Benvenuti nella cidade maravilhosa

di Heymat

Edgar ha trent’anni, viene dalla Spagna e lavora ad Al Jazeera. Si è trasferito a Rio de Janeiro due anni fa, ha imparato la lingua ed è molto soddisfatto della sua scelta: «La città è bellissima. Ci sono molte opportunità in questo momento. Tanti ragazzi stranieri stanno arrivando: ingegneri architetti, designer, medici, giornalisti». Edgar vive a Vidigal, una favela: «È un contesto interessante, la vista sull’oceano è mozzafiato e pago la metà dell’affitto di un appartamento nello stesso quartiere, Leblon». Nel dicembre 2011 Vidigal ha beneficiato della pacificaìção, il programma governativo nato con l’obiettivo di sradicare il traffico di droga dalle favelas. Finora sono state una trentina le favelas cittadine bonificate sulla carta, su un totale di oltre 600. Mentre l’iniziativa Morar Carioca – 670 milioni di euro per l’urbanizzazione (finora) di 65mila case – ne ha coinvolte 68. Tutto molto bello, almeno sulla carta. Al netto delle sparatorie che, dopo quattro anni di pace, sembrano essere tornate a infestare Pavão-Pavãozinho e Cantagalo, e senza contare i quattro agenti morti all’inizio dell’anno al Complexo do Alemão. Da più parti arrivano le lamentele di chi ha visto crescere solo cattedrali nel deserto: grandi progetti a cui non sono seguiti, per la popolazione, i servizi di base, a cominciare dalle fognature. In compenso i favelados del Complexo do Alemão possono usare una funivia da 260 milioni di euro per fare 3,5 chilometri in 15 minuti.

Rio ha fretta. Mondiali di calcio quest’anno, Olimpiadi nel 2016. Sembra che a Vidigal la pacificazione abbia fatto schizzare i prezzi immobiliari (anche 75mila dollari per una casa in cemento da quattro stanze), e c’è chi parla già di gentrificazione. Il Felix Sushi Bar ha aperto qui da poco. Mentre la pousada (pensione) Casa Alto Vidigal spera nell’afflusso di ospiti che porteranno i Mondiali. Come pure l’americano Elliot Rosenberg, che attraverso il sito favelaexperience.com offre appartamenti in affitto alla Rocinha, a Vidigal e a Chapéu Mangueira, la favela sopra Copacabana, vicino al Favela Inn Hostel. A Santa Marta, la prima a essere pacificata nel 2008, ha aperto invece la pousada Favelinha: l’attrazione principale, per eventuali turisti, è la statua di bronzo di Michael Jackson, che qui girò nel 1996 parte del video They Don’t Care About Us per la regia di Spike Lee. È curioso: all’epoca le autorità volevano fermarlo, preoccupate che le riprese della favela potesseroàdanneggiare l’immagine della città, allora candidata per le Olimpiadi del 2004.

La pacificazione ha portato a una massiccia presenza di polizia ed esercito. A Santa Teresa, il quartiere bohemien carioca, capita che per raggiungere l’unica struttura ricettiva di Rio inserita nel circuito di Relais & Chateux – l’Hotel Santa Teresa, trecento euro per una notte in un’ex fazenda con giardino tropicale da cui si vede la baia di Guanabara – ci si imbatta in una camionetta dell’esercito che presidia l’entrata della locale favela. Dopo l’atmosfera indolente e rilassata che emana da Largo do Guimarães, è quasi uno schiaffo. Ma Rio è soprattutto questo: benessere e povertà stretti insieme. Qualcosa sta forse cambiando, ma le disparità economiche e sociali sono ancora alte. Non a caso durante la Confederation Cup del 2013, quando gli occhi del mondo si sono posati sul Brasile, la gente è scesa in piazza a Rio, San Paolo, Porto Alegre, Recife. Se il governo ha soldi da spendere per stadi e Olimpiadi, perché non riesce a migliorare la qualità della vita dei cittadini? Le richiesta sono sempre le stesse: istruzione, sanità, trasporti.

Sulla strada che porta all’aeroporto Tom Jobim, il traffico è sostenuto, ma il tassista è fiducioso: «È molto migliorato rispetto a qualche anno fa, e sarà ancora più scorrevole quando avranno finito la TransCarioca». È una linea di Bus Rapid Transit, un «metrò di superficie» dall’aeroporto al quartiere di Barra da Tijuca, il cuore del futuro villaggio olimpico. Sarà pronta per i Mondiali, mentre la linea sorella TransOlì­mpica è in agenda per il 2016 e la prima a essere inaugurata, la TransOeste, funziona dal giugno 2012.

È una lunga stagione di battesimi, questa. Il 1° marzo 2013 è stato aperto nella zona del porto il Mar, il Museu de arte do Rio. In attesa dell’inaugurazione, prevista per il 1° marzo 2015, del Museu do Amanha firmato da Santiago Calatrava al molo Mauá, il Mar è il fiore all’occhiello del progetto di riqualificazione dell’area da 3 miliardi di euro, nome in codice Porto Maravilha.

L’impetuosa crescita economica degli ultimi anni ha spinto i consumi e i prezzi. Le infradito Havaianas si potevano acquistare fino a pochi anni fa a 4-5 euro. Oggi con 10 si porta a casa il modello base, venduto nelle edicole per strada. A Rio, per andare col trenino rosso attraverso la foresta della Tijuca fino al Cristo del Corcovado, si spende quanto entrare a Gardaland (23 euro). Il Pil, dopoàla crescita record del 2010 (+7,5%), ha rallentato (+1% nel 2012 e +2,3% nel 2013); per il 2014 si prevede un modesto +2%. E a marzo Standard and Poor’s ha declassato il rating del debito sovrano. La disoccupazione ha toccato il minimo storico lo scorso dicembre (4,3 per cento) e la povertà, in diminuzione ma sempre presente, attanaglia circa un quarto della popolazione. Alle presidenziali di ottobre Dilma Rousseff si gioca la rielezione: dopo le speranze, parzialmente fallite, del presidente operaio Lula, il Paese deve trovarsi pronto a una serie di anni cruciali.

Nel frattempo a Rio i ragazzi continuano a trovarsi la sera sotto gli archi dell’antico acquedotto di Lapa. Con un po’ di dedizione e un po’ di guaranà, qui si può sambare fino all’alba. Tra i colorati edifici coloniali, in Rua do Lavradio, i tre piani dello Scenarium sono considerati un punto di riferimento per la vita notturna. In strada, l’energia è contagiosa. È un assaggio di quello che si respira durante il carnevale. Benvenuti nella cidade maravilhosa, sempre e comunque.