Capitini chi?
Se parlo un po’ più a lungo del buon giorno e buona sera, e non partecipo a considerazioni sul tempo che fa, inevitabilmente cito Aldo Capitini. Spesso arriva, tutto sommato gradita, la domanda Capitini chi? Allora comincio: quello della Marcia Perugia-Assisi del 1961, che ancora si ripete. Capitini lo conoscevo attraverso scritti e testimonianze fin dall’adolescenza. Con amici sono andato a trovarlo a vent’anni, dopo la marcia alla quale non avevo potuto partecipare, e così ho conosciuto più da vicino un uomo straordinario…
So che non è il migliore inizio dire di Capitini l’inventore della Marcia Perugia-Assisi, un po’ come dire Francesco l’inventore del presepe. Con i miei lettori posso proporre un altro approccio. Il più adeguato resta per me la lettura di Attraverso due terzi del secolo, scritto autobiografico prima dell’operazione chirurgica alla quale non è sopravvissuto. È un’occasione anche per apprezzare la scrittura di Capitini non potendo, dal 1968, incontrarlo personalmente. Si trova facilmente in rete. Ne riporto brevissimi brani.
È il racconto della vita semplice e straordinaria del figlio del custode del Comune di Perugia, nato sul finire del 1899 (ho gli anni del secolo, usava dire) che non può permettersi il Liceo, da autodidatta impara greco e latino, supera l’esame di maturità, si laurea, diviene segretario della Normale di Pisa e assistente di Momigliano. Mai stato fascista, l’applicazione severa agli studi gli guasta la salute, risparmia il servizio militare e la guerra con gli altri ragazzi del ’99. Alla Normale Capitini e il giovane amico Claudio Baglietto (morto poi a Basilea nel 1940, esule e obiettore di coscienza) sono uniti nel diffondere nuovi principi di vita religiosa, teistica, nonviolenta (avevamo conosciuto la non collaborazione di Gandhi), antifascista. Licenziato dalla Normale per il rifiuto della tessera del partito, vive poveramente di lezioni private, pubblica libri importanti (Elementi di un’esperienza religiosa, Vita religiosa, Atti della presenza aperta), si dedica a un’attività antifascista rivolta soprattutto ai giovani, «profeta» e «apostolo» religioso. Vorrebbe che l’Italia si liberasse dal fascismo mediante la non collaborazione nonviolenta. L’impegno antifascista – gli vale due arresti, lo costringe alla macchia – si caratterizza in una proposta di sintesi di libertà e di socialismo: il manifesto del liberalsocialismo, messo a punto con Calogero, elemento caratterizzante del costituendo Partito d’Azione, al quale però Capitini non aderisce. Pensa a un più profondo rinnovamento della politica, fondato su libere e informate assemblee popolari, animate da Centri di iniziativa di riforma (religiosa e politica), aggiunta necessaria (se non sostituto) del sistema dei partiti, che viene affermandosi dopo la guerra con due potenti istituzionalismi, Chiesa e comunismo con i loro partiti di riferimento. Di contro di centri ce n’è uno solo – praticamente lui, nonviolento, libero religioso, indipendente di sinistra – nonostante il grande impegno dispiegato nell’esperienza dei Centri di Orientamento Sociale e del Movimento di religione.
Torna, mi sembra, l’esigenza di una profonda trasformazione sociale, se non ci si vuole rassegnare alla scomparsa degli stessi istituti democratici, non esorcizzabile attraverso gli insulti, pur se meritati, ai rappresentanti che ci siamo scelti. E torna l’annotazione di Capitini, che comprendo meglio: un campo, ancor più strettamente connesso con la profezia e l’apostolato religioso, è quello della trasformazione della società, per cui, rifiutando ogni carica offertami nel campo politico, ho piegato la politica, e l’interesse in me fortissimo per essa, alla fondazione di un lavoro per la democrazia diretta, per il potere di tutti o omnicrazia (come lo chiamo).
Daniele Lugli
avvocato, risiede a Ferrara,
difensore civico della regione Emilia Romagna,
presidente nazionale del Movimento Nonviolento,
componente la redazione di Madrugada