegare «economicamente» fenomeni che economicamente spiegabili non sono. Ne è derivata la riduzione dell’uomo a massimizzatore e a ente sempre razionale e sempre calcolante il rapporto costi/benefici… Se la persona non esiste più, è perché a essa si è sostituito l’individuo, che è per sua natura massimizzante e condizionante, come ci spiega l’ultima teoria che vuole ridurre le asimmetrie tra azionisti e manager, facendo diventare i managers azionisti. Questa sorta di «total owner capitalism» (capitalismo dei proprietari, n.d.r.), in cui tutti sono proprietari, in cui perciò il conflitto di interessi si è fatto intrinseco, è stata la grande questione che i pensatori cattolici dell’economia si sono trovati davanti.
Come superare il conflitto di interesse del capitale
Toniolo cerca di comporre queste tensioni in una sintesi. Ma non ce la fa, perché ciò richiederebbe un lavoro enorme e le forze non gli reggono; saranno poi i suoi allievi ad arrivare. Però la via è giusta perché lui pone al centro il fatto che l’economia è una scienza nella sua implementazione tecnica, ma questa sua implementazione tecnica deve avere dei confini molto precisi, cioè non può diventare una scienza sociale. Ci devono essere spazi per la filosofia, per la sociologia e per l’antropologia. Quando essa però è chiamata a costruire dei mondi vitali, devono essere rispettate le dipendenze da quello che abbiamo chiamato l’ordine costitutivo, dal quale debbono dipendere tutte le interpenetrazioni tra l’economia e la società. Fa molto bene il prof. Amoroso a ricordare che il centro del pensiero di Toniolo è la «legge di cooperazione».
A Toniolo sfugge quello che Caissotti di Chiusano temeva, e cioè che scoprisse anche il principio di sfruttamento capitalistico. In questo caso, la questione si sarebbe fatta complicata nei rapporti con la Chiesa. Infatti, se Toniolo avesse condiviso il principio del pluslavoro e del plusvalore, avrebbe dovuto ammettere come intrinseci a qualsiasi forma di economia lo sfruttamento e l’alienazione. Come noto, tutti quelli che nella Chiesa hanno fatto proprio questo principio hanno avuto vita difficile: teologia della liberazione, De Lubac, Mounier e il personalismo comunitario, ecc. Quindi Toniolo cammina su questa «cengia di ghiacciaio» proprio perché è uomo di fede e sa che la Chiesa ha sempre ragione.
Democrazia cristiana oltre le procedure
Una parte importantissima e, secondo me, di una grande attualità, è il suo concetto di democrazia cristiana, che ricava dagli scritti del belga De Mun e dal dibattito che si era svolto in Belgio. Le pagine che Toniolo scrive sulla democrazia sono di un interesse e di un fascino straordinario, perché, se prima doveva combattere il socialismo classista e stare attento a non fare la fine di Murri, il quale sarà addirittura eletto nelle file del partito socialista e sarà, quindi, sospeso a divinis, ora invece dice delle cose straordinarie e se la prende coi liberali. Toniolo ha un concetto di democrazia cristiana che è super-procedurale. Un conto è la democrazia, e un conto è la procedura. Bobbio, che è l’idolo della sinistra e che non dovrebbe esserlo vista la sua matrice kelseniana, è un positivista giuridico,àper il quale ciò che conta è la legge. Si è sviluppata una grande polemica tra lui e i giusnaturalisti, che collocano l’ordinamento prima della legge. Per il kelseniano non c’è nulla prima della legge. E naturalmente in democrazia conta la procedura: è il principio di Ruffini, il principio maggioritario. Siamo stati tutti vittime di queste cose. Per carità, servono le procedure, la governance serve, ma a che fini? Buoni o cattivi? In Toniolo c’è un concetto di democrazia sostanziale, e si badi bene che parlare anche semplicemente di democrazia nella Chiesa di quel tempo era davvero pericoloso.
Democrazia cristiana e cittadinanza sociale
La democrazia cristiana è quella forma di democrazia che si fonda sulla cittadinanza sociale e crea gli ordini sociali intermedi (le leghe per i lavoratori, le casse rurali, le cooperative…), cioè crea tutto quel mondo che è la cittadinanza sociale. Quindi la democrazia non tanto e solo come procedura, ma come implementazione di quella società cristiana di cui Eliot scriverà poi in Inghilterra un libro straordinario che poi, non a caso, sarà pubblicato nelle Edizioni di Comunità di Adriano Olivetti. Democrazia cristiana perché realizza il principio di comunità e, come dice sempre, secondo quel principio teleologico di fine che deve esserci nell’economia e nella pratica politica, che deve far scaturire un ordinamento sociale in favore delle classi più umili. È un’affermazione enorme per l’epoca, un’affermazione di un coraggio straordinario. Invece è sempre stato lasciato con la facile etichetta di «colui che pensa per fare la polemica contro i socialisti e contro i liberali». Ma questa è una diminutio fondamentale. Toniolo è un pensatore straordinariamente originale e attuale. Oggi, quando pensiamo alla democrazia, tutti noi lo facciamo in quel modo: democrazia non è solo andare a votare, è soprattutto realizzare. Secondo questa concezione, la democrazia deve intervenire per far sì che si raggiunga un principio di giustizia commutativa e distributiva. Toniolo è, quindi, un pensatore su cui bisogna tornare a meditare e a noi che sosteniamo il principio cooperativo è molto cara l’idea che l’economia non è una tecnica, ma è un insieme di atti personali. È questo il legame tra la morale e l’economia. L’economia è l’insieme di atti personali.
Il controllo democratico può essere solo l’autocontrollo di carattere morale. Nell’industria questo risulta più facile perché manipola, non simboli, ma realtà. Se sposti una fabbrica, togli il lavoro agli operai e lo vedi immediatamente. Nella finanza questo non si vede. Heidegger aveva posto il problema che quando la tecnica diventa così rarefatta, diventa facilissimo cadere nel nichilismo tecnocratico perché non ti preoccupi di dare a essa dei valori morali. In Toniolo c’è una risposta a molti di questi interrogativi, e soprattutto c’è la dimostrazione di come le classi subalterne avevano in sé un’idea di economia giusta che spesso trovava realizzazione solo nelle parole della Bibbia. Egli si ispirava ai dettati della Chiesa e non certo agli economisti. Oggi c’è tutta una fioritura di studi e di interessi attorno al tema dell’economia morale, certamente stimolato dal fatto che ci troviamo in una profonda crisi economica.
Che la beatificazione di Giuseppe Toniolo sia uno dei primi passi, forse il passo per noi più ricco di valori spirituali, perché si ritorni ad affermare l’attualità del rapporto tra etica ed economia, tra morale ed economia.
Giulio Sapelli
economista, presidente della
Fondazione Eni-Enrico Mattei