Dal Brasile. Radiografia della crisi
Situazione politica
Il Brasile oggi attraversa una notte buia, non c’è nemmeno il chiarore lunare a dare speranza. La luce di un nuovo sole non segue il ritmo del Sole del pianeta Terra. Il giorno 5 ottobre prossimo venturo, circa 130 milioni di brasiliani si presenteranno alle urne, per deporre cinque voti: per eleggere il Presidente della Repubblica, i deputati federali, i governatori e i deputati e i senatori di tutti i 26 Stati (ognuno dei 26 Stati eleggerà due senatori). La previsione di non partecipazione alle urne, sommando i voti nulli, quelli in bianco e gli assenti, è stimata al 45% del totale dei votanti.
La cosa grave, che provocherà una grande astensione, deriva dal fatto che la quasi totalità degli elettori ed elettrici non sa a chi dare il voto. Non tanto per ignoranza, ma per il degrado in cui sono caduti i politici. Mai prima, in questo Paese, il politico era diventato simbolo di uomo corrotto e opportunista. A cominciare dall’attuale, illegittimo, presidente Michel Temer che ha usurpato la carica della presidente Dilma Roussef, legittimamente eletta e che non ha commesso alcun reato. Il parlamento nazionale, che ha più di duecento deputati e senatori accusati di corruzione, i quali poi in forma fraudolenta in qualità di deputati hanno votato la destituzione di Dilma Rousseff, tutto questo ha contribuito alla perdita di credibilità dei politici brasiliani.
Lula in carcere
Il caso della condanna senza prove dell’ex presidente Luiz Inácio da Silva (Lula), in carcere dal 27 aprile 2018, ha aumentato il discredito del potere giudiziario, che si è rivelato più politicizzato che fedele esecutore della Costituzione nazionale che dovrebbe tutelare. Pur essendo ministri del Supremo Tribunale federale, cercano e trovano una qualsiasi interpretazione personale pur di mantenere l’ex presidente in carcere. In una recente lettera inviata al popolo brasiliano, Lula denuncia le ingiustizie del suo caso, esprime la sua delusione nei confronti dell’onestà di giudici e ministri del Supremo Tribunale Federale. Scrive Lula: «Giuristi, ex-capi di Stato di vari paesi del mondo e persino avversari politici riconoscono l’assurdità del processo che mi ha condannato. Io posso stare fisicamente in una cella, ma sono quelli che mi hanno condannato che sono prigionieri della falsità che hanno montato contro di me. Gli interessi dei potenti vogliono trasformare questa situazione assurda in un fatto politico messo a punto per impedirmi di partecipare alle elezioni, contro il parere del Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite».
Elezioni in Brasile
La ragione principale di tutta questa persecuzione contro Lula è che egli oggi è l’unico brasiliano che sarebbe eletto presidente al primo turno delle elezioni, dato che la sua popolarità, pur stando in carcere, continua a raccogliere il 45% dei consensi nei sondaggi di opinione sulle preferenze di voto alle prossime elezioni. Ma l’oligarchia degli imprenditori e la Rete Globo della televisione rifiutano Lula come presidente, timorosi che lui, una volta eletto, cancelli tutti quei cambiamenti che essi hanno imposto al presidente illegittimo Michel Temer, fin dalla destituzione di Dilma Rousseff. Lula stesso ha già promesso che, se sarà eletto, convocherà un referendum popolare per rivedere tutte le modifiche legislative promosse da Michel Temer, incluse le privatizzazioni delle imprese statali.
Situazione economica
La causa di questa notte tempestosa piombata sul popolo brasiliano è la gravità della crisi economica. Un paese che durante i due mandati del presidente Lula era diventato la settima economia del pianeta, oggi destina il 49% della raccolta erariale per pagare i creditori del Paese. Per questo motivo, la presidenza di Temer taglia i costi dell’educazione scolastica, della sanità e degli investimenti pubblici. Nello stesso tempo il governo privatizza le imprese di Stato come la Petrobras, Eletrobras, Embraer (Empresa Brasileira de Aeronáutica, costruttrice di aerei) e le banche di Stato.
La congiuntura sociale del Brasile
L’economia è in recessione e coloro che soffrono maggiormente sono i poveri e la classe media. Per adempiere ai suoi impegni di pagamento degli interessi del debito pubblico, il Brasile ha fondato per molto tempo la sua economia sulle esportazioni di bestiame e di materie prime (minerali e soia). Per questo motivo l’industria è andata regredendo e sono aumentate le importazioni di prodotti industriali. Il governo di Temer ha trovato naturale aumentare le tasse, tagliare le spese pubbliche e controllare al ribasso l’adeguamento del salario minimo. Per raggiungere le sue mete il governo ha comprato letteralmente la coscienza dei deputati federali e dei senatori, distruggendo le leggi che proteggevano il lavoro e aumentando l’età pensionabile.
Di conseguenza è aumentato il numero dei disoccupati, che oggi si aggira attorno al 13%; secondo la IBGE (Instituto Brasileiro de Geografia e Estatìstica) raggiunge i 14 milioni ed è aumentato il numero dei lavoratori autonomi a basso reddito. Altra conseguenza è l’aumento di quanti dipendono dal programma «Bolsa Famìlia» (programma di welfare destinato a famiglie in condizione di povertà), che oggi raggiunge 14 milioni di famiglie. Questo significa che 55 milioni di brasiliani vivono in miseria e altri 60 milioni di classe media sono ridotti in povertà. Sul popolo malnutrito ritornano malattie come il sarampo (morbillo), la catapora (varicella) e la febbre gialla. A causa del grande uso di pesticidi sulle piantagioni di soia, è aumentata pure la percentuale dei malati di cancro. I ricercatori dicono che in media i brasiliani assorbono procapite cinque litri di veleno all’anno.
Quella che era la settima economia più ricca del pianeta, oggi è ridotta a una «repubblica delle banane», come si diceva un tempo. E resta oramai senza più la prospettiva di diventare a breve termine il grande leader dell’America del sud e il socio forte dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica).
Edilberto Sena
Movimento Tapajos
Santarem, Brasile